Testo di Letizia Gobio Casali
Foto cortesia di Soulgreen
Soulgreen ha cambiato “natura”. Se sette anni fa, al momento dell’apertura, il locale milanese dichiarava un’impostazione rigorosamente plant based, l’approccio vegetariano è stato abbandonato “perché la clientela evitava una scelta così esclusiva” riassume Federica Grasso, general manager del locale, dove lavora dal 2017. E dire che il locale si trova in una zona molto alla moda di Milano, i cui residenti quindi si giurerebbe abbiano abdicato alle proteine animali da tempo immemorabile. Poiché, dalle partole di Grasso, si evince che sia una concezione errata l’equivalenza tra essere di tendenza e rifiutare la carne, cancelliamo e premiamo il tasto “avanti veloce”. Sette anni dopo Soulgreen ha un nuovo menu, che include anche pesce e uova e che è stato presentato alla stampa con una cena a 7 portate. La svolta impressa dalla cucina guidata da Giovanni Battista Bianchi, che, dopo alcune esperienze blasonate è entrato nella cucina di Soulgreen come aiuto cuoco, è definita “mediterranea- fusion”. Il che significa che, ricette come la Pasta cacio e pepe con formaggio-non formaggio a base vegetale si accostano al Risotto allo zafferano, con guarnizione al nero di seppia e tartare di gamberi, alla Tagliata di tonno Fuentes con salicornia ripassata con zest di limone e bagna caoda di latte di soia e alici del Cantabrico, al Polpo alla gallega o ai Gamberi con latte di cocco in agrodolce, dove la nota acidula risulta poco incisiva, al contrario della portata più sorprendente della serata: il mega tagliere di “formaggi” a base di ceci e frutta secca che stupisce per la sua varietà e “somiglianza” al vero.
L’attenzione della cucina di Soulgreen va alla qualità degli ingredienti e all’ecletticità delle proposte che risentono di varie influenze internazionali a beneficio – così riporta l’ufficio stampa – di un pubblico interessato a mangiare bene senza appesantirsi, composto in prevalenza da giovani professionisti, in settimana, e da famiglie con bambini nel weekend, quando viene preparato il brunch e i tavoli grandi, da condivisione, ospitano gruppi di genitori con figli. Il problema è che i punti di forza del locale rappresentano anche la sua debolezza: la carta che spazia tra Oriente e Occidente, e che rivisita in chiave vegetariana classici della cucina italiana, può catturare una clientela composita e occasionale, quanto disorientare quella che dovrebbe diventare ricorrente, che può faticare a trovare un motivo distintivo, un carattere specifico dei piatti per cui tornare.
Va anche detto, per rendere giustizia al locale, che i primi non superano i 22 euro e i secondi 24: una rarità nel panorama meneghino, specie se consideriamo la location suggestiva, l’acqua gratuita e, appunto, il livello delle materie prime. Ma basta il rapporto qualità-prezzo per apprezzare una linea di cucina troppo difficile da decifrare per reggere la concorrenza di proposte magari meno cool, ma più coraggiose? È motivo di attrazione la proposta di una versione vegetariana di piatti che contengono formaggio quando poi il menu propone il pesce? Un vegetariano non sarà soddisfatto, come pure, forse, chi non lo è. L’ipotesi di chi scrive è che Soulgreen si voglia porre come un no brainer, ovvero come una cosa ovvia, su cui non c’è da pensare. Un indirizzo cioè, in cui ti siedi, ordini senza pensieri, perché i piatti non sono né complicati né impegnativi, esci leggero e puoi ordinare tanto vini quanto cocktail e mocktails.
È tanto avere un locale a Milano in cui chi prenota non si deve porre il problema di mettere d’accordo commensali che hanno gusti e indicazioni alimentari diverse, perché probabilmente troveranno tutti qualcosa di adatto al loro gusto? O è troppo poco per un ristorante il fatto di presentare proposte eterogenee, con piatti non sempre memorabili, affinché si imprima nella mente delle persone come un luogo da tenere in agenda? Difficile deciderlo. Quello che è certo è che alcuni piatti vanno ripensati, ma anche che, più in generale, occorre affinare la formula perché funzioni. Diamo perciò tempo al nuovo menu di Soulgreen e fiducia allo chef perché si concentri su una linea più personale. La ristorazione è un affare troppo serio per affidarlo unicamente al parere degli occasionali, per quanto privilegiati, visitatori.
Soulgreen
Piazzale Principessa Clotilde
20124 Milano (MI)
Soulgreen.com