Testo di Sara Porro
Foto cortesia di Ufficio Stampa
“Una sera dell’estate scorsa ero sdraiato con David Beckham su quella panca lì” dice Massimo Bottura, indicando fuori dalla finestra della playroom di Casa Maria Luigia. “Il grano nel campo era maturo, un falco roteava in cielo. E Beckham mi dice: Questo per me è il paradiso! E io: Il paradiso?! Questa è la campagna di Modena!”
La presentazione di “Slow Food, Fast Cars: Casa Maria Luigia – Storie e Ricette”, pubblicato da L’Ippocampo Edizioni, è stata l’occasione per Bottura e la moglie Lara Gilmore – che con lui firma il libro – di esprimersi sul rapporto con il territorio e con l’elusivo concetto di “casa” di due viaggiatori indefessi. Realizzato con il contributo della chef di Casa Maria Luigia, Jessica Rosval, il libro presenta una raccolta di 85 ricette preparate quotidianamente nella guesthouse: frittate, focacce, torte, marmellate, conserve; cioè la colazione servita agli ospiti la mattina – ricca “come fosse ogni giorno Natale”, spiega Bottura – e una selezione di piatti a base di pesce, carne e verdure. Il libro non è però solo un ricettario: le ricette servono piuttosto a rafforzare l’esperienza sensoriale di un luogo che è bellissimo da vedere ritratto – le foto sono molto belle – e che gusto e olfatto rendono più tridimensionale.
La storia di Casa Maria Luigia ha di per sé qualcosa di romanzesco: con lo straordinario successo ottenuto dall’Osteria Francescana negli ultimi vent’anni, Bottura ha messo sulla mappa la sonnacchiosa cittadina emiliana, che stava però stretta agli ospiti provenienti da lontano. “Le persone non rimanevano a Modena, venivano a pranzo oppure a cena e poi scappavano; senza vedere le acetaie, le cantine, i caseifici, i musei… Fu Sergio Marchionne a dirmi: devi pensare a fare qualcosa al livello della Francescana nel settore dell’ospitalità”.
Così inizia la ricerca: quando Bottura e Gilmore si imbattono in questa splendida magione di campagna, la proprietà è all’asta in tribunale: fanno un’offerta, ma passa un anno prima che ottengano una risposta positiva e ancora anni prima che la ristrutturazione sia completa: intervenire sulla struttura, che è enorme e comprende diversi edifici, è un investimento enorme, che affrontano per gradi. “È stata la casa a scegliere noi” dice Gilmore: invece della casa infestata delle storie di fantasmi, pare descriva una casa incantata.
Oggi Casa Maria Luigia continua a essere uno spazio in divenire, spiegano i due; un’affermazione sorprendente perché ogni dettaglio – a partire dalla scultura che ritrae un enorme cono gelato un po’ sciolto appesa al balcone del piano nobile dell’edificio principale – appare collocato con precisione assoluta.
Casa Maria Luigia ha offerto a Bottura e Gilmore l’opportunità di mettere più persone a tavola, con una proposta basata sugli ingredienti che fa scoprire agli ospiti un lato nuovo di Modena: la regione dello slow food – i 25 anni che servono per la maturazione di un aceto balsamico o i 50 mesi che una forma di Parmigiano Reggiano può attendere – e delle fast cars – Ferrari, Maserati, Lamborghini – che con la tradizione alimentare emiliana hanno molto a che fare. Fu infatti la vocazione agricola della regione a concentrare qui le risorse per creare macchine agricole sempre più potenti e performanti ed è da questa branca dell’evoluzione motoristica che nascono le auto sportive.
Per Bottura e Gilmore, il racconto doveva diventare quello di un territorio intero, creando un luogo che ricordasse una grande casa di famiglia, dove aprirsi ai clienti potesse essere l’equivalente ideale di mettere la prolunga del tavolo della sala da pranzo. L’aspetto familiare ritorna: spiega Bottura che ogni anno l’intera “Francescana family” – cioè tutti i collaboratori dell’azienda – festeggia qui l’ultimo dell’anno insieme agli ospiti. Il frigo della cucina di Casa Maria Luigia è sempre pieno: non mancano mai una bottiglia di Lambrusco (fast, ovviamente) e di Parmigiano Reggiano (slow).
Anche la cucina del Gatto Verde di Jessica Rosval, uno dei ristoranti della proprietà, è lenta e veloce, perché usa il forno a legna e sfrutta diverse temperature, seguendo l’evoluzione del fuoco e del forno durante la mattinata: quando infine il fuoco si spegne, sotto le ceneri finisce un cotechino che è stato prima cotto sottovuoto a bassa temperatura, che diventa quindi croccante all’esterno e morbido all’interno: a colazione viene servito a fette sopra a un pezzo di torta Sbrisolona, accompagnato da zabaione e Aceto Balsamico tradizionale (e certo, questa è una delle ricette che si trovano sul libro).
“Prima della pandemia viaggiavo per molti mesi l’anno: dormivo in hotel megagalattici, certo bellissimi, ma erano identici ovunque nel mondo” conclude Bottura. “Ciò che volevamo era creare un nuovo format di cosa vuol dire ospitalità, grazie a un luogo dove sentirsi davvero a casa”.
Per info: www.ippocampoedizioni.it