Testo e foto di Gualtiero Spotti
Nelle giornate di sabato 19 e domenica 20 novembre si è svolta a Istanbul la settima edizione di Gastromasa, un appuntamento che nel giro di pochi anni è ormai diventato un classico nel panorama dei congressi food internazionali. L’organizzatore Gôkmen Sôzen anche in questa occasione ha saputo riunire su un palco (ma l’evento comprende perfino una grande fiera con molti espositori locali) il meglio dell’alta cucina e della pasticceria mondiale con uno spiegamento di forze notevole e, dal punto di vista strettamente italico, anche una folta rappresentanza del Bel Paese.
Ma andiamo per ordine. La parola che ha caratterizzato l’edizione 2022 è stata l’onnipresente “sostenibilità”, un imperativo che ormai sembra imprescindibile nel vivace storytelling di ogni cucina moderna che si rispetti. Di conseguenza gli invitati si sono destreggiati nel raccontare il loro punto di vista sul tema, tra proposte, scelte personali applicate alla propria realtà alimentare, logiche no waste, e perfino qualche monito da parte di alcuni cuochi che, oltre a prendere molto a cuore l’argomento (ed essere diventati punti di riferimento del settore) ormai si muovono come veri e propri guru e come tali sono percepiti dalla platea.
L’argomento, come al solito, si presta a una discussione ampia e articolata, che a onor del vero dovrebbe partire dalla percezione di cosa sia in realtà sostenibile nel mondo odierno (quindi anche in quello dell’alta cucina), ma i racconti e gli interventi di Gastromasa hanno saputo aprire spiragli interessanti e in modi diversi hanno dato esempi spesso illuminanti di come si possa lavorare per un mondo migliore. Viene da pensare ai Foreign Farmers Matteo e Jeanne che, isolati nel micro-borgo di Srednje tra Italia e Slovenia, riforniscono la dispensa di Ana Roš a Hisa Franko di squisite primizie vegetali; oppure a Graziano e Alice, che nel paese di Degagna alle spalle di Salò raccolgono la materia prima (principalmente erbe spontanee) che viene trasformata negli idrolati presenti nei piatti di Riccardo Camanini a Lido 84. Due ottimi esempi di sostenibilità applicata in questo caso a una riqualificazione delle aree montane.
E per chi invece lavora nelle grandi città, viene in mente la scelta di Andrea Berton, che oggi si affida a Planet Farms, azienda milanese che promuove l’agricoltura verticale proveniente da fattorie a ridosso del centro urbano. Ognuno a suo modo offre soluzioni diverse, come Mitsuharu Tsimura di Maido e Virgilio Martinez, impegnati a mostrare la biodiversità amazzonica e le comunità locali. Ci sono anche Alex Atala, Santiago Lastra, Manu Buffara, Elena Arzak, Joan Roca, Dan Barber, Rasmus Munk, la star della cucina anatolica Omur Akkor e i molti pasticceri che sono stati la grande novità di questa edizione, da Andrea Tortora e Gianluca Fusto fino a Janice Wong e Antonio Bachour.
Un movimento in crescita e compatto quello dei cuochi presenti a Istanbul, che vuole dare il buon esempio e si preoccupa di trovare soluzioni pratiche, dalla riduzione degli sprechi alimentari al riutilizzo, passando (magari) alla riqualificazione delle realtà contadine. Al tempo stesso Gastromasa, e ancor più quest’anno visto il tema, ha svolto il ruolo di riunire molte idee, di creare condivisioni tra persone che si conoscono e frequentano spesso solo ai fornelli, ma che possono sviluppare progetti comuni con un fine chiaramente sostenibile. L’evento ha, oltretutto, ribadito il ruolo crescente della Turchia nella considerazione del mondo gastronomico internazionale.
Quest’anno, per dire, si è affacciata sulle rive del Bosforo la guida Michelin a recapitare qualche stella di incoraggiamento (tra le altre, due sono finite al ristorante Turk di Fatih Tutak; due, tra cui una verde, a Maksut Askar di Neolokal e una a Zeynep Pinar Taşdemir del ristorante Araka, unica donna stellata). E pur tra i mugugni dei cuochi turchi che, lontani da Istanbul, non sono stati presi in considerazione, già si volge lo sguardo al prossimo anno, quando in Turchia arriverà anche la Gault-Millau.