Testo e foto di Amelia De Francesco
L’occasione è “7volte Forte”, la tre giorni di festa organizzata dal Birrificio del Forte di Pietrasanta nei suoi locali (magazzino e stabilimento produttivo). L’evento è la presentazione al pubblico e alla stampa della nuova gamma di birre IGA (Italian Grapes Ale), Le Radici, messe a punto dal birrificio nel 2018.
Le Radici raccontano una storia di sconfinamento, del punto di contatto fra due mondi, quello brassicolo e quello del vino, di un progetto sulla scia dello stile del birrificio artigianale pietrasantino, le cui parole d’ordine sono “eleganza, equilibrio e classicità”.
Niente montagne russe gustative nel bicchiere, dunque, ad accompagnare Il Tralcio e Birrasanta, ma la mano esperta di Diego Poli, chef di Filippo MUD (Pietrasanta) con la proposta di alcuni abbinamenti per mettere alla prova la gastronomicità delle due birre.
Si parte da Il Tralcio, che sin dal nome richiama il vino e che il mastro birraio e anima del birrifico, Francesco Mancini, ha dedicato alla nascita del figlio, una unione di due mondi alcolici nell’utilizzo del mosto d’uva, omaggio alla sua compagna, Sara, che proviene da una famiglia di produttori di vino.
Per questo motivo, in un secondo richiamo voluto, la gasatura della birra è più elevata, a ricordare un Metodo classico (senza però la sboccatura finale, giacché il prodotto resta sui lieviti).
Nel bicchiere il colore è carminio e velato, la schiuma rosata e consistente, sa al naso di crosta di pane, di nocciola e tostatura (e fin qui restiamo nel mondo birrario) a cui si affiancano con grazia sentori di frutto rosso sciroppato, fico e mela cotta (e qui scivoliamo nei descrittori del vino), In bocca ecco un incipit morbido con residuo zuccherino ma un finale asciutto, quasi tannico, da vino rosso.
La gradazione piuttosto elevata, 10°, porta questa birra in un territorio nuovo e la trova pronta alla prova di abbinamento con un piatto complesso e tripartito: Piemontese cruda glassata con brodo di tonno affumicato in legno di faggio e foglia di cappero – Noodles di capasanta frullata cruda e cotta in brodo di alga Nori e Katsuobushi con zenzero fresco, finocchietto marino e aglio nero fiammeggiato – Croccante di farro, rosmarino e limone.
La parte morbida dovuta all’alcool ben ha equilibrato il match (non semplice) birra-piatto. Forte la balsamicità mediterranea scatenata da limone e finocchietto, che si rincorrevano, complice l’affumicatura della birra.
La Birrasanta nasce invece da un progetto di affinamento e maturazione nei legni dove ha riposato del Vinsanto dopo il travaso dai caratelli. Questa prima edizione, definita da Mancini “statuaria” (perché prima e quindi ben scolpita in mente e in quanto “modello” per le prossime produzioni), è frutto di un blend di due distinte barrique. Ossidata, balsamica, sa di macchia mediterranea e di mare (quello della Versilia). Non presenta gasatura dato che la CO2 si disperde nel legno, ha un alto residuo zuccherino, che viene controbilanciato dalla componente acidula che ripulisce la bocca lasciando un sapore piacevole di mandorla e amaretto. Parlando agli appassionati di vino: a occhi chiusi pare di trovarsi di fronte a uno Sherry o a un Marsala secco invecchiato. Si risconfina…
L’abbinamento pensato da Diego Poli è, in questo caso, Fusilloni mantecati in brodo di pomodoro con animelle, composta di limone e sugo di vitello. Un’esplosione prelibata di sapori il cui risultato ha esaltato alcune caratteristiche sostanziali della birra quali l’acido (eco delle Fiandre), l’uva passa e il fico disidratato, in una parabola a crescere della tannicità che faceva il paio perfetto con la succulenza delle animelle e la spinta acida del limone. Il secondo e ultimo piatto abbinato a questa birra è stato Marzapane, gelato a base mandorle e crema al mascarpone e Birrasanta, con l’alto grado alcolico, 15°, che ha aiutato nella pulizia finale della bocca.
Occasioni di sconfinamento come queste contribuiscono a ridefinire la frontiera classica del gusto dei consumatori sia di birra che di vino, sorprendendo piacevolmente anche coloro che cercano nell’abbinamento con il cibo un completamento del piatto stesso. Classiche nella loro funzione benché inusuali nella sostanza, questa tipologia di birre tipicamente italiane* si accreditano a pieno titolo per comparire nelle migliori carte dei vini e delle birre dei locali di cucina gourmet.
* (si veda anche su Cook_inc. 20 l’articolo di Eugenio Signoroni e Jacopo Cossater in cui si parla del raffronto fra IGA e Vini Frizzanti)