Testo di Greta Contardo
Foto cortesia di San Sebastián Gastronomika
Un quarto di secolo nel panorama gastronomico contemporaneo equivale ad almeno due epoche: in venticinque anni è cambiato radicalmente il mondo gastronomico, più volte; dal 1999 a oggi se ne sono alternate di idee gastronomiche più o meno impattanti e San Sebastián Gastronomika, il congresso gastronomico per antonomasia, è stato (ed è ancora) messaggero dell’evoluzione.
A cominciare dalla cucina d’avanguardia spagnola che ha sconvolto gli animi e ha stravolto i cardini, che è diventata Tecno-emozionale e che ha fatto scuola. Poi è stata messa un pochino da parte quando i riflettori dalla Spagna si sono spostati verso il Nord Europa per l’avvento della Nuova Cucina Nordica, una rivoluzione – con tanto di manifesto – per salvaguardare il territorio di appartenenza e rispettare il legame tra cibo, stagioni e natura, promuovendo l’uso di prodotti locali. Dai Paesi Scandinavi l’ideologia si è propagata a macchia d’olio dando vita a “nuove cucine” sulla falsa riga di quella da cui tutto era partito. Finalmente si sono ampliati gli orizzonti verso il Sud America, a partire dal Perù, e via via verso il globo intero. E si è iniziato a cercare l’avanguardia gastronomica nella sostenibilità delle idee più che nelle ricette, nell’identità di un progetto più che in movimenti rivoluzionari. Questi venticinque anni sono stati testimoni di cambi sostanziali nel contenuto ma anche nel contenitore del congresso: nato come Lo Mejor de la Gastronomía, ha assunto il nome attuale nel 2009; il suo ideatore Rafael García Santos ha lasciato la direzione in mano a Roser Torras che, dopo 15 anni, a sua volta ha passato il testimone a Benjamin Lana (direttore generale di Vocento Gastronomía) durante l’inaugurazione di questa edizione 2023. Una costante ha accompagnato il congresso in tutti questi anni: il Kursaal di San Sebastián, il centro congressi a un passo dall’Oceano inaugurato nel 1999.
Parliamo però delle nozze d’argento di un sodalizio tra la città di San Sebastián e “il congresso dei congressi” di gastronomia. È stata un’edizione storica per la carica emotiva – intitolata El Futuro de la Historia – con omaggi commemorativi sul palco conditi con un velo di nostalgia di una “età dell’oro” che non tornerà più. Rafael García Santos, il critico più critico della gastronomia spagnola ha ritirato il Premio Pau Albornà i Torras e ha lanciato un appello alle nuove generazioni: “Rischiare, competere, questo è ciò che distingue i vincitori. Dovete superare questi vecchi uomini e donne che hanno fatto una rivoluzione, ma non siamo più qui per raccontare il futuro”. La giornalista enologica britannica Jancis Robinson (che detiene anche il raro titolo di Master of Wine) è stata insignita del Gueridón de Oro per il suo immenso impegno che negli anni l’ha resa la più autorevole e influente donna del vino.
A Ferran Adrià è andato il Premio Homenaje per la sua carriera, un riconoscimento che è stato definito “un omaggio non a una persona, ma a una generazione”. Tante sono state poi le retrospettive dei “grandi del congresso” che in questo quarto di secolo sono passati da San Sebastián e che hanno approfittato per riepilogare i propri percorsi di successo. Quique Dacosta (Quique Dacosta***) e Joan Roca (El Celler de Can Roca***) hanno inscenato alcuni dei capitoli del loro ultimo lavoro editoriale El Libro de la Gamba Roja (Planeta Gastro) in una ponencia a tre moderata da Benjamin Lana, anch’esso autore del libro che è una attenta monografia sul gambero rosso, iconica prelibatezza mediterranea.
Albert Adrià ha parlato del suo sistema creativo definendolo “una nube, che muta, si unisce ad altre nuvole o scompare dopo una tempesta” e ha sentenziato “dobbiamo raggiungere l’emozione attraverso l’essenzialità del sapore, per il quale dobbiamo decifrare il suo DNA”. E poi ancora, per fare un “bilancio di carriera” sono saliti sul palco tanti spagnoli: Eneko Atxa (Azurmendi***), Josean Alija (Nerua*), Rodrigo de la Calle (El Invernadero*), Diego Guerrero (Dstage**), Oriol Castro y Eduard Xatruch (Disfrutar**), Paco Morales (Noor*), Javier Olleros (el Culler de Pau**), José Andrés, Ángel León (Aponiente**), Pedro Subijana, chef en Akelarre***). E altrettanti chef dal mondo, con i Giappone a fare da capofila con la presenza, per la quarta volta, di Yoshihiro Narisawa (Narisawa**).
