Cucina libera e spontanea a Firenze, sulla rotta di una ristorazione pirata
Testo di Lorenzo Sandano
Foto cortesia di Simone Cipriani
“…Mi piacerà scorrere le ricette – e farmele preparare – della cucina della filibusta. Per cogliervi le suggestioni, maggiorate dalle esperienze su quei mari e, certo più, su quelle terre in cui i miei partigiani, Fratelli della Costa, trovavano rifugio. Celebre su tutti l’Isola della Tortuga”
Presentazione di “La Cucina della Filibusta“ di Melani Le Bis – Luigi Veronelli
Non allarmatevi se, alzando lo sguardo verso le travi a vista del locale, scorgerete la statua di un pinguino affacciato su un balconcino. Nessuna allucinazione o deliri eccentrici da parte dei titolari. Tutto qui a L’Essenziale di Firenze, detiene un significato che vira ben oltre le apparenze. Lascerò che sia Simone Cipriani, cuoco del ristorante, a raccontarvi l’aneddoto del pinguino. Io, mi limiterò ad accennarvi che è collocato lì come fosse la polena di una nave. Animale guida, che anche in natura manifesta una filosofia di leadership davvero unica. Da vivere e condividere con la sua insolita idea di branco fino alla morte. Approccio comune con il motto attitudinale promosso in questo vascello/ristoro indipendente.
Tra queste mura, infatti vige una logica da pirateria ristorativa 3.0: antagonismo gerarchico e ponderato; culto dell’umanità e del valore meritocratico conquistato in battaglia. Secondo impegno, passioni e predisposizione individuale di ogni elemento coinvolto. Ai fuochi e in sala: perché le mansioni di cuochi e camerieri sono fuse e intercambiabili, in continuità di servizio. Una ciurma di liberi e romantici cucinieri – affiatati più che mai – uniti da uno spirito razionalmente ribelle. Dove il giovane Cipriani, si destreggia in veste di capitano dal cuore nobile. Con un ruolo atipico, alla pari degli altri. Guida e mai capo. Proprio come se la vivono i pinguini.
Parto da questo arrembaggio d’animi e intenti, anche se un briciolo di presentazione risulta d’obbligo. L’Essenziale è un ristorante self-made, eretto nel 2016 sulle ceneri di un ritrovo storico fiorentino (Pane e Vino) e ancor prima di un ex-deposito per camion. Lo sottolineo, a onor del lavoro di restyling attuato sugli interni, perché entrati in questo spazio rintraccerete un ambiente che trasuda personalità. Ennemila leghe lontano da quel che ospitava in origine. Un lungo tavolo sociale all’ingresso (come iniezione immediata di convivialità); divanetti predisposti per aperitivo o dopocena e ancora sedute intime e minimali sparse su due livelli. Fin sotto al pass a vista, dove opera la cucina. Apparecchiatura spogliata da qualsiasi mise en place istituzionale. Soltanto bicchieri, tovaglioli e piattini del pane. Perché anche le posate (in sottile richiamo nordic-minimalista) sono custodite in un apposito cassetto a scomparsa posto sotto il tavolo. Lasciando trionfare il verbo della materia: in chiave di ritrovo, alimentazione e ospitalità. Informalità funzionale e concreta.
