Testo di Greta Contardo
Foto cortesia di Roots of Excellence
La qualità è un concetto bizzarro: la riconosciamo senza saperla definire, è simultaneamente soggettiva e oggettiva, è un parametro misurabile, ma non ha unità di misura, è una combinazione di fattori tangibili e intangibili, la osanniamo ma a volte fatichiamo a identificarne l’autenticità. Nel macrocosmo enogastronomico, la qualità assume una sorta di dimensione metafisica: è prodotto ma è anche produttore, è un sottile equilibrio tra passione e competenza, è storia di un territorio rinforzato da legami emotivi. Significa armonia tra tecnica, scelte produttive e anima.
Qualità è il termine che sintetizza i tre giorni – 27,28 e 29 luglio – di un evento a dir poco atomico: Roots of Excellence alla sua prima re-edizione a San Cassiano, nel fascino delle Dolomiti altoatesine organizzato dallo storico baluardo dell’ospitalità di zona: il Ciasa Salares. Un racconto contemporaneo, spontaneo e lungimirante dello stato dell’arte del mondo del cibo e del vino in 45 produttori di vino provenienti da tutta Europa, 20 tra ristoranti, osterie e wine bar dal nord al sud Italia, 8 produttori e affinatori di salumi e formaggi e 7 distribuzioni di vino per un innumerevole numero di bottiglie stappate. Niente retorica e sovrastrutture, “solo” spazio all’incontro, alle sinergie, all’apprezzamento. Minimo comune denominatore: la forza dei legami di amicizia. Come? Tre giornate en plein air dedicate rispettivamente alla baita in alta quota, al fuoco della brace incantatrice e alla casa dove tutto ha avuto origine. Tre scenografie che hanno fatto da chiavi di lettura per conoscere artigiani, chef, vignaioli e ristoratori illuminati, stimolando lo scambio creativo e fornendo il “metro della qualità”.
Radici dell’eccellenza tradotto à la volée delinea il nucleo delle tre giornate: la ricerca emotiva e consapevole di tutto ciò che si distingue per una qualità fuori dal comune, senza limiti territoriali nella logica del “chilometro vero”. “Estrema qualità” direbbero alcuni, ma l’evento suggerisce che questa eccezione può (o meglio: deve) diventare la regola. E non importa dove, importa come: il futuro passa per l’autenticità come scelta di vita e l’eccellenza come mezzo di comunicazione. Sì, stiamo sempre parlando di cibo e vino perché il lato vivibile si mangia e beve, ma non si analizza, piuttosto si conosce, non si degusta, ma si gode. Perché la nuova comprensione della qualità a tutto campo mette da parte punteggi, competizione, manie di protagonismo e via dicendo e si interessa “solo” di offrire il meglio, sotto ogni punto di vista, e di farlo percepire questo meglio con assaggi che colpiscono dritto al cuore prima di arrivare nella pancia.
Ciasa Salares, la casa dove tutto è iniziato e dove tutto continua
Persone, first. Questa è l’essenza della qualità intesa da Roots of Excellence che mette al centro “chi fa” prima ancora di “cosa fa” e indica nella collaborazione la strada da percorrere per un futuro se non più roseo, almeno più disinvolto e consapevole che dà il tutto per tutto a favore della genuinità. Non l’idea ma la visione di quello che c’è da valorizzare ce l’hanno gli organizzatori: la famiglia Weiser dell’iconico albergo Ciasa Salares di San Cassiano, una storia di ospitalità e calore famigliare iniziata nel 1964 da Hilda e Pauli con 12 camere, ampliata negli anni 80 e caratterizzata negli anni 90 da Stefan e Wilma che hanno posto l’accento sulla ristorazione e, soprattutto, sull’attenzione alle materie prime oltre territorio con un focus particolare sul mondo vino; e che ora sta scrivendo nuove pagine con la terza generazione, Jan Clemens e la compagna Sara, che affiancando Stefan e Wilma proseguono il percorso di crescita con una linea ben definita. È Clemens a raccontarci accenni di passato e direzioni future: “In questi giorni riceveremo la Certificazione GSTC, siamo i primi della valle. Il marchio riconosce una serie di misure improntate alla sostenibilità alberghiera che vanno dalla scelta dei saponi al lavoro di promozione turistica della destinazione. Al Ciasa, ad esempio, prima delle escursioni forniscono agli ospiti sacchetti per la spazzatura che poi verrà smistata dall’albergo negli appositi contenitori. Prosegue Clemens: “Ora le camere sono 47, ma l’obiettivo è di ridurle a 38 entro i prossimi tre anni, allargando le camere e mantenendo la stessa quantità di staff. Quindi aumentare la qualità del servizio e, finalmente, cercare di introdurre le cinque giornate lavorative”. Se non è lungimiranza questa…
