Testo di Barbara Marzano
Foto: cortesia by Katz’s, NYtimes.
Scoprire. Il verbo guida per scansionare tutta New York, la città in cui si mangia a caro prezzo e si corre sempre, ma solo se non si ha la pazienza di conoscerla. Senza accontentarsi di qualche semplice hot dog in bella vista sui food truck, all’alba del 2024, saziarsi con i must newyorchesi in modo originale non è più un’impresa epica.
Iniziamo da un classico, il brunch. Anziché perdersi tra le catene che sfilano nel centro di Manhattan e dintorni, con qualche fermata di metro line si può raggiungere facilmente il cinema Nitehawk nel bel mezzo di Williamsburg, il quartiere giovane di Brooklyn. Nitehawk, oltre a essere una sala cinematografica indipendente, è stato il primo cinema dine-in con licenza di vendere alcolici nello stato di New York e il primo a offrire il servizio al tavolo. Le ordinazioni possono essere prese prima che il film inizi, ma anche durante, grazie alla discrezione del personale di sala, pronto a intervenire per qualsiasi desiderio.
Da più di dieci anni, qui si proiettano film vintage, ma anche trame d’azione, con una scelta ben selezionata, proprio come il menu proposto: si va da un piatto di scrambled eggs, al bao di anatra o al classico cestino di popcorn, salato oppure al caramello, magari accompagnato da un buon Bloody Mary.
Tornando invece indietro di una bella manciata di decadi, vale la pena spostarsi da Katz’s, nel Lower East Side di Manhattan dal 1888. Nato come deli, gastronomia in stile kosher dove la carne viene servita in tutte le sue gradazioni, dal salume alla carne affumicata, Katz’s diventa presto il punto di incontro per la comunità ebrea di quegli anni, immigrata in America, ideale per sfamarsi davanti a una ciotola di fagioli e un panino al pastrami. È questo il pezzo forte di Katz’s, un sandwich con carne di manzo cotta con il metodo tradizionale, lento, con un colorito roseo, un’affumicatura di spezie segrete e una consistenza che si spolpa in bocca.
Autentico, quanto la clientela 100% local e la tappezzeria alle pareti, un mosaico che incastra reliquie fotografiche e articoli di giornale che intrappolano il tempo. Non appena entrati, la mente rivive la scena del film Harry ti presento Sally – come scordare l’orgasmo di Meg Ryan, ripreso proprio qui – e si distrae attratta dal via vai incessante di pastrami. Questa non è l’unica delicatessen by Katz’s, perché il secondo posto se lo aggiudica il salami, da assaggiare oppure spedire ad amici e parenti, come erano soliti fare i proprietari del locale ai tempi della guerra, quando mandavano “il pacco da giù” ai figli arruolati nell’esercito (da qui la scritta “send a salami to your boy in the army” stampata su tutte le t-shirt dello staff).
Entriamo ora in epoca e quartiere di altro genere. Siamo ad Harlem, negli anni 60, da Sylvia, regina soul food dal 1962. Cresciuta nella fattoria della madre, in South Carolina, sognava di poter un giorno rimpiazzare i campi di cotone con lo skyline di New York. E non ci volle molto: già grandicella, si rimette in pari con la scuola, e nel ‘44 si trasferisce ad Harlem, insieme al compagno Herbert, dove trova lavoro come cameriera in una tavola calda, Johnson’s. Nel ‘62, dopo aver capito che per lei non si trattava di un semplice impiego, Mr. Johnson riconobbe il suo spirito imprenditoriale e le vendette il ristorante, acquisito con l’aiuto della mamma, Julia, contadina e levatrice che, scommettendo sulla determinazione di Sylvia, ipotecò la fattoria per prestarle il denaro. Dopo un concerto gospel cantato tra i banchi delle church di Harlem, una sbirciata veloce sull’Apollo Theater, Sylvia diventa un pit stop necessario in quel di New York, per fare il pieno di atmosfera soul a suon di pollo fritto, un piatto che dopo 60 anni imbastisce ancora con gran successo le tavole di quella che una volta era solo una tavola calda, oggi gestita da una squadra di nipoti. God bless you, Sylvia!
Per il dopo cena si torna nei dintorni di un Lower East Side anni 20. The Back Room, speakeasy, testimone di serate proibite dove attori e cinematografi gradivano trovarsi per sorseggiare Martini cocktail serviti in tazze da tè, usanza ancora attuale. L’entrata è selettiva, ma non per questioni di età, genere o stile, è aperta solo a chi non si ferma all’apparenza. L’insegna è pressoché inesistente, o meglio, non si vende come tale: sul cancello d’ingresso di un sottoscala poco invitante, si appoggia incerto il cartello “Lower East Side Toy Company”, che fa strada in un viottolo sottoterra alla scoperta di un luogo fermo a cento anni fa: specchiere d’epoca, arredo in velluto rosso e parquet marcato dal passaggio di chissà quanti passi. Questa è New York, se vi pare, attraversata da cinematografia indi, tradizioni ebraiche, beat soul e passaggi segreti, da mattina a tarda sera.