Testo di Ilaria Mazzarella
Foto cortesia di Tako
Psicologia dell’All You Can Eat
Il primo All You Can Eat non è orientale. Nasce negli Stati Uniti negli anni Trenta, per combattere le conseguenze della Grande Depressione ed invogliare i consumatori impoveriti dalla crisi a preferire un pasto fuori casa a uno domestico. I ristoratori conoscevano la situazione economica della classe media americana e si ispirarono ai tipici buffet francesi per provare ad incassare qualcosa di più. Una mera trovata di marketing.
Formula che negli anni successivi ha attecchito così bene che è proliferata in diverse sfumature. Colazioni in albergo, buffet dell’aperitivo e offerte dei locali di cucina asiatica, ovvero una spesa standard che teoricamente permette di mangiare in maniera illimitata. Situazioni in cui abbiamo la libertà di scegliere cosa e quanto mangiare: ma siamo veramente liberi? La prima trappola è rappresentata dall’idea di dover riequilibrare e possibilmente superare il rapporto prezzo/quantità. Eppure, uno studio condotto dalla Cornell University di New York nel 2008 ha dimostrato come i consumatori tendano a consumare meno cibo quando pagano di meno. Questo perché, secondo i ricercatori, le persone prendono decisioni di consumo basandosi sul valore del cibo che consumano più che sull’appetito. Di contro, mi sono imbattuta in una curiosa analisi microeconomica (link) che spiega le ragioni economiche del perché generalmente in una cena il nostro consumo nei ristoranti con formula All You Can Eat è maggiore rispetto ai ristoranti à la carte, arrivando a mangiare oltre il nostro livello di sazietà.
Sta di fatto che accanto alla ristorazione tradizionale, alle osterie contemporanee e ai fine dining, parallelamente il successo della formula All You Can Eat riempie ogni giorno i locali di tante città. Una realtà che per numeri non può essere trascurata. Oltretutto si tratta sempre più spesso di esempi con arredi decisamente trendy, architettura e design studiati e menu sempre più ricercati. Tutte caratteristiche che stringono l’occhio alla sensibilità di una data fascia generazionale, amante di una convivialità che talvolta mette in secondo piano la tipologia di offerta del menu. Un po’ lo specchio della società, dove il tutto-tanto-e-subito vive accanto alla leggerezza e al perfetto set di un post di Instagram.
L’avvento di All You Can Eat di design e instagrammabili: la storia di Tako
Linda Lu e Marco Xie, sono una coppia di ristoratori ma prima di tutto sono marito e moglie, uniti da una grande passione per il sushi. Lei, in Italia da quando era poco più che una bambina, si è avvicinata al mondo della ristorazione nel 2016 dando avvio, insieme a suo marito, ad uno spazio in cui cucina classica cinese, fusion, giapponese e teppanyaki si fondevano nell’ex Wild ginger in zona Ostiense. Dopo solo 3 anni, nel 2019, la seconda apertura ma di solo sushi in chiave gourmet. È nato così Tako in zona Nomentana/Talenti. Un’insegna dove la vivacità dei colori anima i rolls fino a toccare le pareti, il tutto in uno stile “Kawaii” ovvero cute, dal cibo al design fino a quella che è una vera e propria mascotte – Tako – il polipetto onnipresente nelle sale e sulle felpe dei cinque sushi man. Qui il menu spazia tra i classici Uramaki, le Fritture con panko, Sashimi ma anche alcune specialità come i Nigiri con uovo di quaglia, Temaki all’alga verde, i Gunkan flambè.
Com’è Tako a Ostiense
La vera novità è però il Wild ginger di Via Ostiense che diventa Tako. Un design unico per uno spazio decisamente ampliato, con una capienza che ora arriva fino a 150 coperti. La formula è la stessa – All you can eata pranzo (€19.90, nel weekend €20.90) e a cena (€27.90) oltre al menu alla carta. Firma del nuovo progetto Tako è l’architetto Daniela Colli che ha visto in questo restyling una magica trasformazione: lollilop giganti, distese di rose sulle pareti, grandi ali di farfalla illuminate per coinvolgere i tanti clienti che si divertono a scattare selfie “instagrammabili”. Tutto sembra ricordare Alice nel paese delle meraviglie e forse non è un caso che, secondo il calendario cinese, questo sia l’anno del coniglio. Proprio come il Bianconiglio che nel racconto della favola conduce Alice in un mondo di fantasia fatto di dolciumi magici, specchi e labirinti di rose. I grandissimi specchi, infatti, percorrono le sale interne e riflettono i toni del rosa che avvolgono tutti gli ambienti, fino alle eleganti nicchie in cui cenare in intimità. A Ostiense quindi un nuovo tempio del buon sushi nella location più giocosa e instagrammabile di Roma.
Cosa si mangia da Tako
In fatto di gusto, invece, tra le specialità da non perdere troviamo Flower ebi (gambero crudo, fiori di zucca in tempura su letto di stracciatella al mango) e Ceviche samba (suzuki condito con salsa tropicale, olio e verdin). Imperdibile il Tako Tasting: una formula esperienziale attraverso cui degustare i piatti special dei sushi man, in abbinamento alle salse home made. Una sorta di percorso degustazione di piatti in versione mignon che seguono la stagionalità e che, per questo, variano a seconda della naturale disponibilità delle materie prime. Interessante, infine, il grande bancone che ospita, tutte le sere, un barman per far degustare ottimi cocktail in purezza o in abbinamento a piatti della cucina. Un’idea divertente e smart per chi desidera sorseggiare un drink o degustare anche del buon sushi al bancone.
Tako
Via Ostiense, 97
00137 Roma (RM)
Tel. +39 06 9337 4967
www.sushitako.it