Il food & beverage ha fatto però la storia del Ciasa Salares con un ristorante, La Siriola – che dal 2019 non esiste più (o meglio esiste, così com’era, ma è chiuso con l’intenzione di non riaprire) e che non troppo tempo fa ha vantato il lustro delle 2 stelle Michelin – e con una cantina mastodontica a cui è difficile dare una definizione. Pazzesca, da sogno, totalmente inaspettata ospita tra le 17.000 e le 24.000 bottiglie a pieno regime con una fascia di prezzo che va dai 26 ai 28.000 euro, con un’impattante ampia e accurata selezione di vini artigianali, opera di Stefan a cui Clemens sta dando giunta. Tutti questi vini naturali in una terra, l’Alto Adige, con il minor numero di produttori che seguono quella direzione, how come? Racconta Clemens: “Nel ‘92 mio padre è andato a fare il corso di biodinamica da Stefano Bellotti lì e ha perso completamente la bussola per i vini naturali. È andato a visitare poi Nicolas Joly tutti i vari produttori. Già nel ‘96 forse avevamo già una delle carte più interessanti. Mio padre poi è, come me, un tipo molto eclettico e come vino non vuole mai bere la stessa cosa più di due volte, quindi, era una carta dei vini veramente attraente, arrivava gente da tutta Italia per assaggiare i primi vini austriaci, i vini californiani. Nei primi anni 2000 fece la prima carta dei vini italiana divisa con i vini naturali da una parte i convenzionali dall’altra, prendendosi minacce e insulti. A oggi a oggi è forse una delle più collezioni di naturali più grandi d’Italia ed è molto particolare perché è particolarmente orizzontale. Noi non abbiamo profondità dello stesso produttore – a parte Gravner – cerchiamo semplicemente di comprare sempre le migliori annate. È una cantina veramente varia, con un 60% di referenze italiane e un occhio di riguardo per le varietà autoctone più sconosciute. Ci piace giocare, soprattutto con quella clientela estera attenta, a presentare the undiscovered Italy, facendo assaggiare chicche dallo schioppettino al pecorello calabrese alla tintilia molisana. Il resto della cantina invece è sparso principalmente tra Spagna e Francia e Austria e Germania anche una bella parte di Repubblica Ceca e Slovacchia.
La Siriola, dicevamo, ha chiuso a fine 2019, e il nuovo biglietto da visita dell’albergo è diventato il Cocun Cellar, il locale negli spazi – bellissimi – della cantina, il progetto di Clemens. Tutto in mano agli under 30, è un luogo di informalità e divertimento con attenta cura dell’ospite. Il vino si sceglie dalla Bibbia che riporta le migliaia di etichette che si vedono dappertutto alle pareti oppure si chiede consiglio, la cucina segue il vino e come il vino è varia e con rimandi a culture del mondo, senza fronzoli, ma con maniacale cura del prodotto. E poi ci sono le stanze tematiche, gemme nascoste, in cui ci si immerge del resto per focalizzarsi su un minuscolo pezzo di universo: c’è quella della stagionatura dei salumi, quella dei formaggi dove mangiare con un frigo colmo di latticini a fare da sfondo, c’è quella del cioccolato con oltre cento tipologie di lavorati a partire dal Theobroma cacao e, ancora, quella dei distillati, la più piccola, la più segreta. È forse l’impostazione stessa del Cocun Cellar l’ispirazione di Roots of Excellence? Può darsi, sicuramente la ristorazione sincera, ibrida e open-mind del Cocun racconta molto del futuro che ci auspichiamo.
