Testo di Alexandra Prado Coelho
Foto di Gonçalo Villaverde
“E adesso?” Caratteri bianchi su fondo nero, la domanda campeggia sulle t-shirt di tutto lo staff di Sangue na Guelra il 6 maggio, giornata in cui il festival prende il via, con un seminario, nella sua nuova sede, l’Hub Criativo do Beato a Lisbona. E adesso, in che direzione si muove la cucina portoghese? Non ce ne siamo andati con una risposta chiara – impossibile, d’altronde – ma quando, alla fine della giornata, gli chef sono saliti sul palco in quel clima di festa non privo di una certa solennità, per leggere il Manifesto per il futuro della cucina portoghese, la sensazione che tutti ne abbiamo avuto è che qualcosa, qui, si sta muovendo.
Sono cinque anni che l’ex-giornalista Ana Músico, organizza insieme a Paulo Barata, il marito fotografo, Sangue na Guelra, un festival irriverente e alternativo, che dà spazio, per primi, ai sous-chef dei grandi chef. Ed è tanto che prestano orecchio ai dubbi esistenziali di quanti lavorano nelle cucine portoghesi. Ora che in Portogallo accorrono frotte di turisti, ora che le riviste internazionali non fanno che decantare Lisbona, Porto, il Douro, l’Alentejo, possiamo dare risposta alla domanda: qual è in fin dei conti l’identità della cucina portoghese? Da dove veniamo? E verso dove andiamo?
Alle preoccupazioni degli chef, Ana e Paulo hanno risposto con una sfida: l’idea di dedicare questa quinta edizione di Sangue na Guelra alla cucina portoghese e di riunire i cuochi attorno ad alcune idee chiave, creando un manifesto sulla falsariga di quello per la nuova cucina nordica. Sono stati mesi di scambi. Come si fa un manifesto? Cosa vogliamo dire? Alla fine, undici punti, con le idee fondamentali: “Siamo orgogliosi del nostro Paese, delle nostre tradizioni gastronomiche e riconosciamo la ricchezza dell’identità della cucina portoghese” ma “promuoviamo la libertà di creare ed esplorare nuove strade, nuovi piatti, nuovi sapori” e “sosteniamo che l’atto di cucinare non si esaurisce nella ricerca di buoni sapori; la cucina è cerebrale, creativa, d’azione, sovversiva”.
Il difficile equilibrio fra tradizione e innovazione non è mai venuto meno. Anzi, non è stata casuale la presenza, al seminario, della più autorevole gastronoma portoghese, autrice di quello che continua a essere considerato un testo di riferimento, la Cozinha Tradicional Portuguesa, Maria de Lourdes Modesto, venuta a ricordare l’importanza del rispetto delle tradizioni. Un rispetto che è proprio di tutti gli chef, ma che non per questo deve rappresentare un ostacolo sulla strada intrapresa. José Avillez (Belcanto, due stelle Michelin) ha ben sintetizzato il concetto: “Ognuno è libero di fare ciò che vuole”. Libertà di creare, ma partendo da una solida conoscenza delle radici. Studiare, leggere, sapere, ricercare, confrontare saperi: lo riconoscono tutti, è indispensabile.
Ma più che il manifesto, è stata un’altra la rivoluzione di Sangue na Guelra: avvicinare i cuochi, metterli a lavorare insieme, obbligarli a trovare tempo per riunirsi. E l’hanno fatto attorno a quattro temi che hanno identificato come fondamentali per la cucina portoghese: sangue, frittura, pane, sale.
Sul palco di Sangue na Guelra, in una cornice straordinaria, dove in passato venivano prodotti il pane e la pasta per l’esercito portoghese, hanno presentato i risultati di questo lavoro. Si può creare una crema spalmabile, tipo Nutella, con il sangue degli animali che solitamente viene buttato via? Il gruppo sangue, con a capo Henrique Sá Pessoa (Alma, una stella) affiancato da Milton Anes (Lab by Sergi Arola, una stella), Pedro Pena Bastos (Esporão) e Tiago Bonito (Casa da Calçada, una stella) ha presentato il suo Tulisangue in due versioni, una con cacao e nocciole, e l’altra con formaggio. Chissà se ne verrà fuori un prodotto di mercato.
Il gruppo frittura ha creato un olio per friggere e uno strumento in metallo usato solitamente per le frittelle dolci. La ricerca ha spaziato tra sapori, tecniche e tradizioni, e ha messo insieme le conoscenze di tutti i componenti: Alexandre Silva (Loco, una stella), Hugo Brito (Boi Cavalo), Tiago Feio (Leopold) e Rodrigo Castelo (Taberna Ò Balcão).
José Avillez ha condotto il gruppo pane insieme a David Jesus (Belcanto) e al pasticcere Carlos Fernandes (Loco), hanno riflettuto su questo alimento, che è l’inizio di tutto. Si è parlato di condivisione e alla fine hanno voluto condividere la pasta madre, raccomandando ai presenti di prendersene buona cura.
Infine il sale, con João Rodrigues (Feitoria, una stella), Hugo Nascimento (Tasca da Esquina), Luís Barradas (Tago’s), Manuel Maldonado (Ostraria) e Leandro Carreira (Londrino, Londra) che hanno visitato le saline portoghesi, hanno visto il sale marino e il sale minerale, studiandone le rispettive proprietà, si sono documentati sulle piante alofite e alla fine, sul palco, hanno preparato un garum – la famosa salsa di interiora di pesce molto apprezzata dagli antichi romani – conservandolo in un’anfora di terracotta che verrà aperta solo tra un anno, in occasione della prossima edizione di Sangue na Guelra.
Insomma, forse non c’è un’unica risposta alla domanda: e adesso? Ma una certezza è rimasta: la cucina portoghese ha un futuro. Un futuro che passa dal desiderio degli chef di continuare a scambiare idee e a lavorare insieme. Ed è in fondo questa la responsabilità che hanno assunto con il loro manifesto. Che, all’ultimo punto, si apre anche a “consumatori, produttori, fornitori, imprenditori del settore, giornalisti, ricercatori, critici, artisti, pensatori”. Tutti possono diventare “agenti del cambiamento e di promozione della cucina portoghese”.
(Traduzione in italiano di Flora Misitano)