Testo di Barbara Marzano
Foto cortesia di Macelleria Beccalli
Vivaldi. Quando archetto e corda si baciano leggeri, Le quattro stagioni esplodono. È il potere dell’arte. Le endorfine si scatenano, il pensiero gesticola, l’euforia stravolge. Ed è con la stessa grazia dell’archetto, questa volta incarnato nella lama lucente, che il macellaio scivola e poi ritorna sul muscolo vivido. Con rispetto, pazienza e precisione. È proprio lui ad avere una responsabilità carnivora che implicitamente lo invita a onorare il sacrificio dell’animale. La macellazione, come tutto quello che le consegue, è un’arte che s’impara. Ma nella Macelleria e Salumeria Beccalli, in quel di Costa Masnaga (LC), non è certo l’unica.
Antonello: “La prima cosa che mi hanno insegnato qui? Beh, usare la scopa! Molto più importante del coltello. Quand’ero ragazzo, persi mio padre all’età di 17 anni, così furono poi i miei zii a insegarmi tutto del nostro mestiere. E la prima cosa è stata proprio la pulizia. Il resto? Qui, quando hai in mano un coltello, basta conoscere la strada”.
Già, secondo Antonello Beccalli, oggi a capo della sua Macelleria e Salumeria, basta conoscere la strada per rintracciare i tagli nell’animale. È un’arte, e per questo va celebrata come tale. Non è un caso infatti che la Macelleria abbia affidato all’arte di antichi e recenti mestieri, il suo sessantesimo anniversario. Arte circondata da arte di ogni genere, con una cena di cinque portate che valorizza le tecniche e le bellezze di un antico mestiere.
Antonello: “Quando in Macelleria arrivano le mucche, accendo sempre il trattore e lo lascio in funzione. È un rumore a cui sono abituate, che ha come il potere di calmarle. Il loro destino poi lo conosciamo, ma ricordiamoci che c’è modo e modo di accompagnarle. Questo è un vecchio metodo di alcuni macellai, che una volta mi dicevano anche “roba fresca daneé maron!”. Me lo dicevano sempre, perché la regola era macellare in fretta la carne e farla fuori nella settimana. Certo, di frollatura si parlava già, ma si trattava di un periodo di un mese al massimo. Io arrivo da quella scuola, ma ultimamente, Marta e Stefano mi hanno fatto capire che è tempo di cambiare”.
Marta e Stefano, ultima generazione Beccalli, hanno scelto l’arte come cornice della serata, scomposta in pittura, ricamo, lavorazione del legno e del ferro. Un meet the meat che ha riunito le belle arti attorno alle buone arti, create invece dallo chef Riccardo Molteni, oggi a capo del ristorante e della gastronomia interna alla Macelleria. Dopo il ristorante Joël Robuchon con chef Christophe Cussac, Market Place di Davide Maci e Casual di Enrico Bartolini, torna qui a Lecco con il sous chef Michele Fornelli, conscio di avere in mano gli strumenti per mettersi in gioco in quella che fu forse una delle sue prime cucine.
Riccardo: “Conosco questa famiglia da una decina di anni, da quella prima volta in cui entrai nella cucina della loro gastronomia. Sono rimasto poco, perché poi mi sono spostato all’estero. Ma dopo tutte le mie esperienze, cercavo comunque una realtà di cui poter occuparmi autonomamente. Questa. E anche se di solito preferisco esplorare, qui, almeno per ora, la carne regna sovrana, anche se la mia cucina la tratta in modo completamente diverso rispetto alla Macelleria. Lo vedo proprio da come un pezzo viene disossato per un uso specifico e come invece lo scomporrei io. Ma è questa la ricchezza del Beccalli”.
Riccardo mette tutta la sua arte al servizio di questo anniversario. Rileggendo le brevi interviste degli artisti, cerca in qualche modo di ospitare le loro emozioni nei piatti. Pochi ingredienti, tutti del territorio – come lo sono gli artisti – per travasare la loro arte. Ne è un esempio il Coniglio in onore della signora Rita Crippa e del suo tombolo, trattenuto dentro un ricamo naturale di reticella. O ancora, Emozioni, il piatto che reinterpreta un quadro di Emilio Giossi con un’anatra laccata con miele millefiori fermentato e fava di cacao, con una riduzione di barbabietola. Una sensazione in movimento.
