Testo di Tania Mauri
Foto cortesia di Al Vecchio Convento
Un borgo e un albergo diffuso nell’Appenino romagnolo diventano, per un week end, i protagonisti di “Chef Sotto il Portico” con tanti cuochi che arrivano dal Nord Europa e dal Sud America.
Negli ultimi tempi si parla spesso di borghi fantasma, paesi abbandonati che rischiano di scomparire, luoghi suggestivi dal fascino antico dove lo spopolamento regna sovrano e la natura si riappropria dei propri spazi. Noi però vogliamo raccontarvi di un borgo dell’Appennino Tosco romagnolo dove c’è tanta vita, malgrado i pochi abitanti, e dove la parola d’ordine è integrazione e ospitalità. Stiamo parlando di Portico di Romagna, in provincia di Forlì, un posto fuori dal tempo con le case in pietra e i vicoli pieni di fiori, il bar all’inizio del paese, un forno che sforna pane e biscotti e un macellaio con prodotti tipici di zona, un ponte a schiena d’asino che permette di attraversare un fiume color verde smeraldo, una biblioteca dei libri liberi che vive grazie al book sharing e un albergo diffuso, Al Vecchio Convento, con un ottimo ristorante che affaccia sulla valle.
Al Vecchio Convento dove la parola d’ordine è ospitalità
Una ex dimora nobiliare contigua a Palazzo Portinari che si narra appartenesse a Folco Portinari, padre della Beatrice di Dante che a Portico avrebbe incontrato il poeta. Una dimora dalle mure spesse e i grandi camini sparsi qua e là, i mobili antichi e le ampie finestre, le terrazze, il giardino interno e un labirinto di scale e corridoi che si snodano nella casa.
Tutto questo è Al Vecchio Convento appartenente alla famiglia Cameli dal 1981 anno in cui Marisa e Gianni sono arrivati da Milano, dove lui lavorava come chef, e hanno cominciato a promuovere, attraverso l’ospitalità e la ristorazione, il territorio dell’Appennino Tosco-Emiliano. L’albergo conta una decina di camere nell’edificio centrale, dove è presente anche il ristorante, mentre il resto delle stanze è disseminato nel centro del borgo. Al Vecchio Convento rappresenta il fulcro dell’economia di Portico: tutto ruota lì intorno e costituisce un esempio virtuoso di inclusività. D’estate arrivano giovani dal nord Europa a fare stages in cucina e sala, insieme a ragazzi senegalesi che con la famiglia abitano a Portico da qualche anno e sono molto ben integrati. La scuola elementare ha una pluriclasse di 20 bambini italiani, danesi, inglesi e senegalesi che la giovane maestra segue amorosamente. Marisa ha aperto una piccola biblioteca dove tutti possono prendere e riportare libri e viene chiesta solo un’offerta per pagare la luce.
La comunità di questo paesino è un modello veramente speciale, con uno dei tassi di coesione sociale fra i più elevati d’Italia e la volontà di tenere vivo un piccolo centro immerso nei boschi dell’Appennino. Non è un caso se la famiglia Cameli è stata scelta per la terza puntata della seconda stagione del programma Dinner Club con Carlo Cracco e Luca Zingaretti si sono concessi un pranzo con protagoniste le animelle Al Vecchio Convento e un ballo con la scoppiettante Marisa.
Matteo, cuoco dall’anima romagnola e la tecnica nordeuropea
Da qualche anno la gestione è passata nelle mani del figlio Matteo, che fa il cuoco, e della moglie Ulla, danese (il fratello maggiore di Matteo, anche lui chef, ha aperto a Odder la sede danese di Al Vecchio Convento ndr). Matteo, che ha lavorato al Frantzén e al Noma, propone una cucina dove miscela tecniche scandinave e prodotti che sono espressione di una consolidata romagnolità. Legato al suo territorio usa ingredienti locali e ha un amore speciale per il tartufo, soprattutto il bianco, che conosce sin da bambino e che trova nella tartufaia di famiglia dove cresce spontaneamente tra noccioli, carpini, pioppi, tigli e querce.
