Testo di Francesca Ciancio
Foto cortesia di Too Good To Go
Quando mi capita di far spesa sul tardi penso sempre alla quantità di cibo che verrà smaltito nell’umido da lì a poche ore e parlo del pane, dei dolci, delle pizze. Oppure di tutto il fresco facilmente deperibile dopo appena un giorno. Il tema della lotta agli sprechi alimentari è caldo da tempo. Nonostante sia di tendenza dilettarsi con gli scarti, secondo il Rapporto dell’Osservatorio Waste Watcher di Last Minute Market/Swg, lo spreco di cibo in Italia è stato calcolato in 15 miliardi di euro, 12 dei quali vanno in fumo all’interno delle mura domestiche con ben 2 milioni di tonnellate di alimenti buttati. Il resto si perde nei campi (7,8 per cento), nell’industria (6,5 per cento) e nella distribuzione (7,4 per cento). Parliamo di dati rilevati nel biennio 2018-2019. Lo stesso rapporto però evidenzia un calo importante – 25 per cento in meno – dello spreco nel nostro Paese nel 2020, cosa che è effettivamente accaduta. Una maggiore politica di sensibilizzazione ha avuto i suoi effetti e 7 italiani su 10 si sono scoperti in perfetta consonanza con il Green New Deal.
L’anti-spreco a prova di click: l’app Too Good To Go
Complici benevoli di questo risultato sono state alcune start-up nate sul tema. In particolare, Too Good To Go è l’app che più di altre ha messo al centro del suo business la lotta allo spreco alimentare. Supermercati, ristoranti, hotel, forni possono vendere tramite Too Good To Go le eccedenze di cibo a prezzi ridotti. In questo modo ci “guadagnano” un po’ tutti: le aziende rientrano dei soldi che sarebbero andati persi, l’acquirente può consumare ottimi prodotti a buon prezzo, l’ambiente riceve meno scarti da dover eliminare. Tra non molto – il 5 febbraio – si celebrerà l’ottava edizione della giornata contro lo spreco alimentare. L’anno scorso l’hashtag #ilcibononsibutta, lanciato da Too Good To Go, riscosse un gran successo, raccogliendo migliaia di storie di azioni contro lo spreco alimentare in tutta Italia. Una call to action che probabilmente si ripeterà anche quest’anno, anche se in un clima completamente diverso causa emergenza Covid ancora in atto. Per conoscere più da vicino questa realtà digitale che si muove tra vita online e offline abbiamo fatto due chiacchiere con Ilaria Ricotti, PR manager di Too Good To Go.
Dove nasce il progetto e grazie a chi?
L’idea prende forma nel 2015 in Danimarca grazie ad alcuni studenti che ritenevano assurdo lo spreco del cibo durante i buffet. Il primo pasto “salvato” è del 2016 e da quel momento la struttura prende subito forma anche con un CEO e dall’Europa si muove verso gli Stati Uniti, prime due città New York e Boston. In gergo – un po’ scherzosamente – la community si fa chiamare waste warriors ed è un esercito sempre più in espansione. Siamo ormai in 15 paesi con 50 milioni di pasti salvati grazie a più di 30 milioni di utenti
Come riuscite a gestire numeri così importanti?
È stata scelta la formula della holding centrale a Copenaghen, dove tutto è nato, quindi niente franchising. Ogni entità locale ha un country manager di riferimento che coordina i lavori con la squadra presente sul posto. Al momento il CEO è una donna.
E in che modo l’app si sostenta e fa business?
Abbiamo una fee su ogni box venduta e poi ci sono gli investitori, al momento nessun italiano. Le magic box vengono messe in vendita al costo di un terzo del loro valore originario e i tagli partono da 2,99 euro. Sono scatole dal contenuto sconosciuto perché in questo modo il cliente non si orienta su un solo prodotto e lo spreco è più equamente redistribuito, ma l’effetto sorpresa piace.
Che riscontro ha avuto in Italia?
L’app è arrivata in Italia nel 2019. Ovviamente è subito stata recepita positivamente nelle città del Nord, ma si sta diffondendo bene anche a Sud. Il nostro obiettivo per il prossimo anno è farla conoscere nei centri medio-piccoli. Qui siamo in 80 a lavorarci su un totale di 700 persone. La nazione più virtuosa in Europa rimane però la Francia.
Come avete affrontato l’emergenza Covid?
Con il primo lockdown di marzo/aprile abbiamo subito una perdita del 60 per cento, ma era inevitabile perché per noi è fondamentale che il nostro cliente vada presso il negozio a ritirare la merce e noi non potevamo incentivare questa pratica. Con la ripresa di maggio c’è stata una crescita esponenziale grazie anche alla necessità da parte degli store aderenti di smaltire gli sprechi causati dalla contrazione dei consumi.
Chi sono le persone che lavorano per voi?
Persone che non badano solo a un’occasione di lavoro, ma che hanno una forte motivazione etica. Con questa consapevolezza devono convincere i gestori degli store ad aderire. Ci vuole un forte attivismo, non a caso l’età media dei nostri dipendenti si aggira intorno ai 28 anni.
Quando parliamo di motivazione etica che intendi?
La visione generale dell’azienda è: “Un pianeta senza sprechi alimentari”. In base a questo obiettivo abbiamo stilato un elenco di quattro punti da seguire. Innanzitutto, far comprendere che il grosso degli sprechi globali avviene nelle famiglie, quindi vanno sensibilizzate per prime. Come? Ad esempio, con corsi di cucina sui social sul riutilizzo degli avanzi, oppure con consigli sugli acquisti e sulla conservazione. Ci rivolgiamo poi alle aziende, le cui adesioni viaggiano intorno alle 40mila. Il terzo punto è la scuola, dove entriamo con talk educativi e infine il pubblico, cercando di interagire con i decisori politici per stilare un quadro normativo di senso. D’altronde va evidenziato che Too Good To Go, come società con certificazione B Corporation[1], investe molti dei suoi proventi in informazione e formazione. Ogni sede ha al suo interno un dipartimento dedicato proprio allo sviluppo di idee e messaggi contro lo spreco alimentare, il suo nome è Movement.
[1] una certificazione rilasciata alle aziende da B Lab, un ente non profit internazionale. Per ottenere e mantenere la certificazione, le aziende devono raggiungere un punteggio minimo su un questionario di analisi delle proprie performance ambientali e sociali.