Una sfida difficile per lo staff in cucina, che solitamente esce fuori dal local e spazia nella geografia del mondo. Ma per questa serata, Riccardo ha plasmato e condotto la sua linea di pensiero per andare incontro alle sensazioni e personalità degli artisti, dedicando un piatto a ciascuno di loro. Dentro Feror, il raviolo ripieno di sedano rapa, panna al fieno e fondo vegetale, ha raccontato la campagna e la sua quiete profumata in una pasta intrecciata a due colori, in omaggio alla lavorazione della gerla di un secondo artista, Roberto Colombo.Lo stesso vale per Boschivo, tartare di cervo leggermente affumicata, con un’estrazione di funghi e fragoline di bosco marinate, che richiama la terra e tutto quello che la rende viva, un panorama in cui l’artista Giovanni Ballabio passa ore e ore. Manciate di giorni invece sono quelle spese da Elisa Veronelli, classe 1992, mano e mente dell’opera di street art che, come un rampicante, da oggi abita con estrema delicatezza la parete interna alla corte della Macelleria.
Elisa: “L’idea è nata quasi in modo naturale. Ho pensato all’attività della Macelleria, al loro impegno quotidiano che negli anni persiste, al reinventarsi e continuare a crescere. La metafora di tutto questo non poteva che essere un bouquet di erbe spontanee, artemisia, sambuco, malva e parietaria, che si estende su tutto il muro della corte interna. Un intervento leggero ma ben presente, che non soffoca ma accoglie”.
Una leggerezza che invade con la sua presenza, senza fare rumore. A Elisa, chef Riccardo dedica Spontanee, il risotto mantecato all’ortica, con civet di sambuco e animelle glassate. Prove su prove che atterrano in morbidezza nel palato. È evidente che per un pezzo a regola d’arte, che sia fuori o dentro alla cucina, una e una sola prova non basti mai, come anche nel caso delle opere in ferro di Danilo Panzeri: “La fucina è un rituale. Il fuoco, il calore, l’odore del ferro, sono cose importanti. È una parte che senti, che finisce anche per mancarti. È un lavoro sì, ma esce dalla mia testa, dalle mie mani”.Di fronte a un pezzo finito vediamo l’arte, ma l’artista vede le decine di tentativi, la fatica, il suo tempo, e sì, tante sconfitte e difetti che è riuscito a risolvere. Perché il lato buono degli errori è l’insegnamento, e questo Stefano e Marta, figli di Antonello e Augusta, l’hanno capito mese dopo mese.
Stefano: “Abbiamo inaugurato il Ristorante RetroBottega nel febbraio 2020, il resto della storia lo conosciamo già. Neanche un mese dopo, il lockdown ci ha costretti ad aprire e chiudere di continuo. Né io né mia sorella siamo mai stati ristoratori, e tanto meno i nostri genitori, e quel tira e molla ci ha fatto notare piccoli errori che molto probabilmente, se non ci fosse stata la pandemia, avremmo dovuto riparare in corso d’opera. E chissà se ci saremmo riusciti”.
Da un lato la richiesta dei clienti, dall’altro la voglia di mettersi in gioco in modo diverso, sicuramente più attuale, sono andati di pari passo con la paura di aprire un posto nuovo, che paradossalmente avrebbe potuto compromettere la Macelleria. Ma per ora la cucina scorre e la sala le sta dietro con infallibile premura.
Ristorante RetroBottega è un progetto che nasce dalla cantina – più di 500 etichette – conosciuto meglio come “ufficio di Stefano”, grazie ai primi aperitivi clandestini tra amici e clienti stretti. Era impensabile non accompagnare quei vini con una crespella di mamma Augusta, o con un piccolo tagliere della Salumeria. Così, è stato tutto un divenendo che ha sfociato prima nell’enoteca e poi nel ristorante RetroBottega che, come dice il nome, vive proprio dietro la Macelleria che dà sulla strada. Tutto questo è Beccalli. La tradizione c’è e l’arte di un mestiere così antico si tramanda, si nota, ma si vedrebbe anche senza il bisogno di sentirla in bocca.
Macelleria Salumeria Beccalli
Via XXV Aprile, 58
23845 Costa Masnaga (LC)
Tel. 031 855068
www.macelleriabeccalli.it