“Cerchiamo di lavorare con i produttori locali sin dalla proposta dalle colazioni con i formaggi di pecora di Rocca San Casciano e i salumi di cinta senese dell’Appenino, mentre i dolci li fa mia mamma. La colazione è un must per noi avendo molti stranieri che di prima mattina diversificano e abbandonano molto tra dolce e salato per arrivare alla cena” spiega Matteo.
Matteo ha una particolare attitudine alla lavorazione della cacciagione a cui accosta bacche e germogli che lui stesso conserva, come fa anche per la frollatura della carne, come bovini dai dieci ai dodici anni che sviluppano nuove sfumature di sapore e hanno una parte grassa importante. Fra i suoi piatti più rappresentativi, i Cappelletti ripieni di pernice rossa e una ricotta di piccoli casari della zona, fermentata per quattro mesi, un miso di ricotta a cui si aggiunge un garum di carne, una salsa di orzo fermentato al koji e il Tagliolino con salsa di soia, porcini e cavolo nero, salsa ponzu; il Gelato al cioccolato e tartufo nero con saba, tipica nella cucina locale.
Chef sotto il Portico, la manifestazione sotto le stelle
Da tredici anni Massimiliano e Matteo Cameli organizzano un festival di cucina internazionale, con chef e appassionati di cucina che arrivano da tutto il mondo. Un fine settimana di luglio che prende il via il venerdì sera con la cena nel giardino del Vecchio Convento, dove tutti gli chef propongono i loro piatti accompagnati da una selezione dei migliori vini locali a cura del sommelier di casa, Matteo Carlucci.
Ma come fa Matteo ad attirare tanti chef stranieri? “È vero che noi siamo legati al Nord Europa ma è anche vero che sono stati i primi ad apprezzare, ieri come oggi, i piccoli paesi, le piccole realtà autentiche dove la vita scorre lenta e senza fretta. I cuochi che partecipano alla manifestazione vengono coinvolti perché noi crediamo molto al lavoro del team, dal lavapiatti a chi serve in tavola, da chi sbuccia la verdura allo chef. Tutti sono un tassello importante e tutti devono trovare soddisfazione per quello che fanno. Nei miei viaggi di aggiornamento tra i ristoranti europei incontro molti giovani interessanti che invito quando capisco che possono stare nel mood del Portico e spesso chiedono di tornare o restare… Qui si crea un bel feeling tra di noi e sono sempre un po’ tutti affascinati dalla cucina italiana” spiega Matteo.
Un’armonia e un affiatamento palpabile e tangibile anche per i clienti o per chi, in quei giorni, passa di lì. Crollano i muri, i ruoli, ci si saluta tutti, si condividono tavoli, si parla con il vicino a colazione o con il ragazzo che porta il pane dal forno, passato e futuro si fondono in un flusso di incredibile energia e positiva. Un viaggio fuori dal tempo e una vitalità “buona” che inizia dalla cena del venerdì sera dove ogni anno viene invitato un solo cuoco italiano – quest’anno è stata la volta di Lorenzo Vecchia di Ahimè Bologna – e nel corso della serata ogni cuoco propone il suo piatto nato dalla collaborazione di tutti. La location con il tramonto, il suono delle cicale, il fresco che arriva dai boschi circostanti, le lucine che si accendono aiutano a creare un’atmosfera rilassante e goliardica anche nelle cucine dove, man mano che passano le ore, la tensione cala e sale la voglia di fare festa.
