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Testo di Claudia van den Berg Morelli
Foto di Adrián Baúlde
“Sono queste donne le vere Stelle Michelin” disse Lucía Freitas (chef del ristorante A Tafona, a Santiago de Compostela) sul palco del congresso Gastronomika a San Sebastian lo scorso ottobre, quando presentò per la prima volta il suo progetto Amas da Terra.
Le Amas da Terra sono le donne galiziane che da sempre occupano un ruolo primario e centrale nella vita quotidiana, soprattutto nelle zone rurali. Sono contadine, agricoltrici, pescatrici, cuoche, casare, allevatrici, produttrici e artigiane, oltre a essere madri e nonne. Sono a tutti gli effetti le capofamiglia e ne controllano la vita economica e legale, un ruolo tradizionalmente riservato agli uomini. Sono spesso rimaste invisibili, nell’ombra, e ancora oggi lo sono. Freitas, con il suo progetto, si presenta quindi come un megafono che vuole dare voce al duro lavoro di questo matriarcato galiziano spostando i riflettori su di loro. La chef ci ha portato a conoscere personalmente le Amas e a scoprire i loro mondi.
Le Amas del Mercato di Abastos con Lucía Freitas. Dall’alto a sinistra, in senso orario: Margarita Vales, Cruz Barreiro, Magdalena de O Pino e María de Lavacolla
Le donne del mercato sono forze della natura. Si svegliano alle prime ore della mattina e partono dai loro paesini per andare al Mercato di Abastos a Santiago de Compostela (pensate ai tempi in cui non c’erano le auto). Quando chiudono i cancelli del mercato nel tardo pomeriggio, le Amas non si fermano e iniziano le pulizie, anche dopo una giornata di lavoro estenuante senza tregua, Poi tornano a curare la loro terra oppure vanno all’asta del pesce, in preparazione del giorno dopo. Vivono in questo loop infinito, portando avanti lavoro e famiglia senza mai lamentarsi, rimanendo nel loro piccolo e in modo strettamente artigianale. Sono infatti gli accademici del programma CISPAC (un progetto inter-universitario che fa ricerca multidisciplinare sulla storia del territorio) a sottolineare che questi modi di produrre spesso etichettati “antichi” o “arretrati”, sono in realtà sempre stati sostenibili. La ormai buzzword “circular economy” non esiste in questo contesto: le artigiane hanno sempre lavorato così, a stretto contatto con il ritmo della natura e ben lontane dalle produzioni intensive.
Ricercatori Lourenzo Fernandez-Prieto e Stefania Barca con Lucía Freitas alla sede di CISPAC nella
Cidade da Cultura a Santiago de Compostela
Un’altra cosa che non esiste per le Amas è la giornata libera. Come racconta Ana, allevatrice; anche il giorno in cui suo papà è mancato, qualcuno ha dovuto portare le vacche al pascolo. “Quando si lavora con animali, non c’è scelta, è più di un lavoro, è uno stile di vita”. Insieme alla socia, Marta, queste due bombe di energia sono pioniere nel loro settore, con la linea di latte e yogurt chiamata Sen Máis (tradotto letteralmente “senza altro”): manipolati al minimo e distribuiti in contenitori di vetro, come si faceva una volta. È Marta infatti che va consegnare i prodotti, passando dalla città con il suo carretto facendo rumore con le bottiglie e risvegliando la dolce memoria di generazioni che sono cresciute con il lattaio. E attenzione! Il loro impatto non si ferma alla cooperativa lattiera: Marta è fondatrice dei primi festival Agroqueer, movimento che è stato abbracciato dai galiziani e che sta cambiando e formando la percezione del mondo queer nelle zone rurali; mentre Ana si presenterà alle prossime elezioni locali, per dare voce non solo al settore di allevamento galiziano, ma a tutta la zona rurale di Ulloa, nella provincia di Lugo.
