Testo di Lodovica Bo
Foto cortesia di Alois Lageder
Quando si sente parlare di innovazione, tradizione e avanguardia a volte arriva prima la grandezza delle parole in sé rispetto ai fatti. Mi spiego meglio, queste tre parole insieme sono sicuramente ricche di significato, ma quante sono effettivamente le realtà che uniscono insieme in modo dinamico questi aspetti? Nel mondo dell’enogastronomia, spesso, abbiamo a che fare con realtà storiche che vengono prese in mano da successori come figli o nipoti. Qui, infatti, abbiamo il classico esempio di realtà che uniscono tradizione a innovazione, perché i tempi mutano e le prospettive e le idee anche. C’è chi riesce a conciliare perfettamente la storia tradizionale di un’azienda con la mutazione del senso dell’innovazione dei tempi e dei punti di vista. Se questi due aspetti insieme vengono completati da un senso avanguardista allora sì che la realtà si pone, a mio avviso, su un piano diverso.
È l’esempio dell’Azienda Alois Lageder, azienda vitivinicola altoatesina, che ha fatto della sua realtà non solo un business, ma un esempio di realtà virtuosa. Poco tempo fa sono stata in visita presso l’azienda e devo dire di esserne rimasta piacevolmente affascinata. Fondata nel 1823, oggi la tenuta è gestita dalla sesta generazione della famiglia Lageder: Helena, Clemens e, in parte, Anna. Ci sono diversi aspetti che colpiscono di quest’azienda, in primis il fatto che la presenza giovanile è preponderante. Sembrerà banale o strano dirlo ma quasi mai mi è capitato di entrare in un’azienda così longeva con questa prevalenza di giovani. L’altro aspetto è la filosofia olistica dove tutto è un unico, ma allo stesso tempo interconnesso al resto: alla natura, alle risorse, all’uomo.
Lageder è una delle aziende più consolidate dell’Alto Adige, è sinonimo di vini freschi e vivaci della regione. Ma non solo, a mio parere Lageder è sinonimo di avanguardia. Essere avanguardista significa saper aspettare, ma anche saper lasciare andare: è saper usare le tradizioni in favore dell’innovazione. L’avanguardia sta anche nella libertà, quella lasciata dal padre Alois nella nuova conduzione giovanile, così come quella che i due giovani si prendono e concedono nella loro stessa gestione.
Libertà non significa essere sopra le righe, ma saper essere liberi di prendere le proprie decisioni, che a volte sono in linea con le scelte passate e altre significa solo essere liberi di sbagliare per trovare le proprie soluzioni. È così che infatti agiscono oggi, seguendo la tradizione dei vini che li hanno contraddistinti, così come provando nuovi vini, le cosiddette comete, nel tentativo che qualcuna di questa si fermi e si consolidi nella linea storica.
Del principio biodinamico ne hanno fatto una filosofia aziendale, applicata ai vini, scambiando idee e conoscenze con i partner agricoltori, e alla terra più in generale, con l’orto, la piccola farm e il ristorante. Dalla forza naturale di un bellissimo e ricchissimo orto detto GrandOrto, nasce infatti Paradeis, il ristorante certificato biologico che porta a tavola le ricchezze donate dalla terra, insieme a qualche animale (buoi, polli e maiali) per il solo scopo di autoproduzione. La visione biodinamica di sviluppare la Tenuta in un’agricoltura olistica, una coesistenza simbiotica di piante, animali e persone, si esprime infatti anche, e come conclusione del cerchio, nel ristorante Paradeis. È la vita che dà forma a tutte queste realtà messe insieme, creandone qualcosa di unico e connesso, chiamato proprio da loro The Living Farm.
“La voglia di sperimentare e lo spirito innovativo ci portano a giocare con i potenziali del nostro territorio e a intraprendere sempre strade nuove. Cercando di adeguarci alla natura, di cui ci sentiamo parte integrante, dobbiamo avere il coraggio di correre dei rischi. Dimostrare perseveranza. Concedere tempo.
Un obiettivo importante nella nostra attività è la crescita qualitativa continua. Siamo convinti che anno dopo anno dovremo e vorremo migliorare la qualità dei nostri vini, magari riscoprendo alcune tecniche tradizionali come la macerazione sulle bucce o a grappolo intero nella produzione dei bianchi, lavorando con vitigni antichi o atipici. Dopo aver convertito tutti i vigneti di proprietà della famiglia all’agricoltura biologico-dinamica, da diversi anni ci stiamo adoperando per convincere anche i nostri conferitori a fare altrettanto. Ad oggi il 50% della loro superficie vitata è passata alla coltivazione biologico-dinamica o è in conversione alla coltivazione biologica o biologico-dinamica. Inoltre, ci stiamo adoperando per rivitalizzare la transumanza nell’allevamento animale”, concludono Helena e Clemens Lageder.