Testo di Barbara Marzano
Foto cortesia di MU fish
È probabile che la via del sakè sveli scorci che la mente italiana non contempla nemmeno. Ma il mito del “troppo alcolico e troppo caldo” va depennato. Anche se percorrere un menu degustazione a cavallo di un calice di sakè, a primo impatto, potrebbe non convincere, MU fish domicilia quest’usanza orientale anche in Italia.
MU fish è il ristorante di Liwei Zhou, a Nova Milanese, appena fuori Milano, pronto a servire il bottino dei nostri mari e, solo su richiesta preventiva, è possibile affiancare con una selezione di sakè la cena preparata da Jun Giovannini, chef originaria di Tokyo con un passato gastronomico prima in Giappone e poi in Italia, che lascia trasparire in ogni piatto un’incondizionata sensibilità artistica. Sulla via del sakè si imbocca uno spettro di alternative, con tappe più alcoliche e altre più timide, soste nitide o nebulose, a seconda dell’abbinamento previsto. Che il viaggio abbia inizio.
Che il viaggio abbia inizio. Dashi di katsuobushi e bergamotto, sedano rapa in tempura con zucchero, cannella e sale e un piccolo Toast con hummus di ceci e polpo: l’amuse bouche apre questo cammino in Oriente con un Tanigawadake Chokara Junmai, Seimai Buai 70%. Il riferimento numerico, come spiega il sommelier di sala Francesco Guida, si riferisce alla sbramatura del cereale, ovvero a quanta parte esterna del chicco di riso viene sbramata, quindi eliminata. Più questa pellicola lipidica e proteica viene tolta, più si otterranno note fruttate verso il melone e tendenti alla pera. In questo caso, il “vitigno” del chicco di riso, se così si può dire, è il Gohyakumangoku, un cereale che viene coltivato su terreni nevosi a nord del Giappone, degno responsabile dell’aspetto secco e deciso che si ritrova poi in bocca.
Lasciati i terreni nevosi, si scivola verso la zona di Saga con un Awabuki Junmai Daiginjko White (Seimai Buai 50%). Sbramatura più leggera, caratteristiche territoriali forti, morbide anche se complesse, tendenti alla mela verde. Compagno di viaggio ideale per la prima portata pensata da chef Jun, Taco di tonno rosso siciliano, ricotta lievemente tartufata, pomodoro essiccato e scorza di lime in pasta brick, con tartare di salmone con riduzione di cachi e barbabietola. Un abbinamento che rompe il ghiaccio del primo incontro italo-orientale con un match che fa breccia senza esitazioni.
La via del sakè continua con una salita verso la vetta, dentro il bianco di una nuvola. È Kawatsuru Sanuki Cloudy Honjozo nigori (Seimai buai 70%), un sakè nebuloso, specchio ideale per riflettere le sembianze della Capasanta scottata e servita con riduzione di scalogno e shiso, spuma di latte e scorza di limone, affiancata dalla Ceviche di pesce bianco con stracciatella, olio all’aneto, puntarella e mandorle tostate. È un sakè non filtrato, lattiginoso, intriso dei sedimenti della fermentazione, con sentori vicino allo yogurt e all’ananas. Una perfetta connessione con la stracciatella e la spuma di latte di questa seconda portata, che non tradisce l’abbinamento per concordanza, tipico del sakè.
La prossima tappa in questo peregrinaggio orientale è insieme a Tonoike Shuzo BO Karakuchi (Seimai buai 70), un sakè non pastorizzato che tende a sviluppare una lieve effervescenza in bocca, fino a preservare i toni aromatici in comune con i Dimsum artigianali, con funghi misti e har gau con tartufo.
Dal bosco al mare, un continuo saliscendi. Irrompe nel menu un set ittico ben composto: Nigiri di ricciola e yuzu, Branzino flambè con shiso, Canocchia con caviale asetra, puntarella e olio all’aneto, Nigiri di triglia flambata, Ventresca flambata, Salmone flambato con aneto e sale maldon.
Beau Michelle (Seimai buai 60%), un sakè franco nipponico, ormeggia questo set con un profilo aromatico che ricorda il retrogusto di un vino bianco, con note di frutta esotica e di mela, senza perdere la morbidezza del sakè.
Il cammino prosegue e arriva alla vetta, chiamata Asari Udon. Utopia. Origine piemontese e veste nipponica, un Udon mantecato in bagna cauda con acqua alle vongole, orata scubettata e piccole vongole. Gusto pieno e vertigini, accolti dal delicato Yonetsuru Pink Kappa (Seimai Buai 65%), un sakè rosato, aromatico, quasi “salentino”, che ha dimenticato a casa l’acidità del vino per portar con sé una manciata di frutti rossi e fragole.
Mare e monti. Così è il Giappone, così è Jun, che ha visto con i suoi occhi lo skyline di Tokyo ma anche i contorni della Puglia, soffermandosi tra i baretti locali a sorseggiare caffè agrumato che oggi versa nel suo Ushi caffè pugliese. Ushi, manzo in giapponese, è una noce di scottona piemontese preparata con metodo tataki, cotta all’esterno e cruda all’interno, condita con salsa di caffè agrumato a richiamo di quello pugliese, con un’integrazione di amaretto e agrume, su crema di patate e rosmarino in tempura. L’ultimo calice del viaggio, Nanbu Bijin, Koshu millesimato 2004, si presenta come un sakè invecchiato che sviluppa ed evolve in modo diverso, fino a richiamare le note del caffè e le trame gustative dei funghi shiitake.
Non ci sono più scuse per bannare il sakè dal menu degustazione. L’elasticità del suo carattere non ha nulla da invidiare al vino, e tutto il team di MU fish, dalla cucina alla sala, si prende la responsabilità di mostrarlo all’Italia.
MU Fish
Via Galileo Galilei, 5
20834 Nova Milanese (MB)
mufish.it