Il progetto personale di Coco Montes
Testo di Anabel Frutos (texto original de abajo)
Foto cortesia di Pabú
Secondo uno studio condotto da Talentchef, i fattori principali che spingono i viaggiatori spagnoli a trascorrere bene le proprie vacanze sono il bel tempo (64%), seguito da una valida offerta gastronomica (28%). Il turismo culinario ha registrato una crescita annuale del 9% nell’ultimo decennio e questo aumento è attribuito al crescente apprezzamento per le esperienze autentiche e alla ricerca di avventure gastronomiche uniche. Uno dei luoghi che si distingue per la combinazione di offerte culturali ed esperienze gastronomiche interessanti è Madrid. Negli ultimi anni, la capitale spagnola è diventata una destinazione imperdibile per gli amanti della cucina.
Una delle aperture più importanti del panorama culinario madrileno per la sua proposta innovativa e di alta qualità è il ristorante Pabú, che è diventato uno dei locali irrinunciabili per gli amanti della buona tavola. Situato nel cuore del quartiere Chamartín, a due passi dal famoso stadio di calcio Santiago Bernabéu, dove gioca il Real Madrid, questo ristorante, gestito dallo chef Coco Montes, offre una cucina micro-stagionale in cui i migliori prodotti di stagione sono scelti con cura per essere protagonisti del menu di ogni giorno.
Ma torniamo indietro. La vita di Coco Montes non è sempre stata legata alla gastronomia. Ha studiato Economia Aziendale e Management, anche se nei fine settimana lavorava nell’emblematico ristorante madrileno Zalacaín. Una volta terminata la laurea, fu assunto dalla multinazionale IBM, ma continuò a lavorare allo Zalacaín nei fine settimana mentre si era già iscritto alla prestigiosa scuola di cucina Cordon Bleu di Madrid. Ma un giorno decise di mollare tutto e si trasferì a Parigi, dove terminò gli studi culinari e si sviluppò personalmente e professionalmente. Qui si è formato nelle cucine del ristorante L’Arpege (3* Michelin) di Parigi, dello chef Alain Passard, di cui si considera un discepolo. Dal periodo trascorso nel ristorante parigino ha imparato ad affrontare il lavoro in modo naturale e flessibile, lasciando che la gastronomia si esprimesse da sola, senza pretese. Questa libertà in cucina gli ha messo le ali e lo ha aiutato a gestire le sue paure. Quando ha deciso di tornare in Spagna, ha lavorato con lo chef Eneko Atxa (3* Michelin) al ristorante Azurmendi, per poi recarsi a New York, dove ha fatto uno stage al ristorante Eleven Madison Park di Daniel Humm (3* Michelin). Quando ha sentito che era arrivato il momento di mettere in pratica ciò che aveva imparato, ha deciso che Madrid era la città ideale e alla fine di novembre dello scorso anno ha aperto il Pabú.
Il ristorante è diviso in due spazi: la reception e, al piano terra, la sala da pranzo, la cucina e la cantina. La cucina è visibile dall’alto grazie al pavimento a vetrata, che la rende il centro dell’attenzione. La sala da pranzo, con 30 posti a sedere, ha molta personalità e potrebbe passare per una galleria d’arte, dato che alle pareti sono appesi quadri moderni e colorati dipinti dalla madre dello chef; i tavoli e le sedie, acquistati all’asta, hanno una storia e conferiscono allo spazio un’elegante atmosfera vintage. I centritavola di verdure e frutta che adornano i tavoli danno già l’idea dell’importanza dei prodotti di stagione. Questa atmosfera accogliente, un misto di personale e professionale, è evidente anche nel nome, Pabú, che deriva dal modo in cui i nipoti chiamano i nonni.