Torniamo a Roots of Excellence per capirlo un po’ meglio
In che senso è la prima re-edizione? L’evento era nato nel 2017 in piccolo, per festeggiare le due stelle Michelin e per rivedere gli amici. Spiega Clemens: “Non si faceva più la Chefs Cup, un evento bellissimo che noi facevamo a gennaio in collaborazione con Norbert Niederkofler che in tre giorni portava 450 persone con un programma di cucina incredibile e produttori di vino e così, il primo anno senza Chefs Cup abbiamo capito quanto ci mancasse, perché non avevamo avuto l’occasione di rivedere un sacco di persone, avevamo perso un sacco di contatti. Quindi abbiamo deciso che dovevamo fare qualcosa e così è nato il primo Roots of Excellence, abbiamo invitato i ristoratori e gli amici di famiglia che hanno fatto i piatti che fanno a casa. Era proprio una giornata di tra amici con l’obiettivo di aggregare persone. Poi sono è arrivata la seconda edizione l’abbiamo che abbiamo curato un po’ di più, su due giornate, dove la prima era dedicata allo street food italiano e poi la domenica abbiamo fatto una giornata più gourmet. Poi la terza edizione, che secondo me è stata la più bella, c’era già in parte l’imprinting gourmet di Matteo (Metullio, ex chef de La Siriola ora Harry’s Piccolo a Trieste) e poi c’era quella un po’ più punk legata al vino che era a mia cura”. Erano edizioni invernali queste, con un altro sentimento legato ai tempi che si stava vivendo che, seppur non così distanti, erano altri tempi. Quest’anno che Roots of Excellence is back, la sfida si fa più grande. La base di “grande festa tra amici” rimane il core a cui si aggiunge la voglia di far dialogare la crème de la crème della scena enogastronomica contemporanea. “Quest’estate ci siamo messi in gioco perché prima facevamo un giorno, due notti a fine stagione invernale. Invece per il grande ritorno abbiamo scelto tre giornate d’estate. L’ultimo week end di luglio è l’unico periodo in Italia per fare un evento sul vino senza pestare i piedi a nessuno e senza disturbare troppo i vignaioli che comunque stanno servendo molto preoccupati perché tra la vendemmia sta arrivando”.
E così arriviamo all’edizione 2024, che sarebbe la quarta, ma che ha tutta l’energia e il fervore della prima volta (parliamo al presente perché lo spirito dell’evento è ancora attivo). I partecipanti sono tutti amici, ci tiene a precisare Clemens, persone che sono sulla stessa lunghezza d’onda di pensiero della famiglia Weiser. “Sono tutti i ragazzi che danno da mangiare a un sacco di gente, che fanno dei piatti veramente innovativi, che sono originali, hanno uno stile tutto loro e vanno apprezzati per la loro diversità, esattamente come i vini che stiamo vivendo in questi giorni. Questo trovo essere un filo rouge molto coerente e molto interessante”. Continua: “Credo che la cosa la cosa più lampante di Roots sia la connessione tra tutti i partecipanti. Basta pensare a quelli che hanno fatto l’evento il primo giorno e che il giorno dopo già chiamavano tutti i produttori per nome. Si crea un contatto umano direttamente con il produttore e questo porti a casa. Che poi magari un giorno quando per caso ti trovi in vacanza in Spagna e sei in costa brava prendi la macchina e vai a trovare Joan Ramon Escoda e ti bevi i suoi vini perché ti ricordi di quell’incontro speciale con lui avvenuto qui. Poi, detto fuori dai denti, ho invitato tutta la roba che piace a me!”.
