Testo di Letizia Gobio Casali
Foto cortesia
Servono 3 ore per un’esperienza gastronomica completa. O all’opposto: non bisogna far restare il cliente a tavola più di un’ora e mezza, perché l’ospite deve essere sazio, ma non appesantito. Le opinioni sulla durata media ideale di un pasto sono tante quante gli chef che le enunciano. Perciò abbiamo chiesto ad alcuni di essi di indicarci il tempo che ritengono necessario per farsi un’idea della loro cucina e abbiamo paragonato le loro idee. Lo scopo non è alimentare confronti o polemiche, ma interrogarsi sull’opportunità post pandemica di un ripensamento più generale di ciò che un ristorante vuole e deve offrire al cliente, tenendo conto dei costi per il servizio e per il food, delle richieste salutistiche degli ospiti, della sostenibilità ambientale. Per questo siamo aperti ad altri interventi, che speriamo di ricevere.
1) Al Fogolar (Udine)– Stefano Basello
Quanto deve durare il pasto perfetto? Pensiamo che il tempo ideale sia di circa 2-3 ore, per il nostro menu di 9 portate (incluso il pane). Per il menu da 7 portate invece direi che bastano 2 ore, ma non di meno: il cliente non va ingozzato.
Come la progressione del menu invoglia a mangiare, ma facilita la digestione? Abbiamo ridotto la quantità di pasta a non più di 30 grammi. Il miglior complimento che ci fanno i clienti è raccontarci che dopo una cena da 9 portate da noi hanno dormito benissimo.
Il menu degustazione ha ancora senso? Sì: infatti da pochi mesi, a fianco dello storico Fogolar, abbiamo aperto il 1905, dove serviamo solo un menu degustazione. Credo che oggi esso abbia molto senso, per diverse ragioni, inclusa quella economica, ma arriva per ultima: è soprattutto un momento per fermarsi e godere più a fondo dell’esperienza gastronomica. Inoltre, offre la possibilità di assaggiare molti più piatti rispetto alla carta e avere un’idea più precisa della filosofia di cucina e della capacità tecnica della stessa.
Il piatto che non metteresti più in carta? Il Salame all’aceto, che è un tipico piatto friulano ma che va offerto in fette spesse e quindi pesanti. E per motivi etici abbiamo abolito la beccaccia, che era molto amata dalla clientela.
2) El Molin, Cavalese (Tn) – Alessandro Gilmozzi
Quanto deve durare il pasto perfetto? Tra 1,5 e 3 ore. Noi serviamo 8 portate in 1,5 ore e verso la fine a volte rallentiamo perché diamo 4 portate in mezz’ora. Un amico gastroenterologo mi ha detto che 7 minuti è l’intervallo ideale per il lavoro dello stomaco. Se poi il cliente fa pausa per sigaretta, ci aiuta perché il fumo facilita il transito intestinale.
Come la progressione del menu invoglia a mangiare, ma facilita la digestione? L’italiano medio è abituato ai carboidrati all’inizio, come pane e pasta. Noi li inseriamo a piccole dosi: pane di sussistenza da 15 grammi e poi altri 15 grammi di riso e inseriamo più avanti il pane come portata. A piccole dosi produce serotonina, l’ormone della felicità, e quindi ben venga, ma è seguito da qualcosa di fresco per “liberare” il campo ad altri assaggi, come una volta faceva il sorbetto.
Il menu degustazione ha fatto il suo tempo? Dipende dal numero di posti che hai in sala. Se io lo elimino devo far pagare molto di più i singoli piatti perché il costo del personale non è contemperato da scelte singole, che secondo me stravolgono anche il senso della cucina abbinando pietanze in modo “scorretto”. È vero che potrei ridurre il personale, ma ora ho due ragazzi ben formati: altrove hanno più coperti e danno spiegazioni più rapide e quindi possono permettersi di avere meno personale. E poi il menu riduce gli sprechi e i costi che sostengo per effettuare analisi di laboratori sui piatti. Noi abbiniamo ingredienti che possiedono un medesimo tipo di enzimi per facilitare la digestione.
Il piatto che non metteresti più in carta? Per motivi enzimatici, non proporrei un piatto che tuttora mi chiedono: la Tartare di cervo con riccio di mare, pistacchio di bronte e olio di cardo. Era del 2002.
3)Mos, Desenzano (Bs) – Stefano Zanini
Quanto deve durare il pasto perfetto? Non più di un’ora. La voglia di mangiare non supera 20 minuti e per restare a tavola servono buoni motivi. Io ho costruito un menu di 5 portate, perché volevo che fosse sostenibile anche dal punto di vista dei miei dipendenti. Lavorando solo con la padella e i fuochi, non posso proporre più portate e chiedere alle persone 16 ore di lavoro degli addetti, Se le tue portate hanno personalità, ne bastano 5 ben fatte per farti ricordate.
