Testo di Francesca Ciancio
Foto di Antonio Alaimo
C’è una cosa su tutte le altre che mi affascina del lavoro che faccio, ovvero il numero importante di input che puoi raccogliere nel giro di una giornata, di persone che puoi incontrare, di esperienze che puoi condividere. Tutte occasioni ovviamente ridotte al lumicino nell’ultimo anno. Ecco perché tornare a farle, con le dovute precauzioni, mi fa pensare alle belle opportunità che si concentrano in 24 ore. La ragione è spesso il vino, perfetto collante liquido tra vite che sembrerebbero apparentemente lontane.
La storia che racconto è quella di un co-branding basato sulla forma del cuore. Gaia Marano segue la “seconda linea” dell’azienda salernitana di vino Montevetrano, Core, un bianco e un rosso da uve autoctone del Beneventano; Gianni Riccardi e Chiara Fontana sono i proprietari del Palazzo Gentilcore, un boutique hotel con ristorante – il San Pancrazio – a Castellabate in Cilento. Si conoscono l’estate scorsa e parlano delle rispettive ambizioni, dopo una primavera drammatica che ha messo in ginocchio proprio i loro settori lavorativi, e si promettono un evento da realizzare assieme. È trascorso quasi un anno, l’emergenza sanitaria è ancora in atto, ma – nel rispetto delle regole – l’evento che Gaia, Gianni e Chiara si erano promessi è divenuto realtà. Accediamo a Palazzo Gentilcore per la presentazione dei due vini Core, ma tutto ha il senso di un ritrovo tra amici, un desiderio di rivedersi per stare a debita vicinanza.
Io lo chiamo “effetto Cilento”, un territorio che ha un’aura un po’ magica, che non ti fa scegliere tra mare e campagna, tra costa e montagna, tra pesce e carne, tra salato e dolce. Ha tutto, di egual bellezza e bontà. C’è gente coriacea e determinata, abituata ai saliscendi nei borghi e al saluto al forestiero. Prima di diventare hotel, Palazzo Gentilcore era uno dei molti stabili gentilizi di Castellabate destinati ad andare in malora, nonostante la notorietà del posto grazie al film Benvenuti al Sud. Oggi è una locanda per viandanti esigenti. Innanzitutto, perché è una struttura Covid free, grazie al protocollo che prevede tamponi per il personale e per la clientela e il sistema di sanificazione dell’aria presente in ogni camera e negli ambienti in comune. Un investimento necessario e che i proprietari giudicano neanche così eccessivo perché facilmente ammortizzabile. Il primo risultato è stato quello di avere avuto molti medici tra i clienti in vacanza in zona, rassicurati dalla tecnologia Refinair testata dall’ospedale Sacco di Milano. Gli ambienti della struttura parlano delle passioni della coppia, quella per la ceramica vietrese a tinte marine e geometriche di Chiara e quella per l’arte contemporanea di Gianni, collezionista in particolare delle tele di José Ortega, pittore spagnolo, allievo di Picasso ed esule per scelta che in Cilento visse i suoi ultimi vent’anni. C’è anche il vino tra le cose che amano collezionare, hanno una voglia smodata di vini dolci e fortificati in particolare. Uno degli ospiti lo sa e si presenta con un passito di uve surmature di Aglianico che lascia il segno. Si chiama Ra! che sta per raro e l’ospite è Bruno De Conciliis, il viticoltore cilentano dalle cento vite (quella odierna si chiama Tempa di Zoe). Il Ra! non esiste più: pensato per la madre che gli chiese un vino dolce, le poche bottiglie rimaste sono sparse chissà dove.
Una curiosità, un entusiasmo, una voglia di bello che caratterizzano anche Gaia Marano Imparato, l’altra metà del cuore di questa storia. Il Core è soprattutto suo, come il logo che ha disegnato – è stata grafica per tanti anni nel mondo della moda – e l’idea di un’altra parola, questa volta inglese, “core” che è centro, nucleo, nocciolo. Un turning point per questa ragazza cinquantenne che pian piano sta tornando verso casa – a Salerno e a San Cipriano Picentino, sede dell’azienda Montevetrano – e ha scelto il vino come mezzo per spostarsi di nuovo verso Sud. Qui l’ha sempre aspettata la madre, Silvia Imparato, che ha fatto come Gaia, ha girato tanto, ha fatto altri lavori – la fotoreporter per riviste e settimanali importanti – poi è tornata nel palazzo di Montevetrano, un’antica tenuta borbonica circondata da querce, noccioleti, castagni, ulivi e agrumi. Il vigneto ancora oggi è solo una parte di questa biodiversità. Qui, grazie alla collaborazione e all’amicizia con l’enologo Riccardo Cotarella, trent’anni fa, è nato il Montevetrano, uno dei vini icona del panorama italiano, un blend di Cabernet Sauvignon, Merlot e Aglianico. L’etichetta che tutti conoscono fu creata da una giovane Gaia.
La madre non ha passato il testimone però. La signora Montevetrano – come tutti chiamano Silvia – affianca semplicemente la figlia in questo altro viaggio, quello di due vini più semplici, più immediati, più saporiti quasi subito, che rinunciano a qualsiasi spigolosità in nome di una comprensione più veloce. Osservarle l’una accanto all’altra fa cogliere allo stesso modo somiglianza e diversità. Hanno entrambe occhi brillanti e si intuiscono vite ricche di cose e persone, su strade spesso sterrate. Però il Montevetrano è Silvia, il Core è Gaia. Il primo ha un tempo più lento, un tono riflessivo, quasi da tumbler più che da calice, con note terrose, di corteccia, dalla freschezza spesso rugosa, che sa di rosmarino e grafite.
Il secondo gioca sul dinamismo, ma anche sulla “vulcanicità” del luogo di provenienza, il Sannio Beneventano, un territorio ricco di tufo, cenere e calcare. Il colore del 2018 è ancora purpureo, il naso floreale e balsamico, la bocca golosa. Il Bianco 2019 ha conquistato i Tre Bicchieri de Il Gambero Rosso ed è un uvaggio di Fiano e Greco, un “Super Campania” che nasce nel Sannio e viene vinificato nel Salernitano. Tanto sapido, poi anche pera William e buccia di agrumi. Entrambi molto versatili perché reggono tutti i piatti del bravo Marco Mattia, chef del ristorante PanCraZio all’interno del Palazzo Gentilcore. Sulle Alici panza a panza, sulla Trota del Sele su crema di zucca fino ai Tagliolini allo zafferano del Cilento con crudo di gamberi il bianco vibra e sferza ogni boccone. Il Core rosso va sul polpo rosticciato e sullo stracotto al vino con cipolla ramata.
Rinfresca e pulisce con un finale di viola che ingentilisce la bocca. Ecco due donne e due vini, diversi e necessari l’uno all’altro, come Silvia a Gaia e viceversa. La prima che ha dato vita al vino soprannominato da Robert Parker nel 1993 “Il Sassicaia del Sud”, una somiglianza esagerata con Fanny Ardant, terribilmente avvincente con il suo compagno sigaro; la seconda, bionda, occhi cerulei, dalla pelle diafana, con il sorriso schietto di chi ha girato buona parte di mondo e che è felice di aver capito dov’è casa. Finalmente.
Hotel Palazzo Gentilcore
Via G. Amendola, 1
84048 Castellabate (SA)
www.palazzogentilcore.it/
Montevetrano
Via Montevetrano 3
84099 San Cipriano Picentino (SA)
www.montevetrano.it