Roots of Excellence is back: l’edizione 2024
Con una combinazione di personaggi e prodotti con pochi eguali qualitativi, le tre giornate hanno consacrato l’intesa tra valori condivisi e voglia di stare insieme. La baita in alta quota al Piz Sorega (giorno 1) ha radunato perle rare tra salumi, formaggi e carni. Tra i salumi c’erano lo sloveno Bio Sing con uno stupefacente salame d’orso affinato tre anni, Remedio Sánchez da Salamanca con il fenomenale jamon ibérico de bellota, Vigneto San Vito Federico Orsi con la sua mortadella leggendaria e il Ciasa Salares con lo speck di casa, piccola produzione di un prodotto che conviene assaggiare realizzato con tutti i crismi della tradizione che risultano in un meraviglioso grasso che difficilmente si trova in uno speck qualunque. Tra i formaggi, tanta scena e ancora più sostanza dal duo delle meraviglie – Hakim e Luca – del Bù Cheese Bar a Bergamo che hanno presentato una corposa selezione di formaggi delle Alpi Orobiche e delle Cheese Valleys che circondano la provincia di Bergamo, offrendo una panoramica tutt’altro che scontata delle forme del latte. Anche l’Azienda Agricola Foradori ha portato tre prodotti strettamente legati alle loro montagne trentine: preziosi formaggi in produzione limitata, a latte crudo e sieroinnesto , che raccontano di pascoli e fioriture, che sono vivi ed energici proprio come i vini Foradori, non a caso presenti ad accompagnare i formaggi. E ancora la selezione di Guffanti, noto “allevatore di formaggi” di Arona, tra cui non poteva mancare il gorgonzola, da cui tutto il progetto partì con Luigi Guffanti nel 1876. Poi la toscana Macelleria Sani con la Tarese del Valdarno, sbriciolona e buristo e la piemontese Macelleria Oberto con il Salame di Fassona, la sua tartare e la noce in due versioni. Poi i ristoranti, con il Cocun Cellar a curare la parte vegetale con Cuore di lattuga alla brace, salsa ceasar alle mandorle, hummus di lenticchie, mosto di fichi e cipolla rossa essiccata eCotoletta di melanzana perlina al miso di papavero, salsa satay, rafano fresco e ketchup di zucchine e piselli; il Millenium Pub di Cusano Mitri con una ricca scelta di Presidi Slow Food della Campania e il Sori Restaurant (parte del Ciasa Salares) con i Ravioli di barbabietola rossa con formaggio grigio e cioccolato bianco. E il vino? Daniele Parma Azienda Agricola La Ricolla (Chiavari), Joan Escoda Escoda Sanahuja (Tarragona Espana), Federico Orsi Vigneto San Vito (Bologna), Champagne Justin Maillard ( Bar Sur Seine Champagne), Izmael Gozalo Microbio Wines (Segovia Espana), Daniel Ramos ( Gredos Espana), Riccardo Lopez Vinos al Margen (Salamanca Espana), Elisabetta Foradori (Mezzolombardo), La Fabbrica di San Martino (Lucca), Wine Governo (Scelta di Vite /Indomiti / Montegoggio / Faedesfa), Sasa Radikon (Radikon Wines). E ancora, i super superalcolici selezione Velier con il mitico Angelo Canessa alla miscelazione.
Nella giornata del fuoco invece l’epicentro si è spostato negli spazi attrezzati del Sass Dlacia alle porte del Parco Naturale Fanes-Senes-Braies. Obiettivo brace e cotture primordiali. Risultato? Un parterre pazzesco di cuochi-amici-produttori in perfetta sintonia. E grandi esiti mangerecci. Ecco la formazione: L’Ostì Ristorante di Corvara con le Costine di cervo con salsa di frattaglie di capriolo lavorate con pomodori e peperoni fermentati; Gino’s BBQ di Padova con Taco di lattuga e maiale asado alle erbe e Pomodoro costoluto alla brace, “guacamole” di fichi e capperi; Ahimè a Bologna con Cuore di manzo al barbera chinato, funghi, yogurt caramellato e cipolla in conserva; il Cocun Cellar Restaurant con gli Involtini di verza fermentata, riso al curry e pastinaca e i Cardoncelli marinati alla brace, bagna cauda e santoreggia; Octavin di Arezzo con lo Spiedino di grigio del casentino e salsa all’olivello spinoso; i Mini buns di Olivieri 1882 con il Pulled beef e la coleslsaw di tuberi; ilMillenium Pub con il Soffritto misto di agnello, maiale e vitello; la squadra del Bù Cheese Bar con la scenografica Polenta taragna in paiolo di rame e infine il grande ritorno di Diletta Zenna (ve la ricordate su Cook_inc. 34) con la sua Torta di rose con fondo vegetale e salsa fermentata ai frutti di bosco. Poi chiacchiere, musica, risate e falò al tramonto. Ovviamente innaffiato da uno squadrone alcolico di tutto rispetto, con Sasa Radikon Radikon Wines (Oslavja), Marco Tinessa Cantine Ognostro (Vulture), Fabrizio Iuli Cascina Iuli (Monferrato), Morgan Truchetet Domaine Truchetet (Borgogna), Vignoble de Pauline (Borgogna), Daniele Parma La Ricolla (Chiavari) – Martin Gojer Tenuta Pranzegg (Bolzano), Joan Escoda Escoda Sanahuja (Tarragona Espana), Izmael Gozalo Microbio Wines (Segovia Espana), Daniel Ramos (Gredos Espana), Riccardo Lopez Vinos al Margen (Salamanca Espana), Arcari Danesi (Franciacorta).