La rotta Essenziale di Cipriani
Tornando a introdurre il cuoco – artefice di questo contenitore do it yourself – Cipriani è un giovanotto dallo sguardo raggiante, che forse fisicamente non incarna il prototipo del bucaniere da cultura di massa. L’indole però è quella piratesca del giramondo senza frontiere e senza alcun paletto mentale. Che trasporta come bottino di esperienze (tra le tante) una formazione all’Arnolfo di Gaetano Trovato e una determinante avventura al Santo Graal (sempre a Firenze). Dove ha sguainato la sciabola, esibendo e temprando il proprio stile tra ostacoli e avversità del caso. Poi, l’attracco autonomo nel contesto attuale: un ristorante realizzato su misura con l’amico imprenditore Massimiliano Vitali, che avanza col vento in poppa di una rinnovata maturità/consapevolezza. Prolungamento identitario della sua visione di cucina sino a oggi: basata sui frutti del mercato; su ricordi domestici ancestrali; sulle ricette genuine della tradizione e su una lettura di territorialità in perenne movimento. Invitando a salpare lungo viaggi oltre confine (Oriente, Stati Uniti, Europa). Intrapresi in prima linea o anche solo con l’immaginazione. Esternando il carisma narrativo di un intrepido Salgari dei fornelli. Figlio di contaminazioni mutevoli e contemporanee, interiorizzate nel vissuto di ogni membro della squadra. Il tutto, irrompe (nei piatti) in forma estremamente godibile, decisa e vibrante. Quasi spavalda nella sua gamma di contrasti affilati, inanellati senza apparente vincolo o registro etichettabile. Capace di celare, in realtà, un elevato bagaglio tecnico e di conoscenza gastronomica. Padroneggiato col polso impavido di chi sa davvero il fatto suo. Dai veterani della stufa – quali Lorenzo Chirimischi e Daniele Lambruschi – fino alla brillante sommelier Cecilia Mungai in sala (che saprà stupirvi con abbinamenti enologici stimolanti e non banali).
Il Menu – Salto nel buio
La carta, essenziale anch’essa, si articola in due percorsi degustazione battezzati simbolicamente BUIO (6 e 8 portate, rispettivamente a 65 e 80 euro). Un invito a lasciarsi guidare, alla cieca, nei meandri espressivi di questa cucina. Affidandosi all’estro, alla creatività e alle suggestioni del momento. Elaborate secondo la sensibilità del team. Appuntati in lavagna invece, piatti più riconoscibili e sostanziosi, come riassunto istintivo e stagionale di quello che il mercato giornaliero ha da offrire. Noi, ovviamente, ci siamo lanciati in mare aperto. Al buio e senza paura.
Gli snack di benvenuto (che si rivelano veri e propri piatti, per complessità esecutiva) infondono subito un alto grado di gioia e divertimento. Perché è sempre più raro esser accolti con amuse-bouche meritevoli di un dispendio calorico. Quelli dell’Essenziale, sono anche pazzescamente buoni: glorioso Tacos di mais con ultra-crunchy soft shell crab in tempura e maionese al wasabi (accompagnato da un intenso brodo di crostacei e latte di cocco); assuefacente Tartare di seppia spalmabile & pan brioche (montata in crema con burro nocciola, fino a raggiungere una texture vellutata); deliziosi Gnocchi di pomodoro senza farina con acciughe, mozzarella e origano (strizzando l’occhio ai mochi di riso nipponici, su scala mediterranea). Rapidi, taglienti, senza arrancare, si alternano anche gli Gnudi di ricotta, spinaci e limone in estratto di ribollita – manto caloroso, denso, eruttante tradizione – o ancora la Zucca arrosto con brodo di lievito, dal morso fondente e vegetal-carnivoro.
Lo Spaghetto all’aglio nero con cozze e ricci di mare (pensando all’aglio e olio) è un affondo agguerrito, penetrante, di contrappunti iodati e salmastri risolti in pregevole eleganza. Ma si gode, tanto, anche interpellando il dialetto evocativo della cucina casalinga: sia la Tagliatella ai fegatini, salvia e limone; sia il Risotto al ragù di seppie e yuzu (su ricetta originale della nonna di Simone) si rivelano due piccoli capolavori. Capaci di coniugare classicità e modernismo in pochi bocconi, dalla densità emotiva inestimabile.
Rientriamo su rotte marcatamente contemporanee, con l’acidità pungente ed evoluta dell’ottima Quaglia fritta all’aceto di lamponi, lattuga pickled e salsa di noci. Elettrica e persistente. Transitando poi, verso il dolce-non-dolce, con un’eccezionale Indivia piastrata al caffè e crema di parmigiano al limone: umami puro. Il dessert vero e proprio – iperbolico Tiramisù con savoiardo al matcha, gelato al tè verde e capperi soffiati – ribadisce grintosamente le tonalità espresse nel corso di tutto il pasto. Invitando nuovamente a salpare, appena terminato il percorso. Per sentirsi di nuovo liberi e temerari, insieme a questa ciurma di pirati dall’indole essenziale.
Essenziale
Piazza di Cestello, 3R
50124 Firenze (FI)
Tel: + 39 055 247 6956
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