Testo di Luca Martinelli
Foto cortesia di Casale alle Piane
Il racconto dell’azienda agricola Casale alle Piane potrebbe rientrare dentro stereotipi e cliché: i genitori che comprano un casolare in collina, in Toscana; il figlio, all’epoca adolescente, che dopo una laurea in Filosofia a Milano e la specialistica a Pisa lascia Legnano (sessantamila abitanti, lungo l’asse urbanizzatissimo che attraversando Arese, Busto Arsizio e Gallarate porta verso il Lago Maggiore) perché decide di fare vino. A tirar fuori la storia di Marco Rossetti (classe 1990) da ogni idea di “già visto”, però, è la localizzazione di quel casale, che si trova a Levigliani, borgo di cavatori a 800 metri sul livello del mare, nel comune di Stazzema (LU). Siamo in Alta Versilia, sotto il Monte Corchia e a pochi chilometri dall’ingresso dell’Antro del Corchia, uno straordinario sistema carsico, tra l’altro visitabile: quassù nessuno aveva mai fatto vino, finché nel 2017 non è arrivato Marco – che è anche sommelier e in passato ha lavorato in alcuni ristoranti stellati in Lombardia – con la sua idea folle da realizzare: “Appassionato di vino, coltivo il sogno di produrne in montagna, alle pendici delle Alpi Apuane” scrive nella sua biografia su Linkedin.
Un progetto del genere, visionario, obbliga però a modificare il punto di vista e il linguaggio, lasciando tre passi indietro quello legato al vino. Più che descrivere il suolo sciolto, con pochissima argilla, su cui oggi poggiano le vigne, conviene parlare del suolo frammentato, perché sono un centinaio gli atti diversi (tutti contratti d’affitto a prezzo simbolico) che Marco ha dovuto sottoscrivere per mettere insieme una proprietà di circa 2 ettari. La “frammentazione fondiaria” è un problema con il quale si confronta ogni giovane imprenditore che prova ad avviare un’attività economica in montagna. I primi anni a Levigliani così sono serviti a Marco per entrare a far parte della comunità, a farsi riconoscere come parte del tessuto sociale, perché le famiglie decidessero di affidare a lui fazzoletti di terra strappati alla montagna, dove in passato si erano coltivati cereali e patate, abbandonati in molti casi da 50 anni. “È camminando tra i rovi, intorno al Casale, quando mi sono trasferito qui, che ho scoperto che tutt’intorno erano terrazzamenti” racconta Marco.
Tanti amici, quelli nuovi del paese e quelli vecchi di Legnano, affascinati dall’evoluzione del progetto, sono venuti ad aiutarlo per recuperare una vecchia stalla, che è diventata la cantina, e a realizzare la terrazza per le degustazioni. La preparazione del terreno e l’impianto sono stati fatti il primo con il lavoro di una azienda locale, il secondo con Tecnovite. “Il capo-squadra dell’impianto si chiamava ‘Bufera’ e seppur di vigne ne abbia piantate a bizzeffe era davvero sorpreso dal luogo e dai suoli” racconta Marco.
La misura della fatica nella costruzione di questa piccola utopia è 6 chilometri: a tanto ammonta il perimetro delle recinzioni costruite, rigorosamente a mano, “con la trivella dei bagnini”, dopo che nel 2021, prima vendemmia attesa, tutta la piccola produzione era finita pappata dai cinghiali in una notte di scorribanda. Sulle terrazze intorno al Casale, Marco coltiva pinot nero e sauvignon blanc; sotto strada, lungo l’unica via che scendo verso il paese di Levigliani, c’è il riesling. Nel 2023 Marco ha raccolto tutto, anche se le uve di riesling e sauvignon sono finite insieme, in un’unica etichetta. Il Pinot Nero 2023, per la prima volta, è invece vinificato in assolo. In cantina c’è una barrique, dove il vino è passato per un affinamento, prima di tornare in acciaio e infine in bottiglia a metà giugno 2024, tre settimane prima dell’incontro in cui ne abbiamo stappata insieme una insieme. Il vino brilla nel bicchiere e ha rivelato un’espressione inedita del vitigno figlia, con tutta probabilità, dell’unicità di questo balcone a 800 metri sul livello del mare, ma affacciato sul mare: sarà interessante tornare a stapparlo tra qualche mese o qualche anno, per cogliere gli effetti di un più lungo affinamento in bottiglia. “Ho scelto di vinificare in parte a grappolo intero, perché questo mi aiuti ad aver un vino più pronto, sono i primi anni e oggi non mi posso permettere di aspettare troppo a lungo prima di mettere in commercio le mie bottiglie”.
Le fermentazioni dei vini di Casale alle Piane avvengono in modo spontaneo grazie ai lieviti indigeni. In cantina Marco ha scelto una opzione poco interventista, ricercando l’eleganza valorizzando attraverso quelle azioni (un rimontaggio, un travaso) che garantiscono pulizia. Nel 2023 le bottiglie prodotte sono in tutto 500. Poche (e selezionate) al momento le rivendite: a Montignoso (MS), La Sosta dei Bacci; a Milano, Terroir; a Parma, il Tabarro. “A novembre, dopo la prossima vendemmia, riprenderò ad andare in giro a presentare i miei vini. Le bottiglie sono poche, il progetto importante, per il momento è fondamentale che io ci metta la faccia”.
Lo hanno capito anche a Levigliani, un paese dove si percepisce il senso del bene comune. A giugno Marco è stato eletto nel consiglio comunale di Stazzema, a rappresentare la comunità: probabilmente hanno capito che per lui anche il progetto privato, fare vino al Casale alle Piane, è un modo di contribuire a far crescere e rendere più riconoscibile questo territorio. Intanto, aspettano le bottiglie al circolo, lo spazio aperto tutto l’anno al servizio della comunità di Levigliani: il primo giudizio sulle etichette di Marco non lo danno certo nelle enoteche di Milano e il modo migliore per berle è proprio in mezzo alle Alpi Apuane, nella sua terrazza affacciata sul mare, accompagnata da altri prodotti locali, selezionati per raccontare l’agricoltura di montagna e gli artigiani del cibo di un territorio che non ha eguali.
Casale alle Piane
Località le Piane 4,
55040 Levigliani di Stazzema (LU)
casaleallepiane.it
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