Organismo Central parte 3: cerebro, alma y corazón
Testo di Lorenzo Sandano
Foto cortesia di Kjolle
“Ho cominciato al Central da molto giovane, appena ventunenne e sono stata dieci anni l’head chef al fianco di Virgilio lavorando molto duramente. La svolta individuale è arrivata in concomitanza dello spostamento del ristorante dal quartiere di Miraflores a questa sede in Barranco” ricorda Pia Leon, con iridi azzurre capaci di polarizzare l’attenzione in un battito di ciglia. “Uno spazio che ci ha subito incantati perché trasmetteva percezioni di pura arte, vista la locazione e la natura del luogo. Nello sviluppo del nuovo Central, si era generato spontaneamente questo piano superiore e mi è sorta in maniera altrettanto spontanea la necessità di inserirci un corner dove esprimere me stessa e la gastronomia raccontata da un mio punto di vista. La verità sul nome Kjolle è che quando stavamo per aprire non avevo idea di come chiamarlo – ride – Durante un viaggio a MIL, camminando, scopriamo una pianta che mi colpisce per i suoi colori e mi rivelano chiamarsi Kjolle. Quella parola mi suonava bene foneticamente in testa. Era corta, rapida, immediata, ma il lato più affascinante è che si trattava di una pianta resistente, capace di attecchire in un clima duro a 4.000 metri di altezza. Il pensiero di una varietà botanica del genere mi infondeva un concetto di forza e gentilezza al tempo stesso, grazie ai suoi bellissimi fiori dal color arancio dorato. Non ho esitato a scegliere quel nome per la mia nuova insegna”.
Il peso complementare dell’anima
Non può esistere un corpo senz’anima, a prescindere dalle proprie credenze religiose. Per questo spostandoci dal Central a Mater (narrati nei precedenti episodi), il caloroso e vitale Kjolle ci appare come il perno spirituale tra i due organismi. È il ristorante di Pía León, posizionatosi al numero 16 della classifica The World’s 50 Best Restaurants di quest’anno. “Mi domandano spesso se ho sempre sognato di avere un mio ristorante – Riprende la cocinera, ripercorrendo la storia del suo ristorante – si suppone che sia il desiderio di ogni cuoco, ma onestamente non era così per me quando ho iniziato. Mi considero una persona che vive giorno per giorno, valutando a pieno ogni singolo momento. Le mie uniche costanti sono quelle della passione per lavorare e apprendere in continuazione. Forse però quel pensiero di autonomia già mi ronzava in testa, perché quando ho avuto l’occasione di inaugurare un posto mio l’ho colta al volo. C’erano diversi timori, ovvio, sia rivolti al fatto di lasciare il Central, sia nell’immaginarmi da sola in cucina. Per far nascere Kjolle quindi mi sono concentrata su un aspetto che regola tutto questo ecosistema, ovvero che non esiste individualismo perché ogni entità è profondamente connessa l’una con l’altra. Central sarebbe sempre rimasto dentro di me anche lavorando apparentemente fuori da quell’organico. Missione, membri della squadra e filosofia sarebbero e sono rimasti gli stessi, fin dall’inizio”.
Colore, allegria e libertà
Le sale luminose modellate tra legno, metallo e tinte pastello, ritraggono un contenitore dalla vita propria, non accomunabile alle frequenze estetiche e rituali del Central, ma simultaneamente gemellato per visione e per fulcro identitario. ”Abbiamo aperto Kjolle nel 2018 e lo considero l’incarnazione più libera della mia anima. Un’anima a sua volta legata indissolubilmente a quella del Central – approfondisce Pia – Mater ci trasmette le medesime informazioni come un cuore che pulsa il sangue nelle vene. Virgilio le elabora in formato di alture e paesaggi, mentre noi riproduciamo altre idee commestibili. In qualche modo mi piace sentirmi meno vincolata da confini geografici; quindi, ci sono piatti che condensano tanti ingredienti dello stesso territorio, o altri che combinano costa, montagna e foresta in totale freestyle. Una cosa che mi ha aiutato molto nel raggiungere una metrica espressiva è stato il motto di Mater: fuori c’è di più. Questo perché per noi cuochi non è scontato né facile guardare oltre la gastronomia. Mentre lavoro mi fisso spesso su un piatto o una tecnica, ma con la ricerca multidisciplinare di Mater ho appreso come alzare la testa per guardare oltre e interiorizzare il mondo che ci circonda nel mio stile. L’altro aspetto molto importante è quello dell’elemento umano che frequentemente condividiamo tra Kjolle e Central scambiandoci componenti della squadra che apportano sempre nuove visioni e stimoli nelle diverse cucine. Ci mantiene tutti motivati, soprattutto in un contesto che può essere ripetitivo come quello ristorativo. Riguardo l’approccio verso il cliente da parte dello staff di Kjolle e del nostro servizio, non amo fare paragoni con il Central, ma penso di esser riuscita a rappresentare la mia indole attraverso il lavoro di squadra e l’atmosfera che si respira qui. Uno spazio che in ogni dettaglio trasmette allegria, vibrazioni positive, colori, contatto intimo con gli ospiti. Senza mai scordare l’urgenza di dare informazioni sui nostri progetti per arricchire l’esperienza di chi ci fa visita. Mostrare l’immensa biodiversità del Perù ci rende realtà complementari attraverso gli stessi produttori, contadini, artigiani e pescatori che supportiamo ogni giorno”.
