Testo di Isabelle Grabau
Foto di Paca
Paca. Crasi con piglio pragmatico di due nomi che cavalcano l’onda dei primi successi nel tortuoso mondo del fine dining. Niccolò Palumbo (chef) e Lorenzo Catucci (maître e sommelier), trentenni o poco più, aprono nel 2019 il loro secondo ristorante a Prato che finalmente, dopo mesi di chiusure e semi aperture, può godere della felice presenza di ospiti interessati, interessanti e curiosi.
Studio costante, territorio e innovazione. Materie prime ricercate, produttori locali, attenzione alla sostenibilità e agli sprechi sono quello che traspare dalla proposta gastronomica. La carta dei vini segue di pari passo il concept: territorio molto presente, particolari scoperte regionali, grandi classici e profondità di annate anche internazionali. A solo un anno dall’apertura, il Paca viene riconosciuto dalle più importanti guide gourmet italiane.
Rocco de Santis (chef del Santa Elisabetta di Firenze, due stelle Michelin), curioso scopritore di nuovi spazi gastronomici valorosi, sperimenta la cucina del Paca di Niccolò Palumbo (con esperienze al fianco di Cannavacciuolo, Berasetegui e Bracali) e ne riconosce tenacia, tecnica, cultura e talento. Viceversa, Niccolò stima e riconosce un professionista come Rocco e cerca di carpirne consigli ed esperienza. Così durante un dopo cena di confronti e chiacchiere, nasce l’idea di proporre un progetto a 4 mani.
Definirla cena a 4 mani, infatti, è riduttivo. Forse collaborazione o immersione in due mondi che per una sera sono diventati uno, a partire da entrambi gli staff che hanno collaborato insieme, fino ai piatti degli chef, ponderati attentamente. 5 portate che si fondono con armonia ed equilibrio in un’esperienza dal sapore rassicurante e lineare seppur con ingredienti e accostamenti a volte inusuali, dove le mani dell’uno e dell’altro si riconoscono ma non si prevaricano mai, per portare la portata successiva sul palcoscenico e valorizzarla al meglio.
Dopo una chiacchierata con gli chef ci rendiamo conto che più che parlare di cibo abbiamo parlato di valori, di affetto, di stima per chi parte dal basso lottando ogni giorno e di talento da valorizzare. Per questo Rocco de Santis, nella sua domenica di riposo, con tutto lo staff del Santa Elisabetta di Firenze, ha voluto supportare il Paca e i suoi ragazzi, perché ne riconosce un grande valore che va incentivato e aiutato a crescere, e se (come crediamo) raggiungerà il successo che merita, a gioirne saranno in molti.
Innovare, rendere contemporanea la tradizione, abbinare ingredienti inconsueti trovando l’equilibrio (quasi) perfetto, una linearità pulita e piacevole, senza troppi voli pindarici o ampollosità, che racchiude tecnica e conoscenza delle materie prime, carattere ed eleganza a ogni boccone. Questo è il messaggio che mi è arrivato dalla cucina della serata. Sono rimasta particolarmente colpita Ceci, ceci, ceci. Chips di ceci, gelato di ceci, aria di ceci perché con un solo ingrediente trattato con diverse tecniche ho avuto un esponenziale brivido di goduria.
Animella, salsa ponzu, scampi, mela verde è una proposta che mi ha interdetta ma che voglio raccontare, forse anche un po’ provocatoria, dove però ho riconosciuto un ping-pong di grassezza e succulenza che mai avrei pensato potesse piacermi, stupita dal gioco di consistenze simili ma non uguali, un piatto, credo, che ami o odi, e io non ho ancora capito da che parte sto :-); il bello della cucina.
Interessante il Tortello di fondo bruno, crema di terra, capasanta abbinato a un vino dolce come il Saussignac 1998 – Chateau le Payral, e inconsueto l’abbinamento del vino “alla cieca” con la Triglia in crosta di pane allo zafferano 2015, scoperto poi alla fine con grande sorpresa il Vernero di Lorieri, un vermentino nero toscano del 2013. Tutti i panificati me li sarei portati a casa come la piccola pasticceria. Degno di nota il dolce del giovane pastry Gabriele Palumbo, già con due esperienze importanti alle spalle come Villa Crespi e Caino.
Paca
Via Frà Bartolomeo, 13
59100 Prato (PO)
0574 182 0222