Sette piatti per sette chef in questa edizione 2023 che ha visto Mikael Mihailov, che ha affinato le sue esperienze all’Eleven Madison Park di New York, celebre in Finlandia per il suo approccio creativo e la capacità di miscelare fra loro le cucine del mondo ha presentato una Tostada di mais, ricciola marinata in acqua di peperoncino acqua chile, crema di pesce di lago finlandese affumicato, caviale, foglia d’oro; Danny Mena di Mexico-City che vive negli Stati Uniti la cui cucina prende spunto dalle ricette classiche della sua città natale riviste in chiave moderna e ha proposto Melanzane arrosto, anacardi, chile de onza, topinambur fritto, salsa verde; Hilmir Snaer Erlendsson di Reykjavik lavora al Vecchio Convento Osteria Caffè ad Odder in Danimarca e ha portato un Salmone selvaggio, salsa di prugne, porcini e wasabi;
Lorenzo Vecchia apre il suo Volm, in provincia di Milano per poi approdare a Bologna per Ahimè, dove propone una solida cucina espressione di prodotti eccelsi e ha cucinato dei Plin di anatra, yogurt caramellato, pepe di Sichuan, alloro; Juan Carlos Prada di Bogotà, chef all’Informal, all’interno del Serras Hotel di Barcellonaha fatto una clasica Paella di polpo, gamberi, vongole, asparagi; Risto Mikkola, chef di Local Bistro a Joensuu in Finlandia dove propone una cucina a base di ingredienti locali ma con una visione internazionale ha proposto un Manzo cotto 48 ore al bbq, crema di midollo, verdure dell’orto, vinaigrette al gelsomino; Axel Zuber, chef e nutrizionista svedese, è un habitué di Portico, avendo partecipato a quasi tutte le edizioni e ha fatto un Sorbetto di olivello spinoso, mousse al tè Oolong, alga nori al tè matcha, popcorn.
La manifestazione prende vita nel week end lungo la via principale del paese dove ciascuno dei dieci chef presenta un suo piatto che il pubblico acquista a prezzi super pop, da gustare nelle tavole allestite all’aperto per uno street food dal piglio internazionale, accompagnato dai vini delle cantine locali. Quest’anno è stata la volta di Modigliana-Stella dell’Appennino l’associazione che riunisce undici produttori e che promuove una Doc Romagna con la menzione geografica aggiuntiva Mga “Modigliana”.
Tra i piatti che ci hanno colpito ci sono quelli di Nicola Ongaro, veneto con ventitré anni di vita vissuta a Londra, fra cucine blasonate e lezioni di yoga, e collabora al festival fin dai primi anni, anche come recruiter degli chef e nell’ultimo anno si è fermato Al Vecchio Convento per seguire i numerosi corsi di cucina che vengono proposti agli ospiti dell’hotel. Qui ha proposto una pietanza vegetale, un dumpling fatto come un English Muffin, ovvero un Raviolo cinese con anacardi, patate dolci, salsa rossa vegetale, matcha, alga kombu, vellutata di cocco e prezzemolo; Jonas Cameli, il figlio ventiduenne di Matteo, terza generazione di chef della famiglia Cameli, che sta pensando di continuare gli studi iscrivendosi all’università e ha cucinato degli Spaghetti, pomodori fermentati, koji, olio di fico.
Amadou Bah, senegalese, da cinque anni sous chef e braccio destro di chef Cameli, uno degli esempi di integrazione felice di Portico, ama sperimentare la mescolanza fra la cucina del suo paese di origine e quella della Romagna e ha proposto un Carpaccio di zebra, cous cous di verdure, cipolla rossa, polvere di banana, zenzero, olio alla vaniglia e i dolci crudi di Bettina Kristoffersen, danese che vive ad Amsterdam e dal 2016 porta i dolci del suo Raw Betty in giro per i mercati olandesi, che ha portato i suoi Dolci danesi al limone, marzapane, lamponi, cioccolato fondente, raw cake al caramello e al limone.
Nelle tante edizioni si è sempre registrata un’affluenza massiccia di appassionati gourmand, a cui si è arrivati a servire fino a 2500 piatti a chi ha avuto voglia di scoprire nuovi sapori e preparazioni inedite portate da chef arrivati dalle più disparate parti del pianeta.
“Quest’anno l’alluvione non ci ha aiutato e sarà dura ripartire ma noi lavorando con l’estero stiamo andando bene. Qui oltre a mangiare si fanno tante cose: scuole di cucina, escursioni, corsi di lingua, ricerca di tartufi. Cerchiamo di sfruttare tutte le cose buone che ci offre il territorio e far stare bene chiunque abbia voglia di venirci a trovar, senza pregiudizi, coinvolgendoli nella nostra grande famiglia allargata” conclude Matteo con un sorriso pieno che è come un abbraccio.
Al Vecchio Convento
Via Roma, 7
47010 Portico di Romagna (FC)
Tel: +39 0543 967053
www.vecchioconvento.it