Testo di Tania Mauri
Foto cortesia
Un tour nelle cantine della Sicilia Occidentale dove ogni bottiglia racconta una storia
Spiagge sconfinate, mare blu, parchi archeologici, piccoli borghi e grandi città. La Sicilia è indubbiamente un’isola che affascina e offre paesaggi e scenari fuori dal comune. Tra i tratti più frequentati dai turisti vi è quello tra il capoluogo – Palermo – e Trapani, affacciata sul mare di fronte alle Isole Egadi. Questa è una zona ricca di cultura e aree naturali, nota anche per la produzione agricola e per i vigneti e gli oliveti che dominano i paesaggi dell’entroterra. In Sicilia i vini hanno sempre una lunga storia alle spalle – non a caso Assovini Sicilia quest’anno ha festeggiato venticinque anni dalla sua fondazione e vent’anni dalla prima edizione di Sicilia en Primeur – e in quest’area agricola, ricca di colline e vigne, il vino è spesso il mezzo per raccontare le bellezze del territorio e di quelle famiglie che, con le loro cantine, hanno fatto dell’enoturismo uno strumento del patrimonio storico e vitivinicolo. Scopriamo insieme le loro storie.
Tenuta Rapitalà, tradizione francese e cuore siciliano
Situata in provincia di Palermo, su un territorio che da Camporeale scende verso Alcamo, la Tenuta si estende sulle dolci colline disegnate dai filari delle vigne che si susseguono illuminati dal sole e dai colori che la Sicilia rende ineguagliabili. Questa cantina ha una storia che inizia nel 1968 quando Hugues Bernard conte de la Gatinais, originario di Saint-Malo in Francia, sposa Gigi Guarrasi, discendente di una grande famiglia palermitana. Con lei si impegna in una appassionante e coraggiosa avventura: la ricostruzione con criteri moderni della cantina distrutta dal terremoto della Valle del Belice. Il conte de la Gatinais si dedica alla riconversione varietale e colturale dei vigneti e, già trent’anni fa, vengono affiancati ai vitigni autoctoni i grandi vitigni francesi. Oggi, l’opera iniziata da Hugues de la Gatinais e dalla moglie Gigi viene portata avanti dal figlio Laurent con la stessa cura e la stessa passione. Con i loro vini si possono ripercorrere i profumi e i colori della vegetazione che circonda i vigneti della tenuta, punto focale dell’intera azienda. Vino da non perdere: Conte Hugues 2021, Chardonnay Sicilia DOC: vino morbido con richiami di aromi mediterranei, struttura ampia e appagante con finale lungo e persistente.
Tenuta dei Principi di Spadafora, alla corte del principe, vignaiolo e cuoco
Nell’agro di Monreale, non distanti da Camporeale, sorge la tenuta di famiglia Spadafora, nobile famiglia siciliana, le cui prime tracce risalgono al 1230. Il fondatore dell’azienda agricola è don Pietro dei Principi di Spadafora, ricevuta in eredità dallo zio Michele De Stefani, agricoltore e allevatore di cavalli da corsa. Don Pietro si impegna sia nella ricostruzione che nella riqualificazione dell’azienda danneggiata dal terremoto del 1968 rivalutando i vigneti autoctoni e portando in Sicilia quelli alloctoni destinati alla nascita di vini di qualità. Oggi alla guida c’è il figlio Francesco Spadafora che vive nella bellissima tenuta di Virzì e si occupa delle vigne. Dal ’93, decise di vinificare solo con l’uva coltivata nella sua terra e di produrre la prima bottiglia che dedica al padre. Il passaggio al biologico è stato inevitabile, visto anche l’attaccamento a questo posto, e la passione per la cucina lo porta a essere un cuoco sopraffino capace di esaltare la materia prima con piatti gustosi e semplici. Oggi lo affianca la figlia Enrica – a cui ha dedicato l’unica etichetta di metodo classico ndr – che si occupa della comunicazione della cantina portando una ventata di freschezza. Enrica è anche esponente di Generazione Next ovvero i giovani vignaioli under 40 anni di Assovini Sicilia. Vino da non perdere: Siriki Orange Bio IGP 2017, Grillo: è l ’orange wine dell’azienda, sentori mielati e di fiori appassiti, con accenni fumé. Al sorso è piacevole, rotondo e ben equilibrato.
Donnafugata, esplorando i luoghi del Gattopardo
Tra le colline di Contessa Entellina, si trovano i vigneti dove nasce Donnafugata. Stiamo parlando della villa di famiglia, dove ogni dettaglio racconta la personalità e il gusto di Giacomo e Gabriella, i fondatori di Donnafugata. Passione, dedizione e innovazione sono gli elementi fondamentali che hanno permesso a Donnafugata di dare nuova luce alla percezione del vino siciliano nel mondo. Le etichette sono piccole produzioni di pregio da territori unici, dalle tenute di Contessa Entellina e dell’isola vulcanica di Pantelleria, alla Sicilia orientale con le tenute di Vittoria (Acate) e dell’Etna. Il nome Donnafugata deriva dal romanzo di Tomasi di Lampedusa – il Gattopardo – e significa “donna in fuga” e fa riferimento alla storia di una regina che trovò rifugio in quella parte della Sicilia (dove oggi si trovano i vigneti aziendali, ndr). Una vicenda questa che ha ispirato il logo aziendale: l’immagine della testa di donna con i capelli al vento che campeggia su ogni bottiglia. D’altronde le donne di famiglia sono una presenza fissa in azienda a partire da Gabriella, pioniera della viticoltura in Sicilia, alla figlia Josè Rallo, splendida manager e cantante jazz per passione, fino alla nipote Gabriellina, ormai coinvolta da qualche anno. Vino da non perdere: Ben Ryé 2022, Passito di Pantelleria Doc: passito fresco e avvolgente, con note di albicocca, pesca gialla, frutta tropicale, miele, scorza di arancia candita e sentori di macchia mediterranea.