E infine la casa, come da tradizione, per il massimo del calore famigliare e della festa, con una line up scoppiettante di eccellenze più o meno note: Vino Vero di Venezia con i Cicchetti veneziani, la Cantina del Tormento di Vicenza con i Nervetti di vitello, cipolla e brioche sfogliata; Pollastro nostrano vicentino”in tecia”, fegatini, fagioli e patate novelle, l’Osteria Michiletta di Cesena con la Battuta di razza bovina romagnola, pan brioche e salsa tartara, Balin di Sestri Levante con Kimchi mandu, gamberi rosa, maionese al cocco e elicrisio e Crudo di pesce, acqua di pomodoro fermentata, pasta di alga nori, pomodorini confit e foglia di fico, il Bar Manuela (La Villa in Badia- IT) con i Canederli di fegato in brodo, Origini Bacoli con la Pasta mista “Rapigrano”, legumi, cozze e papaccella napoletana, ilMillenium Pub con le Pizze ai grani antichi, l’Ostreria Fratelli Pavesi con la Bomba di riso, Cristian Sainato a Moneglia Baozi ripieno di seppie in zimino, Elisabetta Merlo, sempre da Moneglia, A-MARE: mousse allo yogurt e amarene glassate, savoiardo, caramello al miso, spuma allo yuzu e colatura di alici. E i padroni di casa del Cocun con gli Spiedini di piccione in salsa agropiccante, sesamo tostato, kumquat e foglie di wasabi e la Trota Fario alla brace, le sue uova, beurre blanc alla menta e germogli di pisello.
Djset di Luca Cammarata e infiniti vini a mescita. Line up vino? Covibio – Vigneto San Vito (Colli Bolognesi), Az. Agr. Masiero (Selva di Trissino), Tenuta Selvadolce (Bordighera), De Fermo (Loreto Aprutino), Macchion dei Lupi (Suvereto), Voltumna (Valdarno), Ampeleja (Grosseto), Villa Calicantus (Bardolino), Stand Triple A con selezione by Alberto Farinasso, Vini Volanti (selezione by Raffaele Mor), Peter Radovich (Carso), Cascina Iuli (Monferrato), Patrick Uccelli (Salorno), Arcari Danesi (Franciacorta), Selezione Aviner (Federico Marchiori), Simon Bize (Borgogna), Joan Escoda Escoda Sanahuja (Tarragona Espana), Izmael Gozalo Microbio Wines ( Segovia Espana), Daniel Ramos (Gredos Espana), Riccardo Lopez Vinos al Margen (Salamanca Espana), Martin Gojer Tenuta Pranzegg (Bolzano), Wine Governo: Scelta di Vite (Colli Euganei ), Faedesfa (Rovolon), Indomiti (Colli Berici), Montegoggio (Breganze). Superalcolici Selezione Velier e tanta serenità.
In sostanza? Roots of Excellence ha acceso i riflettori sull’essenza della qualità e sul futuro della ristorazione che ci dovremmo tutti augurare, fatto di identità, apertura mentale, eccellenza senza compromessi, competenze, consapevolezza e tanta voglia genuina di condivisione.