Testo di Luca Sessa
Foto cortesia di Studio Cru
Il progetto imprenditoriale e di rivalutazione della DOC Ostuni, l’inno al potenziale di un terroir sui generis
Testo di Luca Sessa
Foto cortesia di Studio Cru
“Il mio primo ricordo di vita è legato alla vigna. Avevo circa tre anni e accompagnavo, come spesso accadeva, mio nonno che di mestiere faceva quello degli innestini. Andava di terreno in terreno a innestare le viti. Era un febbraio freddissimo e quel ricordo è sempre vivo in me”. È passato qualche decennio da quei momenti e oggi Dario De Pascale racconta con emozione quei primi passi mossi in vigna che hanno dato origine a un sogno divenuto realtà. Siamo in Puglia, più precisamente a Ostuni in Valle D’Itria, terra di Trulli e oggi meta turistica tra le più ambite: qui per molto, troppo, tempo la viticoltura è stata svilita da scelte infelici. Nonostante la tutela riservata all’area ostunese, infatti, gli incentivi all’espianto dei vigneti, gli scandali dell’enologia italiana negli anni Ottanta e politiche nazionali e comunitarie poco lungimiranti hanno portato alla estirpazione della quasi totalità della superficie vitata di questo territorio che contava oltre 4000 ettari. Un danno consistente per il comparto vitivinicolo e per la Doc Ostuni che è sopravvissuta solo grazie al lavoro della famiglia Greco che con un solo ettaro di proprietà ha rivendicato ogni anno la denominazione. Oggi Dario con il progetto Amalberga punta a raccontare e valorizzare questo territorio affinché abbia la posizione che merita nel panorama vitivinicolo regionale.
Sangue ostunese, agricoltore per vocazione, Dario ha ereditato dal nonno la passione per la vigna e dopo gli studi presso l’Istituto Agrario e il corso da sommelier ha iniziato da giovanissimo a lavorare nel mondo della ristorazione sviluppando una profonda conoscenza del panorama vinicolo locale e nazionale. Partendo da un piccolo appezzamento di terra nel quale si cimentava in una produzione ‘casalinga’ di vini successivamente proposti con successo nell’Osteria di famiglia, il progetto imprenditoriale e di rivalutazione della DOC Ostuni ha preso forma, anche se sono serviti quasi dieci anni per arrivare all’idea iniziale. Prima l’acquisizione delle autorizzazioni per costruire l’impianto, quindi l’individuazione di un casolare con terreno adatto alla viticultura quindi, dopo varie vicissitudini burocratiche, l’inizio dei lavori (rallentati dal covid). Nel frattempo il progetto si amplia con l’ingresso di due soci, Roberto Fracassetti, imprenditore bergamasco nel settore tessile, e Roberto Candia, che completano il team che comprende anche gli enologi Valentino Ciarla e Gloria Battista, moglie di Dario.
Vinificazione essenzialmente in acciaio, termoregolata, con presenza di azoto in vasca per limitare l’utilizzo di altre sostanze e per ridurre i processi ossidativi: questo in sintesi l’approccio voluto da Dario che, al tempo stesso non rinuncia mai alla sperimentazione in anfora per alcuni vitigni portati a lunga macerazione. “La nostra produzione attualmente è di 50.000 bottiglie e l’obiettivo massimo è arrivare a 100.000 e non oltre, per rispettare la nostra filosofia di lavoro. Abbiamo scelto di ridurre i prodotti fitosanitari in tutte le fasi, per mettere la pianta in condizione, nonostante lo stress idrico e climatico, di lavorare senza forzare troppo, riuscendo a ottenere un’uva di qualità grazie ai terreni calcarei che compensano l’assenza di piogge” sottolinea Dario. Il passaggio successivo? L’affinamento in cemento, “la naturale chiusura del cerchio. Il recupero di vecchie vasche provenienti da varie cantine di ogni angolo d’Italia ci ha consentito di averne oggi a disposizione un buon numero. Parliamo di vasche che vanno dagli anni 30 agli anni 80, dismesse, pronte a esser demolite ma ancora perfettamente integre. Perché il cemento? Per non aggiungere nulla a un vino che nasce dall’ottimo lavoro fatto a monte in vigna, con l’obiettivo di realizzare bottiglie in grado di resistere nel tempo. Il nostro progetto diverrà vincente se riusciremo a far percepire nel bicchiere la natura di un vitigno!”.