Come la progressione del menu invoglia a mangiare ma facilita la digestione? Le entrées, che presentano l’intera gamma dei gusti, dal sapido all’amaro al dolce, sono tutti vegetali e con note acide per “stimolare” la bocca. Successivamente aumento il dolce, prolungandolo con qualche sorpresa.
Il menu degustazione ha fatto il suo tempo? Sì. Certo, di fronte a un nuovo cliente ti consente di presentare uno spettro del lavoro che fai, ma in teoria – potendo contare su clienti abituali – lo abolirei in favore della sola carta. Preferisco guadagnare di meno, ma lasciare le persone libere, anche di ordinare un solo piatto tra le mie proposte. E le vorrei cambiare ogni giorno, a seconda di ciò che offre il mercato in quel momento.
Il piatto che non metteresti più in carta? Non c’è. I miei piatti cercano di toccare il prodotto il meno possibile e, se lavori con fornitori che sono artigiani, è difficile fare errori o piatti che poi rinneghi.
4)Alto, Fiorano Modenese (Mo) – Mattia Trabetti
Quanto deve durare il pasto perfetto? Ogni tavolo fa storia a sé. Se un cliente mangia lentamente, il pasto durerà due ore per un menu degustazione. Se ha preso l’abbinamento con i vini, poi, gli dobbiamo lasciare il tempo di gustarseli. I tempi sono dettati dal cliente: una coppia va servita più velocemente di una tavolata dove il servizio deve essere più lungo perché si intrattengono chiacchierando. Comunque, mai imporre più di 2 ore.
Come la progressione del menu invoglia a mangiare ma facilita la digestione? Il menu degustazione è ricco di piatti con note acide e amaricanti che stimolano i succhi gastrici, come nel Risotto con elicriso e bergamotto. Alla carta i piatti sono più semplici, ma non necessariamente costosi, perché pensiamo anche a un cliente che entra perché soggiorna qui in hotel e non vuole cimentarsi in pasti o spese impegnative. E poi cambiamo stagionalmente la composizione: in estate il menu da 8 portate prevede 5 antipasti freschi, un primo, un secondo e un dolce. Ora abbiamo 3 antipasti, due primi (uno veg e uno di pesce), 2 secondi (uno pesce e uno carne) e un dolce perché con il freddo le persone propendono per piatti più sostanziosi.
Il menu degustazione ha fatto il suo tempo? No, ma va affiancato dalla carta. Nei nostri i piatti nel menu sono diversi da quelli alla carta, perché con questi ultimi vogliamo divertirci e invogliare chi è già stato qui e ha provato il menu a ritornare.
Il piatto che non metteresti più in carta? Quello conmaterie prime troppo costose. Non perché voglia guadagnare di più: se “sforo” su un piatto, posso bilanciare con il successivo. Mi pare semplicemente inattuale proporre caviale o gamberi rossi da 70 euro al chilo.
5) Dina, Gussago (Bs)– Alberto Gipponi
Quanto deve durare il pasto perfetto? Da un’ora a due ore e mezza. L’importante è che ci sia un senso in quello che ti propongo. Il mio sogno sarebbe proporre una portata sola, come un’animella ai fiori d’arancio. Di certo se vieni qui apposta che te la ricorderai, mentre se ti preparo 25 cose finirai per non ricordartene nessuna.
Come la progressione del menu invoglia a mangiare ma facilita la digestione? Non sono dell’idea che puntare sui carboidrati riempia troppo il cliente, al punto che sto mettendo a punto un menu tutto incentrato sugli impasti, tra cui la pasta. Però senza esagerare con le dosi: prevedo che il cliente ne consumi un paio di etti in tutto, e ho intenzione di consultarmi con il fisico Davide Cassi per essere certo di saziare il mio ospite senza appesantirlo.
Il menu degustazione ha fatto il suo tempo? Potendo, lascerei il cliente libero di scegliere tutto ciò che vuole. Ma questo ovviamente comporterebbe di alzare i prezzi dei singoli piatti. Però il menu non nasce solo da un calcolo economico. Ne offro 3: uno buono ma non audace, e gli altri due progressivamente più arditi, per guidare il cliente su un percorso pensato.
Il piatto che non metteresti più in carta? Quegli più estremi: ho tolto dal menu piatti in cui l’amaro o l’acido sfidavano troppo il cliente.
6)Trippa, Milano – Diego rossi
Quanto deve durare il pasto perfetto? Premesso che non l’abbiamo perché siamo una trattoria, per 3 piatti stai qui un’ora e mezza massimo. Dopo ti puoi fermare quanto vuoi, ma il senso di sazietà arriva dopo 20 minuti, passati i quali mangi per gola o curiosità.
