Il kaiten di Taki diventa il nuovo laboratorio dello chef Massimo Viglietti che lascia spazio alle emozioni e ai ricordi del cliente
Testo di Tania Mauri
Foto cortesia di Taki
Massimo Viglietti ligure doc, un po’ pirata e un po’ gitano, tatuaggi (ben 26!) e orecchino d’oro, con i suoi 60 anni ha deciso di mollare gli ormeggi e partire per una nuova avventura. Per gli esperti di vela si sa che non importa quanto sei esperto, quanto hai navigato, quanto sia vicino il prossimo porto perché ogni volta che si prende il mare l’emozione è tanta: tutto resta indietro, ci si può perdere nei propri pensieri, tutto si alleggerisce e le priorità si capovolgono in un attimo. Questo è quello che è successo allo chef che dal ristorante di famiglia Palma di Alassio (già 2 Stelle Michelin) è arrivato a Roma 5 anni fa all’Enoteca Achilli al Parlamento (ve ne abbiamo parlato su Cook_inc. 18), dove conquista la stella Michelin, per approdare, da qualche giorno, al ristorante Taki, tempio gourmet dell’Estremo Oriente nel cuore di Prati.
“Avevo bisogno di innamorarmi di nuovo del mio lavoro, non avere limiti nè restrizioni. Dovevo tornare a cucinare come piace a me, fregandone della critica o di compiacere necessariamente il commensale. Io sono questo. I miei piatti vogliono raccontare chi sono, dare emozioni, evocare ricordi, creare immagini. L’essenzialità del piatto è trasmettere qualcosa attraverso gli ingredienti in equilibrio tra loro, dove la tecnica e la padronanza degli alimenti la fa da padrona. Per esempio gli spaghetti di carote con ricci di mare, spuma alla lavanda e brandade di baccalà cosa vi ricorda? Non è forse come un quadro di Monet dove spesso la Provenza, terra di mare ma anche di campi fioriti, è la protagonista. Ecco questo è il mio intento: far fare al mio commensale un viaggio di profumi e sapori e risvegliare sensazioni”, racconta Viglietti.
Dal 21 luglio lo chef “pirata dall’anima rock” occupa – con Taki Labò – lo spazio del Kaiten a Romacon la sua cucina creativa e all’avanguardia con contaminazioni giapponesi che si trasforma in laboratorio “spin off” del futuro progetto gastronomico in via di realizzazione, Taki Off. “Per me è una palestra dove lavorare alle mie idee. I clienti vivono un’esperienza immersiva con la mia musica di sottofondo. Nei piatti ci sono ingredienti giapponesi ma non solo perché ho pensato a delle proposte senza frontiere” spiega lo chef che prosegue. “Si mangia al bancone, solo 15 posti, e io stesso esco con ogni portata per interagire con la sala e stimolarla a vedere la cucina in maniera diversa. Per fare in modo che le papille gustative non vengano scioccate dal freddo o dal caldo, ogni pietanza è servita a temperatura controllata, quasi ambiente, per mantenere intatti sapori e consistenze e non creare inutili pastosità. Inoltre, essendo il vino un alimento, ho immaginato un insieme di accostamenti con bollicine, vino, sakè e tè che creano, per ogni piatto, la giusta unione”.
Foto di Alberto Blasetti
Nessun menu ma un elenco di ingredienti scritti su una tessera nera così da stimolare, sin da subito, mistero e fascino. Due le proposte: una in dieci portate con wine pairing a 130 euro mentre il percorso in sei portate, sempre con abbinamento di vini e bevande, a 90 euro. Con la premessa di cui sopra è quasi riduttivo elencare i diversi piatti provati ma è necessario per capire come la sua cucina sia un perfetto mix tra rigore e spregiudicatezza. Apre le danze con un sakè frizzante a bassa gradazione alcolica con succo di sambuco, limone e menta e amuse bouche che, sin dall’inizio, ti fanno rimbalzare come una pallina impazzita dal comfort all’esasperato: patè di quinto quarto in sfoglia croccante, tris di fritti (polpetta di carne wagyu, piccoli gamberetti bianchi di Fiumicino e del formaggio Montasio impanato) vera focaccia genovese – unta e umida, perfetta per la colazione – pane integrale senza sale con burro al pesto (poteva mancare?)e grissini al wasabi.Si passa a un’Insalata croccante di verdure, baccalà e foie gras in cui i sapori ben separati vengono armonizzati dal paté di fegato d’oca e condite aceto giapponese ponzu, salsa su base agrumata, con aceto di lampone e aggiunta di olio EVO ligure, che prepara al palato alla tartare di manzo con gambero e umori della sua testa, spremuti a freddo a tavola direttamente dallo chef, conditi con una tapenade di olive e yogurt, dolce e violento allo stesso tempo.
Immancabili i Ravioli (o Gyoza) piastrati e serviti con pepe verde Sakura e riso trasformato in salsa, come da tradizione giapponese, ripieni rispettivamente di gamberi, maiale e verdure, accompagnati da una tazza di brodo vegetale alla moka express (altro must dello chef ligure) fatto con katsuobushi, pomodorini, cipolle, scalogno, sedano, aglio ed erbette, Questo brodo caldo viene versato in una tazza contenente un tuorlo d’uovo crudo, rotto dal cliente e bevuto come un consommé che esalta i delicati sapori dei ripieni. Meraviglioso. Viglietti infittisce il mistero della cena con una Mistery box, tanto cara alla cultura del Sol Levante, con al suo interno un piatto giocato sui sapori grassi: un’Anguilla laccata leggermente arrostita con la sua pelle viene proposta con una salsa parmentier, lavorata come un purè, a base di patate, robiola e sesamo e con una sottile fetta di mela verde infusa in uno sciroppo di maggiorana in un contrasto grassezza/freschezza continuo.
Dal pesce più “banale” alla carne più pregiata: la Wagyu proveniente dalle Alpi giapponesi e dalla marezzatura non esasperata, dolcissima, rosolata sulla piastra e accostata a un’acciuga del Cantabrico, molto sapida, bagnacauda e purea di aglio nero di Voghera con insalata di verza condita con un olio acciughe, alghe e nocciole. Spezza il ritmo con 2 primi serviti freddi: Spaghetti di carote con ricci di mare, spuma alla lavanda e brandade di baccalà e spaghetti di Soba integrale con salicornia in tempura, sardine leggermente affumicata, salsa bernese, funghi ovuli e brodo di ovulo aromatizzato. In chiusura due dolci-non-dolci per terminare in bellezza. La Banana, cioccolato bianco, frolla salata e caviale, è l’apoteosi del dolce perfetto: un omaggio alle donne e ispirato allo stilista Jean Paul Gautier, dove la crema di banana dà l’idea delle gambe della donna e sopra si ritrova “il paradiso” con la preziosità del caviale, un piatto geniale e hard che sarebbe da mangiare leccando il piatto così da unire i vari elementi tra loro (Gaggan docet). Per gli amanti della cucina giapponese Yukari Vitti, cuoca e patron, insieme a Taki Onorio, del locale, continua a raccontare il Giappone e i suoi sapori autentici e originali da Taki.
Taki
Via Marianna Dionigi, 56/60
00193 Roma (Rm)
Aperto tutti i giorni 12:30/15:00 e 19:30/23:30
Taki Labo’ aperto da martedì a sabato 20:00/22:00