Testo di Tania Mauri
Foto cortesia di Food For Future Festival
La città di Alba protagonista del futuro della cultura gastronomica italiana. In attesa della seconda edizione nel 2024 vi raccontiamo i temi che sono emersi e i momenti più salienti.
Non solo tartufo per la città di Alba. Il 26 e il 27 novembre scorso la storica cittadina delle Langhe è stata protagonista di un coinvolgente e interessante congresso che ha messo la cultura gastronomica al centro del palcoscenico. E non è solo un modo di dire perché il Food For Future Festival ha portato, per due giorni, una platea di curiosi e appassionati del mondo gastronomico nel Teatro Sociale di Alba. L’iniziativa è stata voluta dalla Città di Alba, nell’ambito dei progetti della Città Creativa Unesco per la Gastronomia, in collaborazione con Luciano Tona (cuoco e Ambasciatore di Alba Città Creativa Unesco) e con la giornalista enogastronomica Sarah Scaparone, che hanno coinvolto 40 relatori, 11 panel e 9 talk dedicati al paese ospite, la Francia.
Tanti i temi trattati nell’ambito di un congresso che ha saputo, in primis, innovare nel format: un teatro che si trasforma in sala da ristorante, 10-15 minuti a testa per esprimere i concetti fondamentali legati al futuro della gastronomia attraverso esempi personali e imprenditoriali con un ritmo incalzante, coinvolgente. “Un format – spiegano gli organizzatori – capace di rimettere al centro della tematica gastronomica la parola con riflessioni fuori dal cucinato, attraverso chiacchiere informali e intime. Un festival che ha portato la cultura gastronomica al centro della discussione con i protagonisti del sistema chiamati a ragionare su temi che spesso hanno rivelato lati comuni”.
La domenica si è aperta con un dibattito sulla pasticceria in cui le giovani generazioni, rappresentate da Christian Marasca (Zia*, Roma) e Maicol Vitellozzi (Torino), hanno evidenziato come, sia nei laboratori che nella ristorazione, ci sia un ritorno alla classicità, al valore della gestualità, della naturalezza e semplicità ben lontane dalle sovrastrutture che hanno contraddistinto gli ultimi anni. Concetto di gestualità che torna dei discorsi legati alla montagna della cucina di Antonio Biafora (Hyle*, San Giovanni in Fiore-Cs) e di Simone Cantafio (La Stua de Michil*, Corvara-Bz) che lancia il progetto di Incö, con un tavolo che risponde alla quotidianità dell’offerta gastronomica, o testimoniata dalla lavorazione di una sfoglia che rappresenta una tradizione in continuo divenire come hanno raccontato la sfoglina Rina Poletti e Beppe Rambaldi (Cucina Rambaldi, Villardora-To). E ancora filiere alimentari, caccia, gusto acido e mediterraneità, territori, architetture, valori capaci di portare culture agricole nelle cucine delle città che diventano a loro volta luoghi di trasmissione di artigianalità, gestualità, conoscenza.
Il lunedì sono stati chiamati a raccontare la loro visione di cucina gli chef e i pasticceri francesi. 13 stelle complessive quelle di Blanche Loiseau (Loiseau du temps, Besançon), Boris Harispe (L’Abissiou*, Sable-d’Olonne), Kazuyuki Tanaka (Racine**, Reims), LoÏc Villemin (Toya*, Faulquemont), Jérôme Jaegle (Alchémille*, Kaysersberg-Vignoble), Muriel Aublet-Cuvelier (chef e pasticcera, Parigi), Jérôme Schilling (Lalique**, Bommes), Marius Dufay (Mirazur***, Mentone), Régis Marcon (Restaurant Marcon***, Saint-Bonnet-le-Froid) e un unico grande pensiero comune: quello che la Francia sia stata e restiun Paese dalla grande storia gastronomica e culinaria e dalla forte identità, ma c’è dell’altro.