Come la progressione del menu invoglia a mangiare ma facilita la digestione? La clientela è più attenta ai valori nutrizionali, ma da me vengono per mangiare midollo e trippa, piatti non propriamente light. Però in ogni piatto aggiungo sempre della verdura. E da 6 anni abbiamo in menu anche dei piatti vegetariani.
Il menu degustazione ha fatto il suo tempo? Non è una cosa adatta a tutti. È vero che attraverso un menu esplori i prodotti di un territorio, ma è un’imposizione dei locali che viene perseguita per motivi economici. Specie dopo la crisi, il menu degustazione è diventato un insieme di orpelli che è il cliente a pagare, a meno che il locale sfrutti la manodopera non pagandola. In ogni caso, è una proposta eticamente insostenibile. Anche perché non sono certo le materie prime a incidere. Io ho lavorato nel fine dining e uso ingredienti perfino migliori di là, ma cerco un equilibrio sul servizio per poterle offrire a prezzi accessibili. Un menu da centinaia di euro ha senso solo se sei contraddistinto da un’identità fortissima. Sennò stai solo facendo il figo. E se il cliente di un menu da 30 portate ne ricorda 2, le altre 28 servivano a placare l’insicurezza dello chef come carte supplementari da giocare.
Il piatto che non metteresti più in carta? Non esiste. Quando ho aperto, smaniavo per aggiungere più ingredienti ai miei piatti. Ora lavoro per sottrazione e il riscontro della clientela è lo stesso. Fosse per me, a questo punto, inserirei nel menu un semplice pane e salame.
7) Pagliaccio, Roma – Anthony Genovese
Quanto deve durare il pasto perfetto? Due ore e mezza è la durata ideale ma tariamo il tempo su ognuno dei nostri 10 tavoli. Per consumare il menu da 10 portate si può andare dalle 2 alle 4 ore, a seconda del cliente e dell’abbinamento con i vini.
Come la progressione del menu invoglia a mangiare ma facilita la digestione? Il pane costituisce sempre la terza portata, non arriva prima. In più lo chef non usa il sale ma sfrutta la sapidità degli ingredienti e ogni degustazione, che sia vegetariana o no, prevede un vegetale all’inizio e successivamente alla portata principale. Quanto al primo a base di carboidrati, la quantità varia tra gli 80 g se non è farcita e i 60 g se lo è. Il cliente va saziato, non riempito.
Il menu degustazione è superato? Tutt’altro. Dopo 15 anni, da 3 abbiamo abolito la carta: il cliente deve vivere un’esperienza e non basta ordinare magari un paio di piatti per farsi un’idea di una cucina complessa, che combina ingredienti italiani, tecniche francesi e spezie orientali. La specificità della nostra offerta però, è che associamo all’imposizione del menu una realizzazione tailor made, in cui il piatto è adattato alle richieste o alle abitudini del cliente. Qui arrivano persone che osservano precisi precetti religiosi e ne teniamo conto scegliendo a modificando per ogni cliente uno dei nostri 8 primi, 8 secondi e 8 dolci.
Il piatto che non metteresti più in carta? Nessuno. Noi richiamiamo periodicamente i nostri piatti del passato, ma li rivisitiamo per alleggerire portate che il cliente ora può avvertire come troppo pesanti. Per esempio, anziché cuocere i tortelli nel burro, li facciamo al vapore. Ma l’idea del piatto resta sempre quella.
8)Don Alfonso 1890, Sant’Agata sui due Golfi (Na) – Mario Iaccarino
Quanto deve durare il pasto perfetto? Abbiamo unaclientela variegata, con uno zoccolo duro italiano e una parte rilevante di stranieri, che include fino a 300 nazionalità diverse, dall’argentino al cinese. Difficile dunque generalizzare perché dobbiamo tenere conto delle varie abitudini culturali. Ciò premesso, per un menu prevediamo in media 2 ore e mezza: c’è chi lo consuma in una e mezza e chi si siede alle 19 e se ne va alle 2 di notte.
Come la progressione del menu invoglia a mangiare, ma facilita la digestione? Abbiamo deciso di servire uno stuzzichino piccolissimo a chi prende l’aperitivo, per non smorzare l’appetito. Eil pane non arriva al tavolo fino a quando non è stato preso l’ordine e nei minuti immediatamente precedenti la prima portata. D’altro canto, tanti clienti, appena si siedono si aspettano l’acqua e il pane e se non arriva ce lo chiedono. Inoltre, quando studiamo un piatto teniamo la salubrità come primo riferimento per valutare la relativa cottura, puntando a un benessere generale del cliente.
