Testo di Barbara Marzano
Foto cortesia de Il gusto di Xinge
Decine di book di moda – custodi di silhouette, prove e scarabocchi – collezionati tra i banchi accademici dell’Italian Fashion School di Firenze, prima di aprire il Gusto di Xinge sempre a Firenze. Molto di più di una bozza, un progetto che guarda al futuro in tempo reale.
Ma chi è Xinge (Xin Ge Liu)? Una giovanissima donna di origine cinese che dopo aver studiato moda ha aperto, insieme al compagno Lapo, un ristorante in quell’angolo di Firenze difficilmente frequentato dallo sciame turistico, ma piuttosto da chi ama perdersi nelle stanze della memoria. Il Gusto di Xinge è una valanga di ricordi vissuti in prima persona dalla chef, ricalcati su carta e disegnati sotto un flusso di sensazioni, prima di ricomporsi in un piatto che è pura bellezza. Xinge non cerca l’emozione nel piatto, ma al contrario è una sensazione a farle strada in cucina, con un processo creativo assolutamente suo. Tutto inizia da un ricordo di Xinge, una parte di lei che appartiene al passato più lontano, o un momento di quotidianità, poco distante da questi giorni. Da qui nasce il disegno, una trasposizione ideale di una sensazione che diverrà la base del piatto.
Attraverso un viaggio di introspezione in sé stessa, ma anche dentro le sensazioni più comuni che toccano la maggior parte di noi, Xinge pesca tra le sue esperienze di vita per dargli una food dimension. Il piatto Emotion racconta questo passaggio introspettivo, dando forma a tutti quei momenti in cui vorremmo alienarci dal resto del mondo, chiuderci in noi stessi per vivere un silenzio tutto nostro, intimo, soffice. Questa softness, come dice Xinge, è data da una purea di edamame e bambù racchiusa all’interno di uno gnocco di taro, il tutto avvolto in una rete, ovvero un particolare tipo di fungo. Si può toccare la parte più profonda di Emotion solo districando quella rete, rompendola, come se scavassimo in noi stessi. That’s emotion.
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Blooming nasce invece da un’antica poesia cinese che recita: “I bei paesaggi e tutte le cose belle sono solo sogni dopo tutto. Al risveglio rimangono tristi ricordi”. Già, ma non per Xinge: “Tante volte mi è capitato di sognare e di svegliarmi con le lacrime agli occhi. Così ho pensato di far luce su questa sensazione, ma distaccandola dalla malinconia”. Ed è così che Blooming, un “semplice” dim sum, incastonato tra le sensazioni diverse delle sue consistenze, esplicita tutta la bellezza che può esserci al risveglio.
Sensazione dopo sensazione, si scivola sempre più nell’intenzione di Xinge, dentro la sua storia, stilizzata in ricordi che sfilano in tavola. Un ricordo a cui tiene particolarmente è Glu Glu Bao, il panino soffice che protegge al suo interno una memoria di Pechino. Era il periodo in cui Xinge iniziava a studiare l’italiano, in vista dell’arrivo a Firenze, dove avrebbe studiato moda. Passeggiava spesso a Pechino, vagando senza meta in una città straniera, ma verso le cinque del pomeriggio, tornava sempre da lei un vapore buono, proveniente da chissà quale cucina.
Xinge: “Passeggiavo con una sensazione “like bittersweet”, che avrei potuto confortare solo con un abbraccio. Ma ero sola in una città sconosciuta e l’unica cosa che riusciva ad avvolgermi era quell’odore di affumicato, un tepore che inevitabilmente tornava sempre alla stessa ora”.
