Testo e foto di Tania Mauri
Nella perla delle Dolomiti del Brenta c’è un ristorante che presto farà parlare di sé grazie ai piatti di Manuel Merlo e i dolci di Sofia Omodeo Iuli.
I motivi per andare a Madonna di Campiglio sono tanti. È sempre stata famosa per la sua mondanità, per le rinomate stazioni sciistiche, per la vita notturna, i negozi e i locali alla moda, ma anche per la sua bellezza naturale, un girotondo di laghi, vallette, ruscelli, malghe e rifugi.
I turisti non mancano, i locali dove mangiare la cucina tradizionale neanche e anche l’alta ristorazione ha detto la sua (ci sono ben tre stellati), eppure mancava ancora un posto dove trovare una cucina di prodotto, essenziale e bene fatta. A fine giugno 2021 ha aperto, nel centro storico, “Semola Fina”, il posto che non ti aspettiin una località così, un ristorante sui generis con soli sei tavoli, colorato e moderno, particolare e originale come i suoi ideatori, Sofia Omodeo Iuli e Manuel Merlo. Giovani, 26 anni lei e 29 lui, pastry chef e chef, coppia nella vita e nel lavoro con importanti esperienze – Carlo Cracco, Del Cambio, Jacques Genin, Condividere – in piena pandemia, hanno deciso di dare una svolta alla loro vita e aprire il loro primo ristorante.
Galeotto fu il ristorante Del Cambio di Torino dove Manuel ha seguito lo chef Baronetto, quando è andato via da Milano e Sofia faceva la pasticcera. Anche se il loro non è stato un colpo di fulmine, anzi si punzecchiavano e spesso litigavano, cosa che continuano a fare scherzandoci sopra, oggi sono lo Yin e lo Yang di Semola Fina, due forze, opposte e complementari, che si arricchiscono e integrano a vicenda.
Sofia ha sempre pensato che, dopo il liceo, avrebbe fatto l’Università perché si sentiva portata per un lavoro mentale, tipo psicologia, invece, un po’ per caso, un po’ perché l’enogastronomia le scorre nel sangue (la nonna paterna aveva un ristorante, suo padre produce vino nel Monferrato e sua mamma l’ha abituata a mangiare molto bene, sin dall’acquisto delle materie prime), scopre le scuole di cucina dove scopre la pasticceria, sua vera e unica passione. “Ho scelto di fare pasticceria perché sono molto rigorosa, mi piacciono le regole, la routine, l’equilibrio, la precisione, sapere dove sto andando e cosa sto facendo. Mi ritengo una persona molto schematica, amo gli schemi. Al contrario di Manu sono meno ambiziosa e più semplice ma mi piace comandare – racconta Sofia sorridendo – e anche le mie creazioni sono lineari, mi piace lavorare su una cosa senza aggiungere tanto altro. Non a caso amo molto la Tarte Tatin e il gelato”.
Dopo il corso di pasticceria all’Alma, arriva a Torino al Cambio ma aveva la necessità di andare a Parigi, meta quasi obbligata per una pasticciera, dove è sbarcata e di cui si innamora anche grazie all’esperienza da Jacques Genin “non è stato facile inserirsi nel clima lavorativo francese perché i francesi sono abbastanza rigidi ma dopo è stato stupendo e mi hanno dato tantissimo – ricorda Sofia – ma Manuel non stava bene e quindi siamo tornati a Torino da Federico Zanasi nel 2018. Dopo un paio di anni però avevamo la necessità di fare qualcosa di nostro, volevamo trasferirsi al mare ma un amico cuoco trentino, che conosceva la proprietaria del posto dove siamo oggi, ce l’ha segnalato ed effettivamente era il luogo perfetto perché era abbastanza piccolo per gestirlo come prima esperienza. Siamo stati un po’ folli perché qui non eravamo mai stati, non conoscevamo la regione, né cosa si cucinava, né avevamo contatti e poi siamo in montagna – quella vera – infatti, quando siamo arrivati a maggio 2021 non c’era nessuno… Questo era un ristorante di cucina tipica trentina un po’ vecchio stile, tutto color salmone e non lo sentivamo molto nostro per cui abbiamo deciso di stravolgerlo completamente. Ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo fatto tutto noi, anche per risparmiare, improvvisandoci con Luca (Ribezzo l’altro importante pezzo della brigata, ex Del Cambio, ndr) e ci siamo messi a imbiancare, a scegliere le cose sia per la sala che per la cucina, i colori, la carta da parati, a costruire i lampadari e abbiamo creato un posto che non c’entrava nulla con Campiglio… ma questo era il nostro obiettivo!” spiega Sofia.