Il menu degustazione è superato? Tutt’altro. Dopo due anni in cui siamostatiprivati del piacere del cibo condiviso, le persone hanno bisogno di essere accompagnate in un crescendo sensoriale che preveda l’interazione con lo staff, rivaluti il rapporto umano. Il menu non è un obbligo perché abbiamo anche piatti alla carta, ma il 50% sceglie un percorso che includa i nostri piatti storici e chiede il wine pairing. Le persone esigono un’esperienza culturale, che è espressione di un territorio specifico. Hanno fame di informazioni.
Il piatto che non metteresti più in carta? Anche se era delizioso, non mettereipiù il Paté di crostacei, perché aveva la panna al suo interno. Escluderei anche il foie gras per motivi di tipicità, anche se la tradizione deriva dalla contaminazione tra culture diverse.
9) Farmacia dei sani, Ruffano (Lecce)– Valentina Rizzo
Quanto deve durare il pasto perfetto? Un’ora, un’ora e mezzo alla carta. Da 1,5 a 2 ore con menu degustazione.
Come la progressione del menu invoglia a mangiare ma facilita la digestione? Abbiamo ridotto le porzioni dei primi del menu degustazione: non più di 40 o 50 grammi e non portiamo più all’inizio del pasto il pane, con il nostro olio. Lo serviamo dopo gli antipasti.
Il menu degustazione è superato? Da noi il 60% dei clienti ordina alla carta, ma credo che abbia senso offrirlo a chi viene qui per la prima volta. E la carta e il menu permettono sensazioni diverse: nel menu i piatti sono piccoli per far esplodere il sapore in bocca al primo boccone. Se facessimo lo stesso nei piatti alla carta, forse l’intensità dei sapori stuferebbe dopo alcune forchettate. Poco tempo fa, ho fatto un sondaggio chiedendo se le persone sono contente di ricevere cose non indicate nel menu degustazione (come i pre-dolci o il benvenuto dalla cucina) anche se queste “aggiunte” elevano il costo totale a carico del cliente. Non sarebbe meglio ridurre gli omaggi e abbassare i prezzi degli stellati per consentire a più clienti di sperimentarne uno? Il 90% dei miei interpellati ha detto che preferisce pagare per cose non ordinate.
Il piatto che non metteresti più in carta? Non c’è perché abbiamo sempre promosso una cucina del territorio e casareccia, con materia prime locali e povere. Semmai, anziché togliere dei piatti, aggiungerei portate vegan e vegetariane perché ne è aumentata la richiesta. Fino a qualche anno fa nessuno le voleva.
10) Hyle, Torre Garga (Cs)– Antonio Biafora
Quanto deve durare il pasto perfetto? 2 ore e mezza per un intero menu. Il nostro conta 12 portate, ma comprendiamo anche che le persone non sopportino di stare a tavola tutto quel tempo. Perciò abbiamo escogitato un escamotage: serviamo gli amuse bouche al banco con vista sulla cucina, le portate principali al tavolo, poi scendiamo al piano di sotto quando è il momento dei formaggi, risaliamo per i dolci e portiamo la piccola pasticceria davanti al camino. Così il problema non è quello di dover trattenere i clienti ma il contrario: davanti al camino ci stanno anche un’ora intera.
Come la progressione del menu invoglia a mangiare ma facilita la digestione? Abbiamo ridotto i carboidrati, con porzioni minime: la porzione di piccione, per esempio, è solo un quarto di animale e le prime 3-4 portate sono solo vegetali. Purtroppo, il pane arriva ancora all’inizio del menu, ma consigliamo sempre ai clienti di contenersi. Ne arriva un secondo tipo in seguito, ma i clienti fanno la scarpetta sui fondi di cottura ed è difficile toglierlo.
Il menu degustazione ha fatto il suo tempo? No perché, se il cliente ordina dal menu alla carta, quello che è servito di contorno, come l’olio, il lardo, il pane, o la piccola pasticceria non è compreso nel costo del piatto. Allora o non ci sto dentro o se lo accolla il cliente pagando moltissimo magari per una sola portata. Offrire solo il menu ha un senso economico e anche in termini di sostenibilità perché lo chef calcola meglio cosa comprare. Ma soprattutto lo ha perché libera le persone dalla scelta. Con un menu si affidano e si rilassano.
ll piatto che non metteresti più in carta? Nessuno perché ne escludiamo già troppi: ogni mese cambiamo il menu e quello che esce, perché ha già soddisfatto, la nostra curiosità, non entra più.Consumiamo quasi solo olio, e burro di nocciole o mandorle, e anche se la nostra è una cucina di montagna, perché siamo a 1300 metri, è leggera.