“L’importanza di questo Paese è conosciuta – spiega Marcon nel suo intervento di apertura – ma come francese per me è un problema essere sempre presentati come dei maestri che devono insegnare agli altri. Dobbiamo essere orgogliosi della nostra storia, ma si scrivono sempre nuove pagine bianche e ci sono oggi tanti altri Paesi che si sono affermati nel mondo della ristorazione globale”. E così la grandeur francese, impeccabilmente rappresentata dalle divise bianche e dal segno di riconoscimento di Mof (Meilleur Ouvrier de France) guarda al mondo con messaggi chiari dettati da consapevolezza e umiltà. “Abbiamo meno apertura mentale di altre nazioni – spiega Schilling – siamo più solitari, mentre oggi servono la connessione e la contaminazione. Siamo autoreferenziali, ma dovremmo capire che tutti hanno delle possibilità e tanto da dire”.
Potremmo dunque riassumere così il confronto con i colleghi d’oltralpe: la Francia continua ad avere una grande considerazione nel patrimonio gastronomico e su questa base costruisce grandi rapporti con altri Paesi, ma oggi è alle prese con una nuova visione. L’alta ristorazione in Francia sta diventando un baluardo contro l’incertezza delle trasformazioni sociali, delle tensioni che percorrono il Paese stremandolo. Andare oggi in un ristorante gastronomico significa trovare calma, armonia, sospensione: il ristorante è un luogo in cui assaporare il meglio in termini di cibo, ma anche di maniere, accoglienza, sentimenti, valori, principi diventando sempre più luogo di cultura anche contro l’imbarbarimento della società.
E poi c’è il capitolo pasticceria, rappresentato da Aublet-Cuvelier e Dufay: Oltralpe la pasticceria va verso una diversificazione molto forte (boutique, ristorazione, consulenza) con carriere strutturate, una grande attenzione all’innovazione tecnologica e alla professionalizzazione anche sulle reti sociali. Ma la pasticceria può anche essere trainata grazie ai mezzi di un ristorante tre stelle, luogo di sperimentazione, e ne diventa una disciplina usando lo stesso approccio della cucina (anche sul lato vegetale) connettendosi ad aspetti di cultura di cui la cucina fa parte.
E proprio il mondo vegetale è stato toccato da diversi interventi come quelli di Villemin, Schilling e Jeagle, capace di incantare la platea anche con i suoi racconti legati ai pesci del Reno e all’utilizzo dei meno nobili in cucina, ma non sono mancati richiami al fatto che la cucina stia diventando un’agorà in cui discutere e dialogare e far evolvere costumi legati alle vecchie brigate come ha raccontato Blanche Loiseau, evidenziando problemi di relazione gerarchica sempre più orizzontale e di genere.
E seppur dai discorsi non sia emersa una rivoluzione in atto e se oggi nel salato la Francia può essere considerata uno dei tanti paesi vocati alla gastronomia, nel settore del dolce e nell’innovazione pasticcera resta indiscutibilmente il più dinamico e di riferimento.
È stato un indiscutibile successo. Lo hanno detto tutti e lo hanno confermato in tanti, anche nei commenti a caldo durante i due giorni che si sono conclusi con l’annuncio dell’Assessore al Turismo della Città di Alba, Emanuele Bolla, del lancio della sua seconda edizione per il 2024. Stay Tuned, la prossima edizione è già dietro l’angolo.
Il Food For Future Festival si è svolto grazie al contributo di Ministero del Turismo, Regione Piemonte, Fondazione CRC e con il supporto di Asprocarne, Enoteca Regionale Piemontese Cavour, Alba Accademia Alberghiera, Consorzio Alta Langa, Confagricoltura Cuneo, Crudo di Cuneo Dop, Fantolino, Lavazza, Pan ed Langa, Famija Albeisa, Ente Turismo Langhe, Roero e Monferrato, Dieci Group. Media Sponsor è stato Pasticceria Internazionale.