Testo di Greta Contardo
Foto di Lorenzo Noccioli
Prendi un’osteria romagnola molto ganza, vivace e dinamica, mettici la cucina di uno dei tristellati più iconici d’Oltralpe. Riesci a immaginarlo? È semplice, il risultato è un’esperienza fantastica, che ha dell’incredibile, forse dell’irrepetibile, sicuramente dell’inedito.
È successo a Santarcangelo di Romagna, all’Osteria da Oreste, “un luogo che onora il rito dell’ospitalità intorno al buon cibo e al buon vino” con piatti legati al territorio, alla stagionalità e alla genuinità dei sapori elaborati in chiave attuale con un attentissimo occhio di riguardo per la scelta delle materie prime di produttori locali che lavorano secondo i canoni artigiani ed etici del lavorare bene. Qui il 6 e 7 gennaio la cucina chef francese dello chef Georges Blanc – tre stelle Michelin a Vonnas – ha animato il week end in osteria.
Otto cuochi della brigata stellata, guidati da Matteo Rossatto, hanno preparato un menu eccezionale con i piatti storici ed emblematici del famosissimo ristorante di Vonnas (con qualche nuova trovata geniale). Un’operazione tutt’altro semplice applicata in una micro-cucina da osteria abituata a ospitare 2/3 cuochi e che per due giorni ne ha dovuti contenere oltre otto, con tutte le preparazioni. E l’esito sorprendente è anche spunto di riflessione: sapori pazzeschi, incredibili (“esattamente quelli che troveresti al ristorante a Vonnas”) in modalità da osteria, con un pizzico meno di cura nella definizione dell’impiattamento, senza spettacolarizzazione al tavolo, con un po’ di condivisione degli elementi e con la bellissima informalità di servizio condita con l’allegria e lo spirito giocondo di Lucia Chiavari e Nicola Fanti, i padroni di casa (assieme a Giorgio Rattini, cuoco, e Alessandro Gotti, interior designer).
Il match Geogers Blanc/Oreste è il risultato di una bella amicizia nata in Alma, scuola di alta formazione in cucina a Colorno, tra Giorgio Rattini e Matteo Rossatto. Dall’amicizia l’idea un po’ matta di questa combo di serate e il resto è storia e passerà alla storia. Matteo, è chef di cucina di quel tempio francese a nord di Lione notissimo per l’incanto del servizio del pollo di Bresse. Insieme a Florent Maréchau (l’executive chef) e al figlio di Blanc Fredéric dirige il ristorante tre stelle e si occupa di organizzare il lavoro della brigata composta da oltre trenta cuochi tra pasticceria e cucina, con un’elevatissima percentuale di italiani.
L’evento così unico e senza precedenti è stato persino inserito nel programma delle Anteprime della Tempi di Recupero Week 2024 – che si terrà dal 3 all’11 febbraio. E anche qui: cosa c’entra un evento di cucina francesissima in un’ottima osteria fra storica classicità e benessere contemporaneo con l’Associazione Tempi di Recupero che valorizza la cultura del recupero gastronomico a partire da materie prime, prodotti e produzioni? Intanto i valori, ampiamente condivisivi da Osteria da Oreste, e poi il fil rouge “celato” dalla meravigliosa sovrabbondanza del burro: “del pollo non si butta via niente” dice Matteo annunciando a inizio serata che tutto quel che non è stato cucinato è stato recuperato. Emblematica è la Focaccia di pollo a testimonianza del recupero integrale del volatile: “recuperiamo tutto il grasso sottopelle, lo facciamo sciogliere fino a ottenere una sorta di burro chiarificato. Lo facciamo raffreddare e usiamo questo burro per fare la focaccia come se fosse uno strutto”. Inutile provare a descriverne l’intensità aromatica, confortante.
