Testo e foto di Amelia De Francesco
Basta una prima occhiata a Gist, appena entrati nell’unica ampia sala del ristorante, a scovare l’anima del locale, lo chef e patron Dario Puglia. Sullo sfondo, dietro i vetri della cucina (in parte) a vista. Dario è campano e vive da ormai vent’anni ad Anversa, cuore degli affari e della finanza belga. È cresciuto nel Belpaese, nel ristorante di famiglia, fra terra e mare, una formazione che gli ha insegnato la semplicità e un attaccamento autentico a ciò che fa. Da ottobre del 2015 Gist si è trasferito nella nuova sede vicino al fiume, in un quartiere moderno, in un palazzo dalla forma tondeggiante (e difatti anche la sala lo è!). Chiacchiera volentieri al tavolo, Dario, aria simpatica, lasciatecelo dire, lo sguardo vigile alla sala e alla cucina alle sue spalle, dove il giovanissimo Pieter Verbeken danza abilmente attorno ai fornelli, senza sosta. Così ci pare di vederlo per tutta la sera. E così conferma lo chef, che nutre fiducia completa nel suo secondo (“Non dimenticate il suo nome, ne sentirete parlare”).
Optiamo per un Menu degustazione e ci affidiamo alla cucina per la scelta delle 7 portate, che diventeranno, man mano che la cena procede, ben 9.
Iniziamo con Chips di patate cotte nel grasso di anatra, Brodo di cuore di bue e Ricotta di Capra home-made (nel vero senso della parola: Dario e la sua brigata producono nel loro laboratorio decine di tipi diversi di formaggio, una vera e propria passione) accompagnata da zucchine, lattuga di mare e menta.Segue una Tartare di cavallo con cetriolini freschi, capperi e panna acida. La carne è scioglievole, i sapori perfettamente in equilibrio. Godiamo di quello che, per noi a fine cena, sarà eletto come uno dei piatti della serata. Un salto qualche km più in su, in Normandia, ce lo fa fare il piatto successivo: Bouchot Mussel di Mont Saint Michel con melanzane, funghi, salicornia e nocciole.
Tra i vini in carta molti italiani e alcuni francesi. Non soltanto i soliti noti, leggiamo con piacere, ma anche spazio a etichette di piccoli e medi produttori (noi abbiamo bevuto una bottiglia di Elena Pantaleoni di La Stoppa).
Largo quindi alla portata principale, Anatra, carciofi, orzo e jus: intrigante, una cottura da manuale, un classico in interpretazione pulita e netta, assolutamente non banale.
Si torna alla semplicità che lo chef ci racconta essere la sua bandiera. Oltre a una “allergia”, così la definisce, verso l’industria alimentare. Per questo motivo a Gist si preparano oltre 100 prodotti, con materie prime sceltissime, tra cui naturalmente il pane (servito di default anche in versione gluten free, così tutti si sentono a proprio agio). Apre l’ultima parte della degustazione una Granita di cerfoglio, lemon curd, meringa e tuile, a ripulire la bocca col bell’acidulo di limone. Chiudiamo infine la serata con Ganache di cioccolato, pesca e Prosecco, un omaggio alla sua Italia, e con i Formaggi, Conference pear e semi di zucca.
Con lo chef ci intratteniamo a parlare della direzione della gastronomia in Belgio e in Italia. Ci racconta le sue opinioni, le sue preferenze (che non vi riveleremo), motiva le sue scelte quotidiane (“Ho ricominciato a mettere la tovaglia perché mi piace coccolare il tavolo prima che arrivino i miei ospiti”), ci racconta di progetti futuri. È un entusiasta Dario, uno che ha passione profonda e non la nasconde. Vitale e scanzonato, nei suoi piatti decisi e di carattere, e pure sui social, dove si definisce Non-foraging expert, per ironizzare delicatamente sulla moda esplosa un po’ ovunque di raccogliere erbe (“Ma si è sempre fatto, occorre dirlo?”).
Gist vuol dire “lievito” e mai nome fu più azzeccato: qui tutto è in fermento, è materia viva. Ci aspettiamo nuove evoluzioni, gastronomiche e non solo…