Un appuntamento a cui ci riporta il Glu Glu Bao, che timido si affaccia sulla tavola avvolto dalla stessa nebbia bianca di Pechino, nella sua veste di panino di curcuma al vapore, ripieno di pancetta brasata, cavolo nero e foglie di senape, guarnito con foglie di Shiso viola e affumicato con legno di ciliegio. Visioni e odori che fanno ritorno dalle passeggiate di Xinge. A Pechino, a Milano, a Londra, non importa quale sia il panorama attorno, il conforto che si va cercando quando la malinconia, a volte, cresce, parla un linguaggio universale. È questo che ha fatto scattare in Xinge l’idea di raccontarlo, “ho pensato che fosse qualcosa di comune, che non fosse capitato solo a me… I can use this idea to make you remember”. E così il bao divenne la risposta dolce e confortante, per le malinconie più confuse.
Il background di queste creazioni ha un senso che scavalca la dimostrazione gastronomica, è un viaggio nella memoria di Xinge, ma anche nella nostra. Percorrere il menu è come inciampare di continuo nel suo tempo a Pechino, quando “la sera uscivo con i miei amici e vedevo sempre una signora anziana, accanto alla sua bombola a gas, seduta sul ciglio della strada. Saltava la pasta di riso in una padella enorme, con gamberi e capesante. Mi sono chiesta, perché non chiudere questa memoria in un dim sum?”. Ed eccolo ritratto in Sheng jioan bao 3 tesori, un dim sum ispirato a un piatto della tradizione cinese, con all’interno spaghetti di soia insaporiti con aglio cotto, insieme a gamberi, capesante e uova di pesce, i tre tesori del mare. Ma ci sono ricordi ancora più distanti, come quello custodito nel bao con pollo al curry.
Xinge: “Da piccola, quando andavo alle elementari, vivevo in una struttura scolastica. I miei genitori erano già separati, uno viveva a Shangai, l’altro a Pechino, non avevano il tempo di starmi dietro. Ricordo, però, che mamma veniva a trovarmi almeno due volte la settimana, e mi portava del riso al curry con le verdure. Ero felicissima”.
Un’emozione passata e riprodotta attraverso il gusto, esattamente come per il Pollo Shibari, narratore di un’altra esperienza di Xinge: “Prima dell’apertura del ristorante, stavo gestendo l’altro locale take away sempre qui a Firenze e dovevamo pensare un delivery per festeggiare Capodanno. Era un periodo difficile, confuso, pieno di pensieri, mi sentivo costretta, in un certo senso legata”. Legata da un filo stretto, dalla situazione che stava andando a crearsi, dalla paura di iniziare un nuovo progetto ma allo stesso tempo dall’amore per lo stesso. Xinge voleva proprio trasmettere questo mood in cui almeno una volta ci siamo ritrovati tutti, tradotto poi con un pollo delivery, legato da un filo rosso e inviato a casa sottovuoto, per dare un’ulteriore sensazione di “too much press”. Slegarsi da questa condizione, a cui a volte siamo sottoposti, significa risorgere, in un certo senso iniziare una nuova vita da zero, motivo per cui all’interno del pollo, ben nascosto tra le cosce carnose, s’incastra un uovo sodo che più di tutto interpreta questo concetto.
Shumai Goldfish. Un altro frammento degli anni passati, di quando Xinge apprese un’antica ricetta dal suo maestro cinese Lou, leggendario dim sum chef di Hong Kong: “Aveva lasciato la vita della grande città e aperto il suo ristorante ad Hamburgo, per dedicarsi poi all’insegnamento. Nessuno nella sua famiglia avrebbe salvato questa ricetta, così l’ho raggiunto per farla mia e portala ne Il Gusto di Xinge”.Ma come? Ancora una volta, con una metafora di sensazioni, in un passaggio che racconta di quando vorremmo estraniarci dal caos cittadino, liberarci da tutto e sprofondare in un silenzio catartico, come fossimo pesci sott’acqua.
Ogni ricordo, esattamente come un modello vintage da cui partire per il prossimo disegno, nelle mani di Xinge riprende vita, diventa contemporaneo per travestirsi di nuovo nella sala di Xinge, in una dimensione onirica che non ospita ma ingloba, “because it moves to something”.
Il Gusto di Xinge
Viale Belfiore, 2
50144 Firenze (FI)
Tel: +39 320 968 1806
www.ilgustodixinge.com