Testo di Luca Martinelli
Foto di Federico Fallabeni
Secondo appuntamento con le cantine dell’ultima valle piemontese al confine con la Liguria, che è anche la prima dell’Appennino. La cucina del ristorante Belvedere accompagna la scoperta di 4 etichette e di un progetto collettivo per far riconoscere il “Paradiso Val Borbera”
“E tutto intorno / sembra un sogno / di quelli strani che / non ti fanno mai capire / cosa serve sognare”. Quando salgo in macchina accade sempre che il Bluetooth del telefono agganci l’autoradio e che itunes attacchi con la prima canzone in ordine alfabetico. È “A cosa serve?”, una canzone del primo e unico album di Nebbiolo, nome d’arte di un giovane cantautore piemontese morto poco più di un anno fa, a 29 anni. Il disco si chiama Un classico e lui era Gwydion Destefanis.
È successo anche poco prima della mezzanotte di venerdì 19 novembre, quando mi sono messo in viaggio verso Milano da Pessinate (AL), nella nebbia che quella sera avvolgeva la Val Borbera sotto una luna piena. Al Ristorante Belvedere con altre cento persone avevo appena preso parte alla cena “Bevi la Val Borbera”, un bel successo di pubblico per chi – le aziende agricole e non solo che fanno parte gruppo di Paradiso Val Borbera – aveva organizzato l’appuntamento.
In quel momento, la domanda di Nebbiolo l’ho sentita più forte. E ho immaginato fosse rivolta (idealmente) a Maurizio Carucci, Martina Panarese e Pietro Ravazzolo, tre dei quattro amici del collettivo di Cascina Barbàn. È lì che avevo conosciuto Nebbiolo, nella sala degustazione del borgo rigenerato alle Cantine di Figino, tra il tavolo di legno e il vicino pianoforte Tallone. Era arrivato comewwoofer, lavorando in vigna, poi era rimasto in Val Borbera. Con Maurizio, contadino, vignaiolo ma anche cantante e autore, stava scrivendo un disco. Alla domanda “A cosa serve?” quelli di Cascina Barbàn potrebbero rispondere “a cambiare il racconto di questo territorio, che non è un’area marginale, depressa, ma è un’area ricca, la Val Borbera come tutto l’Appennino” (sono effettivamente le parole con cui Maurizio Carucci ha introdotto l’appuntamento di Pessinate).
Di Cascina Barbàn e della rinascita pop della valle su Cook_inc. avevamo già scritto quasi due anni fa. In mezzo c’è stata l’emergenza Covid-19, che ha imposto un rinvio al 2021 del secondo appuntamento con “Bevi la Val Borbera”. Il primo era stato organizzato nel 2019, per far conoscere i vini che nascono nell’alta valle che si sviluppa lungo il torrente Borbera, un territorio in provincia di Alessandria, ma storicamente legato alla Repubblica di Genova, poi alla Repubblica Ligure e ancora oggi fortemente legato alla cultura di riviera.
La festa del 19 novembre torna con più forza e attraverso il vino vuole “far riconoscere che questo territorio ha una vocazione vinicola, che è sempre esistita” come ha sottolineato sempre Carucci. “La Val Borbera fa vino da secoli, vorremmo essere riconosciuti come un territorio bellissimo ma anche vocato” ha aggiunto. Paradiso Val Borbera, da tre anni, svolge un ruolo che altrove viene portato avanti da un ufficio turistico, per la promozione e la tutela del territorio. Lo fa dal basso, aggregando quei soggetti che vogliono lavorare insieme, “amici che credono in un territorio” come ha raccontato Fabrizio Rebollini, che divide con la sorella Serena la cucina del Ristorate Belvedere.
Agli ospiti della cena con i vini della valle hanno proposto un menu ricchissimo di territorio. Sul tavolo c’erano già i grissini uno-tira-l’altro, fatti in casa come il pane. Era buonissimo il Carrè di maialino con senape e una giardiniera di verdure dell’orto, dell’orto del ristorante s’intende. Splendido anche l’altro antipasto, un Gratin di zucca e Montebore (uno straordinario formaggio dalla forma peculiare, sembra una torta nuziale, senz’altro uno dei simboli agricoli della Val Borbera) con uovo alla coque e tartufo nero. A seguire sono arrivati dei ricchissimi Agnolotti con fondo di manzo e una tenerissima Guancia brasata, con patate e chips di patate. Il dolce era una Tarta tatin di mele Carle, con gelato alla crema. La mela Carla è una varietà tradizionale della valle e permette di fare l’unico appunto alla serata: anche se l’appuntamento era costruito intorno ai quattro vini assaggiati, avrebbe avuto senso raccontare in dettaglio agli ospiti (tanti arrivavano da fuori) anche gli altri prodotti del territorio, il lavoro di ricerca, di recupero e di trasformazione. Senz’altro, il Belvedere è un ristorante in cui tornare per mangiare alla carta.
I quattro vini assaggiati in abbinamento ai piatti raccontano invece che cosa si possa fare a partire dalle vigne in una valle appenninica. I bianchi serviti erano tre etichette di Timorasso. Un vino che si presta anche alla rifermentazione spontanea in bottiglia, come dimostra il Mec’le di Nebraie, che ha aperto la cena; che può essere vinificato in bianco, offrendo in questo caso a chi beve la spiccata acidità di uve coltivate a 600-700 metri sul livello del mare e i profumi che caratterizzano un vitigno che si presta a un lungo invecchiamento, nelle etichette Sassobraglia di Fabio Cogo e Archetipo dell’azienda Poggio.
Il Timorasso si presta anche a lunghe macerazioni sulle bucce (vinificazione in rosso), come fanno a Cascina Barbàn, che però quest’anno ha scelto di portare a Bevi la Val Borbera un’altra etichetta, il vino di Figino, il Barbàn. Un rosso leggero e pieno di struttura (l’alcol non serve, per fare un grande vino). Il Barbàn è “il vino fatto con le ultime vigne storiche della Val Borbera, che stanno tutte nella sponda di Figino” ha raccontato Maurizio Carucci. È una spremuta di 25 varietà di uva, l’80% a bacca nera, il 20% a bacca bianca, vendemmiate tutte insieme. “Alcuni lo chiamano paciugo, per disprezzarlo, ma per noi paciugare, mischiare, significa complessità e ricchezza. E poi queste sono le ultime vigne di un territorio, bisogna come minimo portar loro rispetto” ha continuato, presentando il vino. Un’etichetta molto apprezzata anche sui mercati esteri che dimostra “che questo territorio ha una valore, che altri riconoscono anche quando qua non siamo in grado di farlo”. La sfida continua. Ed è già servita, perché passi in avanti in questi due anni ne sono stati fatti.
Ristorante Belvedere
Località Pessinate, 5
15060 Cantalupo Ligure (AL)
Tel: +39 347 199 3287
www.belvedere1919.it