Se Sofia, nella sua timidezza, è loquace e spontanea, una “ragazzina” che ancora ama farsi stupire e sorprendere dal mondo, Manuel Merlo è più diffidente al primo impatto, cervellotico e complicato, in senso buono, ambizioso, impulsivo, orgoglioso, “quello folle, quello dei numeri” come lo descrive la sua dolce metà. Ex junior sous chef di Del Cambio, ha seguito Sofia a Parigi dove “ho rubato molto con gli occhi perché arrivare nella capitale francese a 26 anni non è stato facile, soprattutto se non sai la lingua e devi ricominciare da capo. Ma ogni esperienza lascia qualcosa e per me sono stati importanti e formative le esperienze da David Toutain, Pascual Barbot e Giovanni Passerini. A Parigi ho anche avuto il tempo di pensare e creare il nome e il logo di Semola fina, l’anagramma dei nostri nomi, due cerchi uniti, uno rosso e bianco, che ci rappresentano perfettamente e che Antonella Libretti ha illustrato alla perfezione” ricorda Manuel.
“Le prime due settimane qui è stata dura, non passava nessuno ma poi, grazie al passaparola, la gente ha cominciato a curiosare (anche prima per la verità ci spiavano a distanza mentre facevamo i lavori) e sono venuti a vedere cosa cucinavamo. Sono quelli del posto che ci hanno scoperto e hanno apprezzato sin da subito. L’estate è stata pazzesca, anche grazie al dehors, eravamo solo in tre in cucina più Edoardo (Venostar, ex Condividere ndr) in sala, così come a dicembre, dove eravamo sempre pieni e malgrado l’arrivo in cucina di Ilaria Malerba, trentina, ci hanno massacrato. Però siamo molto felici” ribadisce Merlo.
Un team giovane e motivato guidato da due “matti”, come amano definirsi, che però hanno avuto il coraggio di proporre una cucina dirompente e fuori dagli schemi. “All’inizio pensavamo di usare solo prodotti locali, ma la nostra cucina aveva bisogno di altro e non conoscevamo nulla della storia della cultura locale. Abbiamo così trasformato quello che siamo, con il nostro vissuto e le nostre esperienze, in una proposta gastronomica vivace e originale che potrebbe essere fatta in qualsiasi città del mondo. Il compromesso è stato scegliere tra le materie prime di altissima qualità del luogo e quelle che riescono ad arrivare fino quassù (come il pescato di mare che è ancora vivo) con la nostra creatività e voglia di sperimentare. Tutto questo ci ha premiati perché la clientela che viene da noi al 90% rimane molto contenta e torna. Di questi il 30-40% sono stranieri e il 60% chi qui ha le seconde case, quindi gente che arriva da Brescia, Milano, Bergamo e può capire quello che facciamo perché frequenta tanti ristoranti. All’inizio rimangono spiazzati perché abbiamo solo tre menu degustazione e non c’è la carta (sarebbe insostenibile sia per i costi che per la gestione della cucina, che è rimasta quella di prima a parte qualche accessorio come l’affumicatore o la planetaria) ma mangiando si rasserena, nessuno è mai andato via scontento, anzi ci fanno i complimenti e poi tornano anche 2 volte in una settimana” commentano sorridenti.
Solo menu degustazione da quattro, sei e otto portate a 55, 75 e 90 euro, bevande escluse, dove tutto viene fatto espresso, nulla è stoccato, anche perché non ci sono gli spazi. “Con il degustazione decido io cosa fare a seconda di quello che arriva e di conseguenza anche la proposta del menu cambia quasi tutti i giorni. I piatti nascono nella mia testa, agisco d’istinto, mi fido del mio palato mentale: penso ai gusti e poi faccio il piatto. Non sempre esce perfetto e semmai devo fare qualche aggiustamento, o addirittura se non funziona o non sono convinto lo cambio. La mia è una cucina non grassa ma piena e rotonda, appagante per il palato dove non uso tantissimi ingredienti e do molta importanza alle spezie. Sofia invece si occupa dei dolci e dei lievitati. La carta dei vini è originale, per lo più sono naturali e c’è molta Francia, ma dobbiamo lavorarci ancora” spiega lo chef.