La sorpresa è che qui non esiste un menu fisso: ogni giorno è una sorpresa, perché dipende dalla materia prima che lo chef riesce a raccogliere nell’orto che visita ogni giorno alle 7 del mattino, o dai prodotti più freschi che acquista al mercato locale. Questa è la cosa più importante per Coco, trovare il meglio e poi creare un menu eccellente alla pari dei migliori ristoranti. Non inizia a pensare al menu finché non ha un tavolo pieno di prodotti freschi. È così che gli piace lavorare. Creatività e dedizione non gli mancano e ne è prova il fatto che di recente è stato inserito come ristorante consigliato nella selezione fatta dalla Guida Michelin 2024.
Ogni giorno diventa un’esperienza gastronomica perché Coco cucina solo con i prodotti disponibili in giornata, puntando molto su prodotti vegetali poco proteici e dalle consistenze delicate, oltre che sul pane fatto in casa, una brioche a lievitazione naturale con semi di papavero che viene servita tiepida e una pagnotta dalla crosta croccante realizzata con tre tipi di farina: grano, integrale e segale. Si producono anche gelati e impasti di pasticceria. Nel menu Pabú possiamo scegliere tra due opzioni: Paté (150 euro), che comprende 1 antipasto, 2 primi, 3 secondi e 2 dessert; e Bubú (110 euro), con 1 antipasto, 1 primo, 2 secondi e 2 dessert. Entrambi i menu consentono di scegliere i piatti come se fossero alla carta: 2 piatti (60 euro) o 3 (80 euro) e di aggiungere i formaggi (20 euro).
In fondo al locale si trova la cantina dei vini, che conta circa 200 etichette, di cui 180 di vini fermi, per lo più francesi e spagnoli, 50 di champagne e liquori pregiati. Come il menu, anche le bevande offerte cambiano e il sommelier Pablo Peinado è incaricato di raccontare ai clienti la storia di ogni bottiglia servita. Il ristorante propone solo vini particolari provenienti da piccoli produttori spagnoli e francesi che ogni giorno coltivano i loro vigneti e si sporcano le mani con la terra. Non potrebbe essere altrimenti per abbinarli a una cucina micro-stagionale che ha il massimo rispetto per la natura.
Restaurante Pabú
C/ Panamá, 4 (Chamartín)
28036 Madrid – Spagna
www.restaurantepabu.com
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Pabú, la apertura más destacada del año en Madrid
Texto de Anabel Frutos
Según un estudio realizado por Talentchef, los factores principales por los viajeros españoles para pasar las vacaciones es que haya un buen clima (64%), seguido por una buena propuesta gastronómica (28%). Ello quiere decir que el turismo culinario ha experimentado un crecimiento del 9% anual en la última década. Este aumento se atribuye a la creciente apreciación por las experiencias culinarias auténticas y la búsqueda de aventuras gastronómicas únicas. Y uno de los lugares que sale reforzado y destaca por su combinación de oferta cultural y experiencias culinarias únicas es Madrid. La capital española se está convirtiendo en los últimos años en un destino ineludible para los amantes de la gastronomía.
El proyecto personal de Coco Montes
Una de las aperturas más destacadas dentro de la escena culinaria de Madrid por su propuesta innovadora de máxima calidad es el restaurante Pabú, que se ha convertido en uno de los establecimientos imprescindibles para los amantes de la buena cocina. Ubicado en pleno barrio de Chamartín, muy cerca del famoso estadio de fútbol Santiago Bernabéu, donde juega el Real Madrid, este local dirigido por el chef Coco Montes, propone una cocina de microtemporada en la que el mejor producto de temporada está elegido cuidadosamente para ser cada día el protagonista de la carta.