Ana Corredoira e Marta Álvarez della cooperativa Sen Máis a Granxa A Cernada (Lugo)
Passiamo dalla terra al mare, una delle più importanti risorse dell’economia galiziana. Cozze, vongole, capesante, ostriche… da secoli i gallegos lavorano i loro 1.300 chilometri di costa atlantica. L’incontro delle rías – profonde baie che ricordano i fiordi norvegesi – con le acque salate dell’oceano creano l’ambiente ideale per la crescita di questi frutti di mare.
Concha Ramallo e la pesca di percebes a Corrubedo
Tra le Amas ci sono le mariscadoras, che raccolgono molluschi lungo le rive sabbiose quando le maree sono basse; le percebeiras, che si arrampicano sugli scogli e staccano il crostaceo direttamente dalla roccia con un coltellino; e le pescatrici che con le loro barchette e senza timore affrontano le correnti atlantiche.
Ma da raccoglitore a consumatore, come funziona la catena? Seguiamo il percorso di una singola vongola: viene raccolta (tradizionalmente da donne) lungo le rive sabbiose con un rastrello e misurata per assicurare la grandezza giusta. Le autorità locali ogni giorno annunciano le quantità che possono essere raccolte da ciascuna mariscadora, gli orari di marea bassa e le zone di raccolta. Questo è necessario per far riposare gli ecosistemi delle rive ed evitare la sovra-pesca. Le donne spesso raccolgono in gruppo con amiche e/o familiari e, una volta raggiunta la quantità del giorno, si radunano per contare e smistare il raccolto in base alla tipologia di vongola. Finito questo lavoro, sono pronte ad andare all’asta del pesce.
Patricia Vázquez e le altre mariscadoras a Cambados
La vongola viene venduta all’asta, dove altre Amas arrivano nelle prime ore del mattino. Da lì, viene trasportata a un impianto di depurazione (passaggio legalmente e igienicamente necessario) che si trova lungo la costa e dove la vongola viene messa a “riposare” in grandi vasche in cui scorre acqua salina dell’oceano ad infinitum, ossigenata e con l’aggiunta di cloro, per levare ogni impurezza. Una volta pulita, è pronta per essere venduta al consumatore finale: ristoranti, business, o direttamente al mercato.
Candi Pérez e l’impianto di depurazione a Cambados
Questo forte legame in Galizia con il mare, la terra, l’agricoltura e la pastorizia si traduce in un patrimonio gastronomico straordinario. La qualità del prodotto primario fa sì che non ci sia bisogno di grandi preparazioni elaborate, e si tende a utilizzare tutte le parti dell’animale, minimizzando ogni spreco. Nelle casa de comidas (ristoranti locali tradizionali, quasi sempre multi-generazionali) si trovano i piatti tipici come le empanadas, simbolo regionale e che ogni cuoca/o fa a modo suo. A differenza di quella dell’America Latina, la empanada galiziana è una unica torta salata, preparata con farine di vario tipo (grano, mais) e farcita in modo fantasioso.
Da sinistra verso destra in senso orario: Antonio Lorenzo Gay con la madre Ana Gay e Lucía Freitas – Ristorante A Faragulla (Chantada, Lugo); Dolores e Noelia García preparando la loro empanada di pesce con farina di mais – Ristorante Casa Peto Outes (Serra de Outes, A Coruña); Irene Lojo, Saladina Abal e Celia Abal, le tre generazioni di Ristorante Tio Benito (Ribadumia, Pontevedra).
Le Amas da Terra è un progetto di sorellanza formidabile, con un grande impatto economico e sociale. In questa storia di tante storie, abbiamo cercato per un breve attimo di fare come Lucía: di rendere visibile l’invisibile e di dare voce alle Amas galiziane.
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Sopra, da sinistra: Margarita Vales, Laura Delgado, Susana Anta, Ana Corredoira, Marta Álvarez, Esther Teijeiro, Ana Gay, Ana Vázquez, Concha Ramallo, Candi Pérez, Noelia García, Dolores García, Patricia Vázquez, Cruz Barreiro, Pilar Álvarez, Magdalena de O Pino, María de Lavacolla, Amparo Vázquez.