Testo di Barbara Marzano
Foto di Carlotta Coppo
Laguna. Forse l’ultimo ritratto spontaneo che la nostra mente andrebbe a ricomporre dalla parola Sardegna. Eppure, è proprio lì che le distese di stagni e lagune occupano il territorio, un’aerea abitata da una fauna e una flora protagonisti del nuovo capitolo di Habitat da Motelombroso a Milano, che torna nel mese di marzo con la sua Laguna, un menu made by chef Nicola Bonora.
Nicola: “Questo è il ritratto di Laguna. Qui dentro c’è il mare, la sabbia, una piccola strada che porta alle risaie di Cabras. È la parte di laguna che ho voluto portare qui, anche se probabilmente è l’ultima cosa che verrebbe in mente pensando alla Sardegna. Ma sono io, sono i profumi di casa che più mi mancano”.
Il territorio di Nicola, come negli Habitat precedenti, scalpita dentro ogni piatto lasciando nella materia un’orma delicata, che tocca con le buone maniere, nonostante l’anticonformismo degli ingredienti. E se la laguna più naturale può svelarsi solo attraverso l’esplorazione più profonda, la sua analisi non può che essere verticale, scandagliando il suo backstage piatto per piatto.
Il primo retroscena lo regala Zuppa di granchio, un distillato di brodo di mare che accoglie il palato insieme a un’insalata di pomodoro, cardo, pane alla brace e bottarga di muggine, dai toni artici. Testimonianza della laguna più autentica, questa specie di panzanella riporta le usanze dei pescatori che con il pescato del giorno ricreavano pasti sostanziosi a base di pane condito con pesce povero, una semplicità immane che ha reso “piatto” anche un “banale” pezzo di pane inzuppato. Il pesce povero è stato oggi sostituito con il granchio, ma l’origine viene in ogni caso ricalcata con il trio isolano, pomodoro, cardo e bottarga. Scendiamo più nel profondo, dirottando verso ricordi distanti, quelli della Festa del Rimedio, la processione annuale di San Salvatore a Cabras.
Nicola: “Si tratta di una festa paesana, dove gli abitanti del posto arrostiscono una quantità enorme di muggine su una griglia chilometrica. E, dato che c’è parecchia richiesta, per far sì che il pesce non si asciughi al sole, viene tenuto in salamoia, dentro acqua calda, sale prezzemolo e aglio schiacciato”.
Da questo ricordo, il secondo incontro di Laguna, Marbré di muggine, un roll marmorizzato della parte più nobile del pesce, marinato con alghe, pomodoro secco ed erbe, abbandonato su un fondo creato con tutta la sua parte di scarto, cotta alla brace, ridotta e addolcita con vegetali. L’ultimo piatto prima della dolce tempesta.
L’esplorazione della fauna continua con la razza, cliente abitudinale degli stagni di Cabras, ora scomposta su due piatti. Un altare dedicato all’interiora, sempre più al centro della cucina contemporanea, mette in risalto il suo fegato ripassato in padella e condito semplicemente con aglio e prezzemolo. Mentre il piatto che l’accompagna trattiene le sue ali arrostite in un fondo di pollo e ceci fermentati. Se l’interiora scuote l’umore in bocca, la domata grassezza delle ali intinte nel pollo sa come riportare la quiete.
Bonora, giunto al sesto capitolo di Habitat, ha dimostrato caparbietà sarda e creatività consapevole, proprie di un cuoco che non assembla ma cucina mettendosi in gioco. Questa la sintesi del prossimo esercizio, da dieci e lode, il Cannellone di Germano Reale, con lavanda, salicornia e finocchio selvatico.
Nicola: “La sfida qui era quella di accompagnare un carboidrato con un tratto di laguna che non fosse pesce, quindi il germano reale, il suo petto inserito per intero in un raviolo di pasta sottilissima. L’idea non è stata il germano in sé, ma l’habitat. Ho voluto ricreare la laguna con le immagini che ho in testa”.
Il petto intero di un germano raccolto in un cannellone chiuso. Si esce dalla comfort zone del trito di carne, per passare a una consistenza precisa, impartita dalle botaniche, quali elicriso, lavanda, finocchietto marino, salicornia, erbe marine e ribes, “perché è la salsa che detta legge, che indica a quale texture accompagnarsi e mai il contrario”. Esattamente come nella Seppia, carciofi, rucola selvatica e gel di bergamotto. Double seppia. Una cotta con carbone a contatto diretto, istantaneamente, che la scotta all’esterno lasciando l’anima cruda. E un’altra, la sua seconda, servita in un carpaccio dalla consistenza quasi lardosa, che scivola su un fondo denso di fegatini, per chiudere con un 100% umami misto a rucola e carciofi alla brace.
E si scende sempre più, fino al dulcis. Forse lo spettro in cui Nicola dà le sue massime creative, come aveva già dato modo di credere in Oca, il secondo Habitat, con un piccolo “cannolo siciliano”, un esofago d’oca essiccato e fritto, farcito di ricotta e agrumi. Si ritorna a quel mondo di frattaglie, sospetto agli occhi di tanti, con un volo pindarico sul Sanguinaccio di muggine, in versione bonet.
Nicola:“Un anno fa mi sono ritrovato di fronte una schiera di muggini appese, che colavano sangue a terra. È stato un richiamo automatico al ricordo di mio nonno, quando nella casa in campagna appendeva i maiali e lasciava che sgocciolassero sangue, per poi appunto farci il sanguinaccio. È stato automatico pensare a questo piatto”.
In realtà sotto c’è molto di più, Nicola è un cuoco che ragiona per sapori. Spezza la ferrosità del sangue cuocendolo con un trito finissimo di scalogno e vino rosso, fino a caramellizzarlo. La ricetta è quella del bonet classico piemontese, con l’aggiunta del sanguinaccio e delle squame del pesce, cotte fino a creare uno sciroppo. Di colpo tutto il ferro si annienta e un gusto impensabilmente piacevole diventa comfort assoluto, universale.
Dopo la scossa, Laguna si chiude con Delizia al limone, miele di corbezzolo ed elicriso che riprende la laguna nella sua scia zuccherina composta di solo miele di corbezzolo e nel caramello salato all’elicriso, addendi di un pan di Spagna bagnato nel limoncello e farcito con crema al limone.
Habitat non è il classico menu degustazione, è un altro sport. Cambia ogni quattro settimane, non ha il tempo di lavorare su un’idea embrionale, da due settimane dalla prima prova, il menu deve uscire. Laguna ha atteso le prove di una trentina di piatti prima di intercettare il suo DNA. Magnetico.