Testo di Letizia Gobio Casali
Foto di Fabrice Gallina
Nel 1976, quando il Friuli fu devastato da un terribile terremoto, Enzo Lorenzon era in cantina. “A un certo punto abbiamo visto i portoni che si sollevavano e siamo scappati fuori”, ci racconta davanti a un bicchiere del suo vino. Oggi, che è il presidente del Consorzio di Sviluppo Economico della Venezia Giulia, Lorenzon ci accoglie nel quartier generale di San Canzian d’Isonzo (GO), anche se da allora quella piccola azienda agricola è diventata una delle più rinomate realtà vitivinicole della regione ed esporta ogni anno oltre 500 mila bottiglie in Italia e all’estero.
Però due cose sono rimaste identiche: la struttura e conduzione familiare della società (oggi, con Enzo ci sono i figli Davide, winemaker, e Nicola, sales e marketing director, oltre che addetto alla comunicazione) e la qualità del vino. La cui varietà, tuttavia, è cresciuta nel tempo. Dai cinque ettari originari di vigneto oggi l’azienda è passata a 70 ettari, nel cuore della DOC Friuli Isonzo, perché negli anni si sono succeduti gli acquisti e le innovazioni.
Oggi, per esempio, l’azienda di Lorenzon è all’avanguardia per la sostenibilità: ha un’oasi per le api e un impianto fotovoltaico per la produzione dell’energia, grazie a tecniche di irrigazione mutuate da Israele ha ridotto il consumo di acqua dell’80% rispetto ai normali impianti e sta introducendo bottiglie di vetro più leggere, per richiedere meno energia nella produzione e nel trasporto.
“Per fortuna ne abbiamo comprate abbastanza prima dello scoppio della guerra in Ucraina – ricorda Davide – perché ora cominciano a scarseggiare”. Sempre nella stessa linea ecologica, dal 2021 l’azienda produce 15 mila bottiglie di Fysi, che in greco significa natura, un vino biologico e resistente perché è ottenuto da viti PIWI (pilzwiderstandsfähig in tedesco), ovvero piante in grado di difendersi da sole dalle principali malattie della vite. Questo bianco è frutto delle uve resistenti di varietà kretos, rytos (della famiglia del Sauvignon) e soreli (famiglia del Friulano); dal profumo floreale, appartiene alla linea chiamata I feudi di Romans, che comprende anche spumanti, pinot grigio, sauvignon, chardonnay, friulano, ribolla gialla, pinot bianco, traminer aromatico, malvasia, verduzzo, merlot, cabernet sauvignon, cabernet franc, refosco dal peduncolo rosso, pinot nero che viene affinato in barriques e tonneaux di legno francese.
Un nome nato, ci rivela Enzo, quando una sua valente collaboratrice, poi emigrata in Sudafrica, gli riferì che il vino piaceva, ma non si riusciva a vendere con il nome di Lorenzon. Così, da una denominazione trovata su una vecchia mappa locale, nacquero i Feudi, che oggi vantano molti riconoscimenti. La Ribolla Gialla è stata inserita nel 2019 tra i I Migliori 100 Vini d’Italia 2019 dal Corriere della Sera, mentre il pinot grigio ha vinto il Silver medal Decanter worldwide award nel 2015.
L’ospitalità di Enzo è travolgente e, insieme a salumi e formaggi, ci vengono offerte sei bottiglie, tra cui la “novità” Sontium, antico nome dell’Isonzo, un interessante mix di pinot bianco, friulano, malvasia e traminer aromatico. Uscendo, mentre percorriamo il corridoio dove troneggiano i numerosissimi trofei di caccia bottino di Enzo Lorenzon, colpisce pensare al contrasto tra il viaggio internazionale percorso dalle bottiglie create qui e la natura local dell’azienda. Lo si è compreso durante il Covid: lo spaccio aziendale ha deciso di vendere generi alimentari, oltre al vino, diventando un punto di riferimento per la comunità. Perché nonostante il successo mondiale, per i Lorenzon le radici friulane restano imprescindibili. E se le loro bottiglie volano in tutto il mondo, i 3 Lorenzon non cessano di progettare nuove sfide, ma con i piedi ben piantati per terra.