L’orgoglio italiano che guarda al futuro (e all’estero)
Testo di Ilaria Mazzarella
Foto di cortesia di Hypertrattoria
Cos’è oggi la trattoria? È questa la domanda a cui vuole dare una risposta Laura Lazzaroni, giornalista, autrice di libri, esperta di panificazione e direttrice creativa del progetto Hypertrattoria. Sappiamo cos’è la trattoria nell’immaginario collettivo, ma quella fotografia è stata svecchiata da molteplici evoluzioni che hanno caratterizzato l’ultimo decennio della ristorazione italiana. I tavoli nudi non rimpiangono certo quelle tovaglie a quadri, né i vini dei piccoli produttori in vecchi fiaschi di dubbia qualità; la materia prima, le proposte e la ricerca sono diventati capisaldi del nuovo modo di mangiare informale. In Italia, come all’estero, e con grande consapevolezza. Ecco perché la semantica di questo linguaggio gastronomico evolve in hyper. “Di base è Trattoria nella maniera più confortante, familiare, tradizionale, informale e giovane del termine. Si declina però non in un solo canale, ma una molteplicità di voci e stili. E come dice Cesare Battisti – aggiunge Laura – di base la trattoria deve avere un’identità, deve essere qualcosa di personale”. Negli ultimi anni abbiamo assistito all’apertura di molti locali che per offerta e fascia di prezzo si vanno a incasellare in quella cosiddetta ristorazione di mezzo, meglio definita oltralpe bistronomie. L’autenticità dei progetti traspare immediata; invece quelli fatti a tavolino per cavalcare un trend e lucrare sul nascente movimento – che spesso mancano di anima e sentimento – si riconoscono a colpo d’occhio. Occhio esperto e palato allenato, per carità. Ma non è un’operazione così ardua a solo appannaggio dei soli addetti al settore: complice l’interesse della cultura mainstream sulla cucina, gli interlocutori sono sempre più preparati. Si informano, fanno ricerca sui siti, blog, canali specializzati. Last but not least, utilizzano al meglio i social network. Hanno idee chiare di cosa vogliono e hanno gli strumenti per andarlo a cercare; quando si siedono a tavola scrollano con sicurezza i piatti di un menu, già consultato a dovere, e si compongono in autonomia la comanda. Mangiano con maggiore consapevolezza.
Un codice dinamico senza manifesti.
Il progetto di Hypertrattoria è un aggregatore dinamico, che riunisce produttori, trasformatori e buongustai in un grande rito collettivo. Un amplificatore che crea dialogo e condivisione di esperienze tra un pubblico interessato e curioso, cuochi, protagonisti di sala, e quegli artigiani del gusto che da sempre sono al centro del format della trattoria italiana. Hypertrattoria non è solo un generatore di idee, ma anche di azioni concrete, di lavoro, di scoperta, di promozione territoriale e gastronomica. Ci si immagina di parlare al mondo, in un’ottica di esportazione del modello. La vera trattoria si nutre della propria identità, la struttura e ne trasmette con successo i valori che la definiscono. “Riuniamo un gruppo eterogeneo di persone, non solo ristoratori e produttori, ma gente che il settore lo tocca trasversalmente come designer, architetti e altri artisti per provare a creare una serie di tavole rotonde e ragionare assieme su un comune denominatore”. Un contenuto che si declina in diverse forme: ad esempio le agro-trattorie, che hanno una connessione diretta con i prodotti della terra; oppure le trattorie tipo bar à vin, con un fulcro molto legato alla proposta di vino naturale. Diventa un ampio cappello che raccoglie tante espressioni di una fascia di ristorazione che parla a un numero di persone sempre più ampio: un modello di base che rappresenti gli italiani e che possa poi fare da ponte con l’estero, dove già amano la cucina italiana, in particolare la nostra trattoria contemporanea. “Stiamo osservando che all’estero non aprono ristoranti fine dining all’italiana – puntualizza la Lazzaroni – è come se i cuochi e gli imprenditori italiani si stessero (finalmente) riappropriando di un elemento distintivo delle proprie radici e lo stessero valorizzando, non individualmente, ma riunendosi in un movimento collettivo che ragiona assieme e cammina con ritmi e andature proprie verso la medesima direzione, guardando lo stesso obiettivo, con la consapevolezza del proprio percorso”. Dunque, Laura, non un manifesto della trattoria italiana contemporanea? “È difficile immaginare di arrivare a un manifesto, che ha una natura statica rispetto alla dinamicità che sta caratterizzando questo movimento: trovo sia più appropriato e calzante l’idea di ragionare su dei codici di riferimento della trattoria, come mondo a cui si stanno avvicinando tanti giovani di seconda e terza generazione – in termini di eredità familiare della trattoria – che possa rappresentare una sorta di segnaletica stradale”.
Abbiamo partecipato al primo di una lunga serie di appuntamenti del progetto Hypertrattoria, che attraverserà nei prossimi mesi l’Italia con appuntamenti, cene e talk, e culminerà con il festival diffuso a Officine Farneto, sempre a Roma, a maggio 2025. Durante la preview Roma Chiama del 29 settembre nel suggestivo giardino di Borgo Ripa, abbiamo visto l’espressione di otto trattorie della capitale e del Lazio: una salumeria di stampo familiare come Roscioli, le identità rionali di Mazzo che con DLR a Frascati sono l’anima più punk, la trattoria di Iotto a Campagnano che ha letteralmente introdotto i vini naturali del Lazio, Osteria nuova ad Anzio con la sua offerta di pesce, SantoPalato, che riflette le evoluzioni di Sarah, ovvero radici abruzzesi, valigia in mano e libera interpretazione della tradizione. E infine Buccia a Sabaudia che fonde materia prima eccellente – con una declinazione consapevolmente legata al territorio che evolve – con influenze di cucina indiana. Come il suo cuoco Fabrizio Pagliaroni ci rivela: “Da Buccia sono importanti i piatti, ma anche l’interazione che questi possono scatenare attraverso gesti semplici: condividere, assaggiare, lasciare l’ultimo boccone a qualcuno. L’obiettivo è costruire esperienze piacevoli intorno al cibo nella sua quotidianità e far nascere buoni ricordi legati al valore del mangiare-insieme”. Ci chiediamo dunque: può essere quello della trattoria un filone italiano a cui ispirarsi un domani? Coscienti che in Italia c’è una grande ricerca sull’eccellenza della materia prima e del territorio, che non deve essere necessariamente iper-locale o programmaticamente un territorio lontano oppure omnicomprensivo, stiamo prendendo piena consapevolezza delle nostre tradizioni e le stiamo trasformando in un prodotto sempre più strutturato e riconoscibile.