Testo di Federico Bordignon
Fresco fresco di stampa, Sapori del vino. Percorsi di degustazione per palati indipendenti: un titolo che racchiude già di per sé l’obbiettivo dell’autore, Fabio Pracchia, nostro collaboratore di Cook_inc. e uno dei principali artefici della guida Slow Wine: distanziarsi dalla perfezione e dal tecnicismo delle degustazioni formali per proporre un nuovo metodo per poter degustare e bere il vino, cogliendone appieno la sua intima essenza.
L’opera è agile e si legge tutta d’un fiato, o meglio, tutta d’un sorso, ma richiede allo stesso tempo concentrazione, essendo scritta secondo un linguaggio preciso e colto: potrà sembrare un paradosso quindi, ma le pagine scorrono fast and slow, e l’immersione nel magico universo del vino è totale. Quindi consigliamo di mettersi comodi, senza fretta e senza smartphone appresso, e di immergersi nella lettura in buona compagnia, stappando la bottiglia di vino preferita.
Il libro si inserisce perfettamente a metà strada tra un manuale tecnico di degustazione e un saggio di filosofia del vino. Pracchia inizia criticando la viticoltura moderna che a suo avviso si caratterizza secondo due modelli: una viticoltura industriale, che ha preso piede dagli anni ’70 del secolo scorso, e una post – industriale, figlia dell’alba del nuovo millennio. La prima a suo avviso è caratterizzata da omologazione enologica e appiattimento del gusto, con interventi universalmente ripetibili che permettono la creazione di vini sempre uguali, a prescindere dai luoghi e dalle stagioni. La seconda, invece, sta dalla parte del territorio, cercando di esaltarne le differenze espressive: il vero artefice di questi vini è il vignaiolo, che può andare a modificare le sue creature in base alla sua sensibilità. Omologazione contro diversità! Una viticoltura che sta diventando sempre più una viti-cultura. Secondo l’autore il classico metodo di degustazione del vino è troppo ancora legato alla viticultura industriale, e il successo crescente dei vini naturali e biodinamici e l’emergere di nuove proposte di degustazione è il chiaro segnale che qualcosa sta cambiando. Fabio non lascia spazio a dubbi e chiarisce subito da che parte sta: “L’incontro con la viticoltura reale e il vino di territorio ha evidenziato il limite della tecnica di degustazione fondata sulla scomposizione dell’analisi sensoriale al fine della valutazione; tale metodo non è più sufficiente alla piena coscienza dell’assaggio”. Pracchia vuole proporre degli strumenti nuovi per l’incontro con i vini “che possano restituire alla gioia del gusto tutta la complessità racchiusa in un bicchiere di vino”.
Parole d’ordine: apprezzare la diversità andando in vigna. Secondo l’autore un nuovo metodo di degustazione del vino può nascere soltanto recandosi alla fonte di tutto, ovvero la vigna. Parlare con il vignaiolo ed esplorare il territorio circostante per apprezzare totalmente ciò che si ha nel bicchiere: “Il vino che scaturisce da ogni singolo paesaggio si pone in forte discontinuità con quello confezionato dall’estetica enologica omologante. Il contrasto è evidente nell’espressione gustativa. La natura, con la sua mutevolezza, forma uve sempre diverse che la mano sapiente del vignaiolo trasformerà in vino”.
Simultaneità. L’autore sta dalla parte del palato, parte vera della degustazione: secondo l’autore, bisognerebbe abbandonare la degustazione consecutiva che procede dall’esame visivo a quello olfattivo, per finire con quello gusto-olfattivo. Guardando e annusando un vino ce ne facciamo un’idea pregiudizievole, che andrà a influire sul nostro giudizio complessivo. Un frutto maturo e colorato può anche essere velenoso, no? Secondo Pracchia “il vino non può essere scomposto”. La materia liquida, per certi versi misteriosa e con il potere di cambiare l’animo degli uomini, è formata da vari elementi che non posso essere divisi: “Tale complessità relazionale può essere apprezzata attraverso il gesto più semplice del mondo, quello di portare il vino alla bocca e bere”.
A bottiglia vuota, andiamo verso l’epilogo. Doppio finale. In primo luogo, Fabio discute vis à vis con Charles Spence, Professore di Psicologia Sperimentale presso l’Università di Oxford, i cui studi si sono incrociati con numerosi cuochi. Da questo dialogo emerge come il concetto di multisensorialità possa essere applicato anche al mondo delle degustazioni di vino: alcuni elementi esterni alla pura esperienza gastronomica, i colori, i suoni, il materiale stesso nel quale mangiamo e beviamo (e perché no, anche la compagnia stessa) risultano fondamentali al raggiungimento del piacere, tanto quanto l’eccellenza di ciò che mettiamo in bocca. Infine, una proposta di viaggio: nell’ultimo capitolo dell’opera Fabio consiglia numerose aziende dall’Australia alla Germania, dalla Francia all’Italia, e i loro vini definiti “irregolari, nella cui maglia gustativa vi è un piccolo anello che non tiene. Da questo spiraglio si origina il fascino della complessità gustativa e della stimolazione sensoriale”.
Non ci resta che augurarvi buona lettura e soprattutto… buona degustazione.
“I sapori del vino. Percorsi di degustazioni per palati indipendenti” di Fabio Pracchia. Slow Food Editore. pp. 160. € 15.