Testo di Fabio Pracchia
Foto di Fabrice Gallina
Da più di un secolo la famiglia Keber custodisce la tradizione agricola di Zegla, collina situata nel cuore territoriale del Collio. Era infatti il 1900 quando Franc si stabilì con la propria famiglia in questo luogo ancora sotto la dominazione austriaca. La famiglia Keber riforniva l’impero di prodotti agricoli: frutta – soprattutto uva – fieno e animali. Oggi sembra paradossale che una regione posta all’estremità settentrionale della nostra penisola fosse considerata il giardino meridionale dell’Impero Austroungarico.
E di paradossi questo territorio ne ha vissuti un’infinità. Nel corso della storia i Keber hanno visto i confini del Collio italiano e sloveno (Brda) mutare seguendo il corso della travagliata storia politica italiana e balcanica. Una delle frasi ricorrenti da queste parti è che alcune persone sono state cittadine austriache, italiane, jugoslave e slovene senza mai uscire di casa. Ciò che non è mai cambiato è l’estrema vocazione alla viticoltura di qualità.
Le generazioni di viticoltori si sono passate il testimone di una competenza che da queste parti si respira fin da bambini. Oggi Renato Keber è il punto di riferimento di una storia produttiva profonda per consapevolezza e responsabilità storica. Tratti esperienziali che divengono espressioni e prossemica di un vignaiolo.
Renato saluta schivo, ci accoglie con garbo e distanza. Non ci conosciamo. La sala di degustazione ha una vista meravigliosa sulla collina di Zegla. “La viticoltura in Collio ha origine antiche – ci dice – Zegla è sempre stato un punto di riferimento per i vignaioli. Il suolo è costituito dalla ponca, una matrice a PH basico di calcare e argilla ideale per le nostre varietà; l’esposizione a sud-est permette una maturazione perfetta delle uve”.
In apparenza, il vignaiolo ha un carattere riservato. Il dialogo va a singhiozzo. I vini invece parlano e molto. Assaggiamo in serie il Collio Friulano Zio Romì Riserva nelle annate 2018 e 2017. Da uva friulano in purezza, ciò che un tempo si poteva chiamare tocai, sono vini cristallini per precisione del frutto estratto (frutta a polpa bianca) e note speziate di pepe bianco per un palato incisivo e in armonia tra estrazione (grazie alla lunga permanenza sui lieviti) e succosità. Il 2017 esibisce una complessità maggiore.
“Merito del tempo – interviene Renato – a me piacciono i vini in evoluzione. Gli aromi secondari e terziari sono complessi e avvolgenti. Il nostro territorio permette di produrre vini dall’incredibile potenziale evolutivo”. Il Pinot Bianco 2016 esalta la filosofia produttiva dell’azienda. La sua evoluzione, infatti, regala un sorso profondo, ampio e dinamico con aromi complessi di fiori gialli, frutta speziata e cenni balsamici.
Nella sala degustazione vediamo una bottiglia con una strana etichetta che recita Zoran, il mio nipote scemo. È un film del 2016 diretto da Matteo Oleotto girato proprio da queste parti. Si tratta di un piccolo capolavoro italiano di leggerezza e ironia con protagonista il bravo attore friulano Giuseppe Battiston. Nella pellicola, la cultura del vino popolare è un elemento portante come è realmente nella civiltà friulana. Alla presentazione alla Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, il regista e il cast si presentarono con un furgone carico di damigiane di vino.
“Il vino l’ho messo a disposizione io” dice Renato, con il primo sorriso che vediamo sul suo volto. Sparisce per un attimo e torna con un cartello di legno “Zico o Austria”. Tale scritta comparve negli anni Ottanta quando il passaggio del fuoriclasse brasiliano alla squadra dell’Udinese tenne tutta Italia con il fiato sospeso. I tifosi minacciarono addirittura la secessione se il campione non fosse infine giunto a Udine. Renato posa il cartello e comincia a raccontare.
“Questo non è l’originale, ma è la copia che abbiamo usato per il film. Compariva nel bar frequentato dal protagonista – ci racconta divertito – pensate che anche io dovevo fare da controfigura nel bar, anzi ho proprio girato una scena, alla fine però la postproduzione l’ha tagliata. Peccato, potevo avere un po’ di celebrità!”.
Adesso il dialogo tra noi e Renato è divertente, bello e scorrevole. Ci racconta come il suo approccio alla viticoltura sia diventato negli anni più sensibile, come il biologico lo abbia aiutato a mantenere in equilibrio la pianta anche con gli eccessi climatici degli ultimi anni e quanto sia fondamentale mantenere l’erba tra i filari. Intanto la degustazione prosegue.
Assaggiamo il Collio Malchevada Riserva 2018, da malvasia e sauvignon. Affinato in acciaio con macerazione sulle bucce, ha tratti aromatici di salvia e pesca gialla per una materia ampia, viscosa dal finale molto pulito e succoso. Renato ci apre due bottiglie di Collio Friulano Zegla Riserva: la 2012 e la 2008. Si tratta di bianchi il cui periodo in bottiglia ha passato il decennio. Sono trascinanti.
La più giovane conserva un frutto nitido, centrato, con ampiezza balsamica. La materia ha acquisito spessore e la deglutizione porta la spezia del pepe bianco a dare complessità. La 2008 esprime naturalezza espressiva attraverso un sorso di spessore dove gli aromi terziari di sottobosco e terra lasciano spazio a note balsamiche di menta e rosmarino con una materia che pare acqua di fonte per purezza e disposizione al sorso.
Gli ultimi assaggi ci portano verso una dimensione conviviale. I vini di Renato sono esportati ovunque. Uno dei ristoranti più importanti al mondo il Central di Lima in Perù ha le sue bottiglie. Dopo qualche ora dobbiamo salutarci; la distanza iniziale percepita con questo vignaiolo era solo una prima impressione, spazzata via dalle parole e dal vino. Succede spesso in Friuli, considerato estremo settentrione ma il cui carattere delle persone si è formato a sud dell’Europa. Il più piacevole dei paradossi.
Azienda Agricola Keber Renato
Località Zegla, 15
34071 Cormons (GO)
Tel: +39 348 870 2585
www.renatokeber.c