La serata si è aperta con l’Aperitivo Vonnassien, alla scoperta di alcuni degli aperitivi emblematici: dall’ostrica che riprende l’ostrica in gelée francese con caviale, ma la rinfresca e ammorbidisce con crema di mascarpone, scalogni cotti nell’aceto, ostrica a coprire, daikon croccante, zenzero agrodolce, dragoncello, plouche di sedano, pepe timut agrumato e un aceto allo scalogno; alla Tartelletta di cacao, crema di fegatini di pollo di Bresse saltati in padella con il Cognac, terrina di foie gras glassata con il Madeira e uvetta sultanina cotta nel cognac e sedano acido. Ancora il classicone francese, le lumache cotte nel burro, con zenzero e prezzemolo. E una salsa che riprende una bouillabasse francese con alla base crostini cotti nel midollo, dragoncello, aceto balsamico invecchiamo e spuma di bouillabasse piccante.
La salsa introduce l’altro filo conduttore della serata: le salse, appunto. Passione e un po’ ossessione di Matteo che racconta: “Quando creiamo nuovi piatti, prima nasce la salsa e poi il piatto. Finché non troviamo la salsa che ci piace non facciamo nulla. Una volta convinti, scegliamo se usarla per carne o pesce. Ma la salsa è sempre vegetale”. La cena prosegue con la Fragranza autunnale per il piccione Pierre-Eudes, una revisione del vitello tonnato con maniacale cura sia della carne che della salsa, una maionese al coriandolo, finocchio cotto nel succo di limone, uova di luccio affumicato e ventresca di tonno. In sequenza arriva una croccante Pastilla des Cuisses di tutto recupero del piccione, con limone e pecorino di Fossa. Poi è la volta del L’emblematico branzino in salsa Mariniére, piatto storico in cui è la salsa citrica-burrosa a terminare la cottura del pesce. A metà cena è il turno della grande attesa: la
La Poularde di Bresse cotta in forno dopo esser stata marinata in latte fermentato che rende la carne fondente. Con la pollastra rosa di zucca, cipollina borettana con pesto di coriandolo e nocciola, tamarindo, purea di sedano rapa e burro nocciola, salsa vino rosso con ginepro e midollo e poi albicocca a mo’ di maritozzo farcita con cipolla, bacche di goji e pinoli. E poi altre salse da mangiare con il cucchiaio, in condivisione: purea di castagna cotta nel latte e salsa vegetale a base di scalogno, Jura, Porto e Madeira e infine una salsa fatta con tutti gli scarti del pollo, arricchita prima del servizio con terrina di foie gras champagne e aceto di vino rosso. Un piatto che somiglia a un pasto intero e che rende onore alla famosa Poularde.
Seguono le Rane in Persillade “comme en Dombes” grosse e carnose, panate in farina 00 e grano saraceno e rosolate nel burro. Poi messe in cocotte con il burro di cottura recuperato e filtrato, il prezzemolo e l’aglio. E nappate continuamente di burro. Da sciogliersi in quel burro. L’Animella di vitello alla mediterranea chiude il round dei salati e arrivano i dolci: La mela e il fungo porcino e il Soufflè al frutto della passione. Soavi, dolcissime, conclusioni di una cena impossibile da dimenticare che, come da cliché, si chiude davvero con un boccone di madeleine che in questo caso non evoca ricordi, ma sigilla il ricordo di una cena così speciale.
Sorge spontanea la domanda: e ora quando lo rifate? Così come il pensiero: “dovrebbe essere sempre così il connubio tra cibo e godimento”. Ma per fortuna poi la mente si scrolla di dosso il burro e ragiona: “Si possono ripetere le azioni: i pensieri non ritornano mai identici”. E un episodio così unico assume ancora più significato. Torniamo a casa con un’immagine che è un vero e proprio sogno: i piatti dell’Osteria da Oreste a Vonnas, da Georges Blanc. E chissà che questo sogno si avveri: in fondo chi può sognarlo può falro.
Osteria da Oreste
Via Pio Massani, 14
47822 Santarcangelo di Romagna (RN)
Tel: +39 347 770 3624
www.osteriadaoreste.it