Testo di Sara Porro
Foto cortesia di Nobu
Quella di Nobu Matsuhisa, il primo autentico celebrity chef della nostra epoca, è una storia di riscatto. Più che il genere di comeback story che gli americani amano, la sua biografia somiglia al libro di Giobbe, nell’Antico Testamento: bambino di 8 anni in Giappone resta orfano di padre, che muore in un incidente stradale; a 24 anni (nel 1973) si trasferisce a Lima dove apre un ristorante, che è costretto a chiudere dopo tre anni. Va allora in Argentina, dove il tentativo di nuova apertura è un buco nell’acqua, e va ad Anchorage, in Alaska, dove infine riesce a inaugurare. Due settimane dopo: cortocircuito all’impianto elettrico e il ristorante va a fuoco.
A questo punto – racconterà in Nobu. L’autobiografia, uscito per HarperCollins Italia nel 2019 – è così disperato da considerare il suicidio. Ma la capricciosa divinità della cucina ha finito di accanirsi contro di lui e lo ricompensa per non aver mai perso la fede: nel 1977 si trasferisce a Los Angeles, lavorando come sushi chef e attendendo il momento di riaprire in proprio: è del 1987 Matsuhisa, su La Cienega Boulevard a Los Angeles, che diventa un ristorante molto amato anche dalle celebrità. Qui avviene uno degli incontri fondamentali della vita di Nobu, quello con Robert De Niro, che lo persuade a entrare in società: il primo Nobu nasce a New York nel 1994, il brand diventa internazionale tre anni dopo con l’apertura a Londra e da allora non smette di espandersi: nel 2023 dovrebbero arrivare a 60 i ristoranti Nobu in tutto il mondo.
Come tutti sanno, uno di questi si trova a Milano e fu aperto nel 2000 in partnership con lo stilista Giorgio Armani, all’interno dell’edificio – per la verità un intero isolato – che affaccia su via Manzoni e comprende Armani Hotel, Ristorante Armani, Armani Dolci, Armani Fiori, Emporio Armani, sia la boutique, sia il Ristorante & Caffè. E Nobu, appunto: un nome altrui, a dimostrazione della potenza del brand. Ormai settantaquattrenne, Nobu continua a viaggiare per dieci mesi l’anno nel suo vasto impero globale: ai ristoranti, tra il 2013 e oggi ha aggiunto un portfolio di hotel che con le aperture previste per il 2023 arriverà a 32 proprietà.
La cucina di Nobu è stata la “droga di passaggio” che ha avvicinato i milanesi al sushi (spuria, non puramente giapponese) nata dagli ingredienti e dalle tecniche che Nobu ha appreso nei paesi del mondo dove ha vissuto: il Merluzzo nero al miso – oggi uno dei piatti-firma più riconoscibili dell’alta cucina mondiale – fu l’applicazione di una tecnica giapponese a un ingrediente che in Alaska era molto abbondante ed estremamente economico. Il Sashimi new-style – cioè fettine di pesce crudo scottato in superficie con olio bollente subito prima di essere portato in tavola – nacque invece dall’idiosincrasia di una cliente americana verso il pesce crudo.
Ai primi del giugno scorso, Nobu in persona si trovava a Milano per due serate omakase – il termine che indica un menu che in italiano chiameremmo “carta bianca”, e che in giapponese, più poeticamente, significa “mi affido a te” – firmate a quattro mani con Antonio D’Angelo, dal 2009 executive chef del Nobu e in precedenza cuoco personale di Giorgio Armani per alcuni anni. Il menu era puro Nobu-style, ma declinato secondo ispirazioni e ingredienti italiani: un approccio che asseconda un’idea – più contemporanea, forse – per cui riprodurre un ristorante in modo perfettamente identico in decine di luoghi del mondo è più un lavoro da McDonald’s che da ristoranti fine dining. D’Angelo ama utilizzare gli ingredienti del nativo Sud Italia e del resto l’umami è una cifra italiana quanto giapponese (vedi pomodoro, Parmigiano Reggiano, acciughe…). Da qui nasce un ripensamento molto riuscito del classico black cod al miso, dove al posto del merluzzo c’è il Branzino in accompagnamento a pomodori datterini e melanzane (nasu) glassati al miso.
L’interpretazione che uno chef maturo come D’Angelo fa dello stile Nobu è riconoscibile, ma non mimetica; autentica senza essere derivativa: questo fa ben sperare che Nobu – lo stile – potrà continuare a prosperare e a evolvere anche quando Nobu – l’uomo – deciderà di ritirarsi a vita privata, godendosi una pensione quanto mai meritata.
Nobu Milano
Via Gastone Pisoni, 1
20121 Milano (MI)
www.armani.com/it-it/experience/armani-restaurant/nobu-milan