Testo di Cristina Ropa
Foto cortesia di It’s Wonderfood
Le storie hanno un potere infinito. Possono ispirare profonde riflessioni trasformative, accompagnarci nella conoscenza di noi stessi e del mondo, suggerire stili di vita migliorativi che mai avremmo immaginato. Il modo in cui le raccontiamo determina tutto.
Per poterlo fare in modo efficace nel mondo del Food, Soluzione Group – in collaborazione con Scuola Holden e con il contributo scientifico dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – ha organizzato “Oh, It’s Wonderfood – il racconto del cibo da nuovi punti di vista”: una prima edizione dell’evento X-FOOD, un format in stile TED che vuole ispirare i marketing manager dei brand food & beverage attraverso la presenza di esperti, influencer, leader di pensiero e creativi. Temi ricorrenti di questo incontro, svoltosi martedì 6 giugno ai Teatri di Vita di Bologna, sono stati la narrazione del cibo, le tendenze di consumo e le prospettive future. Cinque i punti irrinunciabili individuati da Michele Rinaldi, CEO e Head of Strategy Soluzione Group da cui partire per poter rivoluzionare il modo di fare comunicazione e marketing nell’ambito food: mettere al centro delle pubbliche relazioni lo storytelling; reinventare le categorie e contaminarsi; avere il coraggio di non piacere a tutti e quindi passare dal posizionamento alla presa di posizione; rendersi conto che il rapporto con la tecnologia è destinato a cambiare per sempre; ispirare le persone raccontando loro il perché viene realizzato un prodotto, conquistarli.
Ma qual è ad oggi il nostro rapporto con lo spreco e l’abbondanza, essendo una delle grandi sfide del nostro secolo in ambito alimentare? Ne ha parlato Giuseppe Mazza nel suo talk “Ti saluta il frigo” citando un geniale esperimento sociale svoltosi a New York dal titolo “nel tuo frigo c’è molto di più di quanto pensi”, dov’è stato rilevato quanto sia scarsa la nostra attenzione nell’osservare ciò che il nostro frigo contiene; questa è sicuramente una delle cause primarie di spreco di cibo, che invece potremmo utilizzare per realizzare innovative e deliziose ricette. Siamo passati dagli anni 30-60 in cui il frigo era considerato un elettrodomestico di grande prestigio, ad oggi, dal quale ci siamo completamente distaccati. In Occidente sono nati i frigo condominiali e comunitari mentre l’Asia, influenzata dai nostri eccessi, ha fatto del frigo un simbolo di prosperità ad oggi divenuto oggetto sempre più personalizzato e irrinunciabile.
Una lettura che evidenzia evoluzioni e narrazioni diverse tra le varie culture, analisi possibile grazie ai dati che secondo Donata Columbro, giornalista e ospite dell’evento, sono preziosi indicatori. Fuori dalla media ci sono gli outlier definiti “uccelli sperduti”, protagonisti di storie che non rientrano che non rientrano nei canoni e nelle misurazioni standard ma che per lo storytelling, per un marketing rivoluzionario, sono da cercare a valorizzare al fine di aprire nuove strade. Ne è un esempio il racconto di Giulia Scarpaleggia, foodwriter e autrice del blog Juls’ Kitchen: “Ogni ricetta è un condensato di poesia, scienza e attivismo politico – ha affermato – Poesia perché una ricetta deve rievocare la sensazione tattile degli ingredienti, l’emozione del profumo e per far questo usa un linguaggio concreto, attivo, specifico, poetico. Quindi è importante saper raccontare rievocando. È scienza perché è come una formula matematica. Ha ingredienti, quantità precise, reazioni chimiche. Ed è attivismo politico. Un esempio del passato è quando il manuale Artusi e le sue ricette divennero uno strumento di alfabetizzazione e di affermazione culturale per i 5 milioni di italiani emigrati in America, elementi di coesione da cui si costruì un’identità gastronomica che ancora non esisteva”. Ma cosa serve per scrivere una ricetta? “Ci vuole generosità perché non è solo cronaca ma è cercare di capire cosa accadrà nella cucina di chi proverà a farla rendendola così una storia aperta con un finale aperto” aggiunge Giulia.
Sempre sulla scia delle emozioni legate al cibo, l’attore Matteo Caccia nel suo talk “Grano duro” ha condiviso storie legate al pane, memorie olfattive e gustative, collettive e personali, che vanno a rafforzare il nostro senso di identità. “Come nel romanzo Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust dove il protagonista, dopo aver assaggiato una madeleine inzuppata nel tè, rivive ricordi della sua infanzia”.