Cantina di Serra Ferdinandea, un’isola felice tra boschi e vigneti
Luogo speciale dove la natura e la straordinaria bellezza del territorio si esprimono in prodotti agricoli unici, Serra Ferdinandea si estende su un territorio tra i 400 e i 500 m di altitudine tra boschi, vitigni e macchia mediterranea tra Sciacca e Sambuca di Sicilia, non lontano dal mare e dal Monte Kronio. Qui, nel 1831, emerse – e velocemente scomparve sprofondando nei fondali marini – la leggendaria Isola Ferdinandea. Contesa da italiani e francesi, l’“Insula in mari nata” nacque da una catena di vulcani sottomarini che si estendono sotto il Canale di Sicilia e ispirò, tra gli altri, scrittori come Verne, Pirandello e Camilleri. Serra Ferdinandea è un’azienda agricola nata nel 2021 dalla collaborazione tra le famiglie Oddo e Planeta, entrambe attive nel mondo vitivinicolo rispettivamente in Francia e in Sicilia ed è concepita come un organismo agricolo ideale in regime biodinamico fondato sui principi del rispetto dell’identità del luogo e della tutela e valorizzazione della biodiversità. È un insieme di coltivazioni che spaziano dalla vite al grano Perciasacchi, dai legumi, come i ceci di varietà Sultana, ai fichi e al miele di ape nera sicula. Vino da non perdere: Serra Ferdinandea Sicilia Doc, un bianco, 50% Grillo e 50% Sauvignon Blanc, con sentori floreali di acacia e camomilla ma anche miele e frutta secca, al palato è fresco, aromatico e persistente, con un’ottima mineralità.
Candido, la temerarietà di Remigio
Casa e lavoro. Poco distante da Camporeale, l’azienda è stata pensata e costruita da un viticoltore amante della terra e della natura. Remigio Candido ha passato la sua vita a vedere e ammirare la sua famiglia coltivare con passione e fatica i campi e i vigneti. La vigna gli ha trasmesso quell’umiltà necessaria per creare prodotti di eccellenza rispettando madre natura e tutte le risorse che gli fornisce spontaneamente. Remigio, insieme alla moglie Michela e i figli Paolo e Vincenza, hanno deciso di vivere tutto l’anno nella casa accanto alla cantina per potersi dedicare appieno alla cura dei vigneti e per godere ogni giorno del paesaggio mozzafiato di questo luogo. L’amore per la natura spinge la famiglia Candido a utilizzare metodologie di lavorazione delle uve che rispettino il più possibile i profumi e i sapori dei frutti della terra. L’impegno della cantina è tutto riversato nella coltivazione biologica e nel trattamento delle uve che ricorda l’antica cultura rurale del vino. La cantina, fondata negli anni 80, è in via di ristrutturazione, ma vale la pena venire a trovarli non solo per il vino ma anche, se siete fortunati, per la cucina della signora Michela che delizierà i palati con i piatti della tradizione siciliana più autentici. Vino da non perdere: Nero d’Avola, rosso rubino con riflessi viola, morbido, vellutato e persistente.
Feudo Disisa
Tra le valli che si allungano dalle montagne del corleonese sino al golfo di Castellammare, Feudo Disisa appartiene, da oltre un secolo, alla famiglia Di Lorenzo guidata oggi da Renato Di Lorenzo con il supporto della moglie Maria Paola e dei due figli Laura e Mario. Storicamente veniva considerata una delle “campagne” più rinomate dell’agro di Grisì nel territorio di Monreale. Immersa in una natura incontaminata, l’azienda agricola era particolarmente vocata alle produzioni tradizionali che, oltre al grano, avevano nella vite e nell’ulivo le espressioni più importanti, oltre all’allevamento bovino praticato ancora oggi. Intorno a questo baglio dal fascino antico, Feudo Disisa ha sempre rivendicato come “strategica” la scelta di affiancare a vitigni autoctoni anche quelli internazionali, consci che è il terroir a definire l’espressione varietale di ciascun vitigno. Piantare chardonnay e muller thurgau in Sicilia non era facile, ma si trattava di una sfida stimolante, portata avanti con spirito pionieristico e che ha dato risultati sorprendenti. Disisa può vantare il primo e più vecchio vigneto di uve chardonnay della Sicilia. Non solo vino però: gli ulivi millenari presenti nella tenuta sono da sempre parte integrante del paesaggio che circonda il Feudo. Le olive autoctone delle varietà Cerasuola, Nocellara e Biancolilla sono raccolte manualmente, sottoposte a molitura con estrazione a freddo presso il frantoio aziendale, entro e non oltre due ore dal raccolto. Vino da non perdere: Feudo Disisa Grillo 2022, bouquet fruttato ed equilibrato, con eleganti note di fiori freschi e di agrumi.