Recorrido por grandes cocinas internacionales
Pero volvamos atrás. La vida de Coco Montes no siempre estuvo ligada a la gastronomía. Estudió Administración y Dirección de Empresas, aunque los fines de semana trabajaba en el emblemático restaurante madrileño Zalacaín. Cuando acabó la carrera, lo ficharon en la multinacional IBM, pero seguía en Zalacaín los fines de semana y ya se había matriculado en la prestigiosa escuela de cocina, Cordon Bleu de Madrid. Pero un día decidió dejarlo todo y se mudó a París, donde acabó sus estudios de cocina y se desarrolló personal y profesionalmente. Allí se formó en los fogones del restaurante L’Arpege (3 * Michelin) en París, del chef Alain Passard, de quien se considera discípulo. De su paso por el restaurante parisino aprendió a afrontar el trabajo de una manera natural y flexible, dejando que la gastronomía se exprese por sí misma, sin pretensiones. Esa libertad en la cocina le dio alas y le ayudó a gestionar sus miedos. Cuando decidió volver a España, trabajó con el chef Eneko Atxa (3*Michelin), del restaurante Azurmendi, y, más tarde, viajó a Nueva York, donde hizo un stage en el restaurante Eleven Madison Park (3* Michelin), de Daniel Humm. Cuando sintió que había llegado el momento de aplicar lo que había aprendido, decidió que Madrid era la ciudad idónea, y a finales de noviembre del pasado año abrió Pabú.
Dos espacios
El restaurante está dividido en dos espacios: la recepción y, en la planta baja, la sala, la cocina y la bodega. La cocina puede verse desde arriba gracias a una superficie acristalada en el suelo, de manera que consigue que sea el centro de atención. La sala, con capacidad para 30 comensales, tiene mucha personalidad y podría pasar por una galería de arte, ya que en sus paredes cuelgan modernos cuadros llenos de color pintados por la madre del chef; las mesas y sillas, que han sido compradas en subastas, tienen una historia y dan un toque vintage muy elegante al espacio. Los centros con verduras y frutas que adornan las mesas ya nos dan una idea de la importancia del producto de temporada. Este ambiente tan acogedor, mezcla de lo personal y lo profesional queda patente incluso en el nombre, Pabú, que surge de como llaman sus sobrinos a los abuelos.
Cada día es una sorpresa
La sorpresa es que aquí no hay un menú establecido, sino que cada día es una sorpresa, ya que depende de la materia prima que ese día el chef consiga recolectar del huerto, al que acude todos los días a las 7 de la mañana, o de la compra en el mercado del barrio del producto más fresco. Es lo más importante para Coco, encontrar lo mejor para luego crear un excelente menú a la altura de los grandes restaurantes. Hasta que no tiene la mesa llena de los productos recién llegados no comienza a pensar en el menú. Es así como le gusta trabajar. Creatividad y buen hacer no le faltan, y prueba de ello es que recientemente ha sido incluido como restaurante recomendado en la selección que hace la Guía Michelin 2024.
Dos opciones de menús
Cada día se convierte en una experiencia gastronómica porque Coco solo cocina con los productos disponibles en el día, centrándose mucho en el producto vegetal con poca proteína y delicadas texturas, además de trabajar de forma casera el pan, un brioche de masa madre con semillas de amapola que sirven caliente y una hogaza de corteza crujiente elaborada con tres tipos de harina: trigo, integral y centeno. También elaboran los helados y las masas de pastelería.
En la carta de Pabú podemos elegir entre dos opciones de menús: uno llamado Paté (150 euros), que incluye 1 aperitivo, 2 entrantes, 3 principales y 2 postres; y otro denominado Bubú (110 euros), con 1 aperitivo, 1 entrante, 2 principales y 2 postres. Ambos menús permiten extraer los platos como si se tratara de una carta: 2 platos (60 euros) o 3 (80 euros), y añadir quesos (20 euros).
Bodega bien surtida
Al fondo de la sala está la bodega, que cuenta con alrededor de 200 referencias, 180 de vino tranquilo, la mayoría franceses y españoles, 50 de champagne y de destilados de primera. Al igual que la carta, la oferta de bebidas será cambiante, y es el sumiller, Pablo Peinado, quien se encarga de contar a los comensales las historias que hay detrás de cada botella que sirve. Solo tienen vinos muy singulares de pequeños productores españoles y franceses, esos que pisan sus viñedos y se manchan las manos de tierra a diario. No podía ser de otra manera para maridarlos con una cocina de microtemporada que tiene el máximo respeto por la naturaleza.
Restaurante Pabú
C/ Panamá, 4 (Chamartín)
28036 Madrid (España)
www.restaurantepabu.com