Testo di Pierpaolo Penco
Foto di Amelia De Francesco
Non può esserci una sede migliore di Montecatini Terme per la presentazione della guida Slow Wine 2017 di Slow Food, perché a Montecatini sembra tutto “slow”, dall’atmosfera un po’ retrò che rimanda ai fasti di un turismo che non c’è più, poco incline alla velocità metropolitana.
Così sabato 24 ottobre, con un’appendice mattutina presso il Teatro Verdi, è andata in scena quella che è stata promossa come “la più grande degustazione di vino dell’anno” nell’affascinante location delle Terme del Tettuccio, baciate da uno splendido sole (solo un giorno prima l’esito sarebbe stato assai differente!). A differenza di altre Guide, Slow Wine risparmia a produttori e pubblico la lunga carrellata di comparsate sul palco per ritirare un attestato, lasciando piuttosto spazio ad attività a valore aggiunto quali, in questo caso, un convegno sul futuro del mercato internazionale del vino, cui hanno partecipato alcuni operatori che importano o distribuiscono vini italiani in Francia, Cina e Stati Uniti
Bruno Colucci, consulente per l’agroalimentare e il vino in Francia, ha confermato come esportare vini italiani in Francia non sia più un’attività riservata ai soli commercianti che nel passato spedivano cisterne di vino sfuso da taglio ma, oggi, ci sono possibilità per i vini imbottigliati soprattutto nel commercio di prossimità “l’unico che può dare una marcia in più alle nostre produzioni, assieme alle piccole enoteche e alle botteghe alimentari”. Ne è conferma il successo del Prosecco che già esporta alcuni milioni di bottiglie, con un trend di crescita stabilmente a due cifre.
Malgrado se ne parli da almeno un decennio come la Mecca per ogni Export Manager vinicolo, l’advisor Alessandro Mugnaioli ha posto l’attenzione su come sia complicato sbarcare in Cina, Paese in cui il vino è per antonomasia francese e nel quale l’Italia arriva solo dopo Australia, Cile e Spagna. Mugnaioli suggerisce, così, di entrare nel mercato cinese attraverso la formazione degli operatori, con un lavoro congiunto fra produttori, Istituzioni ed Enti di rappresentanza finalizzato ad appassionare i consumatori di vino italiano, che è ancora troppo poco conosciuto.
Un mercato già più maturo ma ancora molto promettente, in cui l’Italia è primo fornitore a volume, è quello USA, le cui caratteristiche sono state presentate da Iacopo Di Teodoro di Artisanal Cellars e dal consulente Giuseppe Lo Cascio. Lo spunto più interessante della loro relazione, dopo alcuni preziosi dati sulla distribuzione dei consumi, ci è sembrato il profilo dei consumatori chiave per il successo sul mercato statunitense, i c.d. millennials. Giovani, in età legale per bere (21 anni), curiosi e un po’ superficiali, rincorrono soprattutto le novità, a iniziare dalle etichette, ma ripongono grande interesse verso produzioni biologiche e vini naturali.
Prima del convegno si era tenuta una (lunga) presentazione della settima edizione della Guida Slow Wine, a cura di Giancarlo Gariglio e Fabio Giavedoni, i due curatori, che hanno con orgoglio ribadito quanto scritto nella loro introduzione al volume, in particolare che questa edizione di Slow Wine è la più ricca di novità e cambiamenti che sia mai stata presentata. Tre, in particolare, le novità. La prima riguarda direttamente i criteri di valutazione delle cantine e dei vini, poiché i due riconoscimenti che hanno uno stretto legame con l’associazione, la Chiocciola e il Vino Slow, da quest’anno vengono attribuiti solo alle cantine che non utilizzano diserbanti chimici in vigna. Se non vuole essere la “guida del vino biologico”, Slow Wine ritiene che i tempi siano maturi per prendere coscienza del livello di efficacia raggiunto attraverso pratiche agronomiche che utilizzano tecniche per il controllo meccanico o manuale dell’erba che cresce nel sottofila. Ne è prova l’incremento delle cantine recensite che hanno intrapreso un percorso di conversione al biologico, oggi oltre il 50 per cento. Ecco perché la redazione di Slow Wine ritiene che sia arrivato il momento di mettere paletti ancora più restrittivi per alcuni dei riconoscimenti.
La seconda novità, forse simbolica ma non meno importante, è l’apertura dei confini recensendo diverse cantine slovene “che solo la Storia ha diviso dal continuum geografico e varietale friulano. Tra Collio e Brda, tra Carso e Kras, non ci sono montagne a fare da spartiacque né alcunché a differenziare i territori, solo un confine politico tracciato a tavolino che non ha impedito nei decenni ai vignaioli di intraprendere un percorso viticolo molto simile e di avere molte più cose in comune di quante li possano dividere”.
Infine, da questa edizione è presente in Guida una nuova sezione, che ospita una lista dei 100 migliori locali italiani in cui bere bene: enoteche, winebar, ristoranti e osterie dove acquistare e bere il vino a prezzi onesti.