Foto di inaugurazione
Viviana Varese – unica rappresentante italiana in tutto il congresso – ha portato la “sua” Sicilia con una presentazione immersiva nell’identità della chef e di quel luogo meraviglioso – il W Villadorata a Noto – in cui ha trovato il suo equilibrio. Ha raccontato: “Lavoriamo al centro di una tenuta di 22 ettari tutti in biodinamica, con 800 olivi, 1000 piante di agrumi, carrubi, orti, frutta anche tropicale. Il territorio è incredibile, magico, la luce favolosa, la terra fertile, c’è grande energia e a poca distanza c’è l’Etna, il più grande vulcano d’Europa. La mia cucina in Sicilia punta tutto sulla naturalità, sulla semplicità, sul fuoco e sui prodotti di prossimità. La chef ha messo in scena – insieme all’executive chef di Villadorata, Matteo Carnaghi – ben quattro meravigliose creazioni, dall’antipasto al dolce con note erbacee e amarognole “perché l’amaro è una caratteristica tipica della tavola italiana”, di questa cucina tanto territoriale quanto espressiva di una Viviana Varese in splendida forma.
Leo Espinosa (Leo a Bogotà), dal canto suo, è partita da El Pozón (un quartiere poverissimo e degradato della periferia di Cartagena, in Colombia) per parlare dell’impegno della sua fondazione Funleo, guidata dalla figlia Laura Hernández Espinosa, che insieme alla Fundación Magdalena sta sviluppando un ampio progetto di sostegno sociale attraverso la gastronomia. Leo ha sottolineato l’importanza della passione rispetto alla tecnica. Espinosa, con un messaggio ai giovani: “La tecnica non deve mai essere al di sopra dell’anima perché questa è la vera ragion d’essere della cucina. Nella mia proposta culinaria, questo profondo legame con la cultura e la tradizione gastronomica è imperativo”.
Rasmus Munk (Alchemist a Copenaghen) ha fatto molto parlare di sé per la sua ponencia tra lo stupefacente e losconvolgente, con provocazioni forti come è da copione all’Alchemist dove è lo spettacolo a esser protagonista con messaggi destabilizzanti, “per riflettere”. A Gastronomika ha deciso di parlare di fame nel mondo con una immagine drammatica di bambini denutriti e un piatto ancor più scioccante: un supporto d’argento che emula lo scheletro di uno di quei bambini, su cui poggia un foglio di carne di coniglio (l’animale facile da allevare con cui si potrebbe debellare la fame, secondo lui) e alcuni elementi che forniscono contrasti di consistenza e sapore, allineando il risultato a un piatto di alta cucina. Un messaggio, il suo, che lascia decisamente il tempo che trova considerando che l’Alchemist è uno dei ristoranti più costosi al mondo.
Sempre da Copenaghen è arrivato l’attesissimo René Redzepi, presentato con forte emozione da Andoni Luis Aduriz (a sua volta festeggiato sul palco per i 25 anni del suo Mugaritz) che ha raccontato come da adolescente “senza aspirazioni” sia riuscito a creare il Noma, per poi arrivare all’attesissima dichiarazione che il Noma non chiude, ma si trasforma in qualcosa di diverso. “Per rimanere ciò che sei, devi cambiare – ha spiegato – E questa è stata la costante degli ultimi 20 anni, nel ristorante e nella mia vita”.
Il vento del cambiamento però l’ha portato sul palco Begoña Rodrigo (La Salita*) che doveva parlare della sua attitudine all’acidità in cucina e che ha approfittato dell’attenzione per far emergere un problema: l’impostazione passatista del congresso, decisamente datata, obsoleta. “Credo sia importante dire ciò che pensiamo. Sono molto grata di essere qui a San Sebastián Gastronomika per la seconda volta, ma vedere come la cucina è cambiata negli ultimi 25 anni mi ha fatto pensare che anche i congressi dovrebbero cambiare” ha spiegato Begoña.
Con una presentazione stimolante, la chef ha sensibilizzato i partecipanti sul pensare a nuovi modelli di business per i ristoranti, sottolineando che le persone vengono da lontano per partecipare ai congressi gastronomici in cerca di novità, ed è proprio quello che i ristoratori hanno da offrire. Ha condiviso anche un forte messaggio di unione per i colleghi, sostenendo che “tutti noi siamo intenti a fare le cose nel miglior modo possibile, ma ci sono cambiamenti da fare per progredire. Abbiamo bisogno di congressi che ci indichino la strada del futuro, non solo che celebrino i fasti del passato”.
Il gran finale del congresso è stato affidato ai due big Ricard Camarena e Alex Atala che con una jam session creativa a base di prodotti locali si sono meritati la standing ovation dal pubblico del Kursaal. Si sono sfidati a “non attenersi a nessun copione e non aspettarsi altro che godersi l’esperienza di stare tra amici e divertirsi in ogni momento”, hanno fatto il giro del mercato La Brecha di San Sebastián per rifornirsi dei migliori ingredienti e hanno preparato “una tavola festiva dei Paesi Baschi”.
Dimostrando che il futuro della Storia è fatto di consapevolezza, conoscenza, intelligenza e capacità di relazione e che, guardare al passato è buono solo se si guarda altrettanto a “essere nel qui e ora”, valorizzando il momento presente in tutte le sue accezioni, passando anche per quella gastronomica.