Sfumature di sapori accesi & orizzonti senza limiti
Le movenze soavi e ritmate del team nelle varie fasi celebrate in tavola risuonano quale emblema del pensiero della chef. Proprio come l’impronta vivida dei suoi piatti: affatto distanti dalla complessità del Central, ma concentrati in un assetto minimale, vibrante, che massimizza l’impeto gustativo di ogni alimento procacciato indistintamente dal mare, dalla sierra e dalla selva in nuances sensoriali caleidoscopiche. Anche il pairing di vini territoriali e miscelati homemade incentiva le relazioni strettissime con il Lab di Mater Iniciativa.
Sin dallo start con Infuso ai fiori di kjolle e una musicale Tartelletta di radici native (arracacha e chaco). Segue un profumatissimo Pane realizzato con farina di maca (radice andina, ndr) da spennellare con burro emulsionato all’agave o salsa di rocoto e pimento aromatizzata con olio alla menta. Dalla brezza costiera, un powered Ceviche di corvina e cannolicchi con leche de tigre al lulo (frutto del nord del Perù), lamine di patata dolce camote di varie tipologie e colori e quinoa bianca soffiata; si sfuma poi nel suadente Mar y tierra dell’anatra con emulsione citrica di limone e noci “madre de dios” (comunemente chiamate “castagna o brasile”) insieme a spuma di menta selvatica muña e ricci di mare o nel variopinto girotondo di tuberi, tra cui yuca e olluco, completate da una crema avvolgente di patata sachapapa. Un piatto signature sin dal primo menu, che ne riporta l’assaggio originale quale side-snack di quest’ultima versione rivista da Pía.
Le Capesante approdano in tre versioni: cotte con peperoncino aji limo, inmerse in iodata crema delle stesse e in foggia raw sormontate da crema di tarwi (lupini delle Ande). Una turgida Aragosta si sublima con cushuro (cianobatterio che cresce solo in laguna di 3.800 metri sopra livello del mare, battezzato “caviale vegano” per l’alto contenuto proteico) in corroborante brodo affumicato di cecina e pepite croccanti di oca (Oxalis tuberosa, acetosella peruviana) e granchio. Dal fronte carnivoro, sontuosa la Costina di vacca cotta lentamente per 16 ore – con l’inserto rinfrescante del tumbo (frutto dello stesso ceppo del maracuja) con cialda di mais bianco e dorado – e un denso fondo di carne all’ají mochero (spezia tipica del nord del Paese). Anche il pre-dessert brilla di personalità, interpellando il Tubero mashwa in forma di gelato con varie testure di frutti esotici quali pitahaya (dragon fruit) e l’amazzonico frutto araza.
In chiusura, una finale immersione senza filtri nell’adiacente laboratorio sperimentale di Mater che trasforma cacao, derivati e specie arboree similari. Un tasting esaltante di Copoazú (o cacao blanco, un albero della famiglia del cacao originario dell’Amazzonia orientale); di macambo (frutto nativo della regione amazzonica compresa tra Perù e Colombia) e cacao a 360 gradi, sia in veste grezza che plasmata in cioccolato direttamente sul posto. Una formidabile verticale tematica, assaporata sia in purezza che in elaborazioni tecniche di pasticceria fine dining: per ripercorrere il lavoro strabiliante di ricerca che rimane intatto dalla filiera di raccolta alle applicazioni conclusive che ne conseguono.
“Io dico sempre, con massima schiettezza, che le scelte che facciamo nella vita sono il risultato della tua educazione e di quel che vorresti vedere nel mondo – conclude Pia – Per me il lato umano, la collaborazione genuina con le persone a cui tieni, sono sempre stati i valori indispensabili sin da quando ero piccola. La stessa sostenibilità che rintracciamo nei nostri ingredienti la voglio far vivere anche nel mio staff e nel modo in cui ci muoviamo insieme. Per questo mi sento felice oggi nel sentirlo tanto realizzato quanto reale, lavorando nel mio gruppo e dispensando la nostra conoscenza in massima trasparenza al prossimo. Tutto questo, insieme a una curiosità incessante e alla volontà di crescita comune, sarà sempre il serbatoio inesauribile delle nostre energie condivise”.
Kjolle
Avenida Pedro de Osma, 301
15063 Barranco, Lima – Perù
Tel: +51 1 2428575
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