Ma cosa rende interessante il progetto Amalberga? Potremmo dire un po’ tutto, a partire dal nome che corrisponde a quello della monaca belga Amalberga di Temse, nota come santa nelle Fiandre, protettrice di agricoltori e marinai. Colpisce la cantina, progettata con uno sguardo al futuro e alla sostenibilità della struttura stessa che rispetta e risparmia il suolo, punta all’efficientamento energetico e permette un bilancio idrico a zero perdite, tramite la raccolta in ampie cisterne di tutte le acque piovane e il riutilizzo di quelle impiegate nelle diverse attività. Inoltre, l’intera parte produttiva è stata costruita nel sottosuolo, con la realizzazione di due piani interrati che collocano la struttura fino a 15 m di profondità. Le temperature costanti del sottosuolo consentono di operare vinificazioni e affinamenti nelle migliori condizioni possibili, in una situazione di massimizzazione del risparmio energetico e senza l’utilizzo di climatizzazione. È qui che Dario vuole riuscire a riscoprire e valorizzare la denominazione DOC Ostuni proponendo vini eleganti, di struttura, contemporanei che raccontino la storia, le tradizioni e le caratteristiche di un territorio straordinario, ma dal potenziale inespresso. Negli 11 ettari di proprietà e nei restanti 12 di aziende collegate si allevano le viti di francavilla, impigno, minutolo, bianco d’Alessano, verdeca (alberelli di oltre 60 anni), e come vitigni rossi primitivo (vigneti risalente al 1952), ottavianello, susumaniello, aleatico e negroamaro (con un’età media di 55 anni), un vero inno al potenziale (per troppo tempo inespresso) di questo terroir unico.
Le buone intenzioni trovano felice riscontro nel calice, con l’assaggio di alcuni dei vini più interessanti della produzione di Amalberga, degustati nell’area dedicata all’accoglienza che si sviluppa al piano terra della cantina. Un giardino di oltre 600 mq e Ama Chilometrozero, una struttura con forme lineari e grandi vetrate per integrare lo spazio con la luce ammirando il paesaggio, un ristorante di campagna, dove sarà possibile partecipare a corsi di cucina incentrati sulla gastronomia locale o degustare i cibi della tradizione a chilometro zero. I vini di Amalberga esprimono armonia e concretezza, uniscono bevibilità e longevità: accade con Stùne, l’Ostuni DOC di Amalberga, un bianco contemporaneo, fresco e, al tempo stesso, dal carattere ambizioso. Un vino che vuole trasmettere il potenziale inespresso di un angolo di Puglia che non vuole essere dimenticato dalla viticoltura e dall’enologia regionale e nazionale. Colpisce anche Icona D’Itria una speciale interpretazione della verdeca, che grazie a un terroir unico e vigneti di oltre sessant’anni diventa un vino bianco espressivo, strutturato, di grande freschezza. Molte etichette sono legate dal filo conduttore rappresentato da mani dipinte in varie pose e colori, un segno distintivo della produzione di Amalberga: “L’azienda è nata con una stretta di mano, un elemento fondamentale per il nostro lavoro. Le mani per noi sono importantissime, le usiamo ogni giorno per toccare la terra, cogliere i grappoli, valutare le uve, assaggiarle. Pur risultando imprescindibile il ricorso alla tecnologia, il valore materiale e simbolico delle mani resta per noi quello distintivo del nostro modo di fare vino” ci confida Dario.
Cantine Amalberga
Contrada Vallegna S.N.
72017 Ostuni (BR)
Tel: +39 328 316 0853
www.amalberga.it