Una cucina istintiva e ragionata fatta sul momento che punta sulla freschezza degli ingredienti e sulla tecnica. Ne sono un esempio gli amuse bouche, i Grissini di Sofia “che in realtà è un impasto croccante fatto uno con la curcuma e uno idratato con estratto di pepe e olive”, il Cannolo di pesce di lago fritto al momento con senape e aneto, la strepitosa Puntarella con cannella, la fragrante Cialda di ceci con aglio nero e riduzione di aceto balsamico, il Paninetto di patata con speck (prodotto dal papà di Manuel), menta e scorza di limone. Si prosegue con una semplice ma freschissima Rosa di Gorizia cruda con caviale da mangiare con le mani e gli Scampi e mandorle, dove gli scampi sono racchiusi tra due foglie di ciliegio e cotti nel barbecue così che perdano umidità e rilascino un profumo mandorlato. Si aprano le foglie e il crostaceo viene condito a piacere con la pasta di mandorle (homemade), melassa di cipolle, mandorle condite e aceto di asperula, il tutto accompagnato da una simil créme brûlée fatta con le chele di scampi.
A metà percorso arriva il pane di Sofia, la sua “sfida dell’estate” perché il lievito madre portato da Torino ha dovuto adattarsi all’ambiente e così ha dovuto fare molti tentativi per arrivare a questa pagnotta – fatta con farina bianca e integrale, semi di lino e girasole –accompagnata da burro salato mantecato e profumato ai semi di anice. Spiccano l’eccezionale Trota, foie gras e riduzione di ceci, il perfetto connubio tra Italia e Francia. Una trota in olio-cottura, cremosa e morbida, con uova di trota, panna e sugo di carne, crescione di fiume e foie gras. E il piatto icona, lo Spaghettino con burro affumicato, pepe verde e liquerizia, uno spaghetto quasi risottato godibilissimo che viene completato con pepe e liquerizia sopra così che si sentono tutti i sentori e ogni boccone ha una spinta diversa e il Piccione al vino rosso con acciuga, toma ripassata e una crema di prezzemolo super.
Tra i dolci sono insuperabili i gelati, come quello al fiordilatte con latte di capra con olio e sale e quello alla vaniglia che accompagna una deliziosa Tarte Tatin con mele croccanti. In chiusura una Madeleine – cotta al momento – da “inzuppare” in gelato alla crema e marsala e delle Barrette di cioccolato fondente ripiene di noci pecan leggermente salate. La cosa bella di questo posto, oltre alla cucina e alla pasticceria, è che lo staff è giovane, non rigido, gentile e sorridente. Tutti, a rotazione, fanno il servizio al tavolo – non hanno un lavapiatti e devono preoccuparsi di lavare stoviglie, piatti e pentole al momento – e si fermano a parlare con i clienti creando così un ambiente famigliare che li premia.
“Siamo felici malgrado la fatica e le preoccupazioni. Siamo indipendenti e ci siamo auto finanziati. Qui c’è il vantaggio che sei libero di esprimerti al massimo, di fare e creare senza compromessi. Quando fai questo lavoro non sei mai leggero mentalmente ma adesso ci sentiamo meno stressati malgrado il tanto da fare. Ora dobbiamo cercare di ottimizzare gli orari e cercare di avere un po’ più di respiro anche se abbiamo già tutto pieno fino ad aprile! Perché piacciamo tanto? Forse perché facciamo una cucina equilibrata e appagante, non strana come si potrebbe pensare leggendo il menu, e poi ci prendono tutti un po’ per matti e i matti si sa, fanno tenerezza” concludono Sofia e Manuel guardandosi negli occhi con dolcezza, ma anche molta determinazione.
Semola Fina
Via al Sarca, 30
38086 Madonna di Campiglio (TN)
www.semolafina.com