Testo di Luca Martinelli
Foto cortesia di Slow Food Editore
Non è stata una passerella l’evento di presentazione della guida “Osterie d’Italia 2022” di Slow Food, in libreria dal 27 ottobre. Sul palco del Piccolo Teatro Strehler, a Milano, di fronte a una platea riunita di osti da tutta Italia, s’è celebrato un atto politico. È stato Carlo Petrini (tra le mani aveva la trentaduesima edizione della guida), fondatore e presidente di Slow Food, a lanciare un messaggio, rivolto direttamente alle ostesse e agli osti, ma più in generale a tutto il mondo della ristorazione, a chi si occupa di formare il personale di sala e anche ai clienti. “Il più importante auspicio che vi faccio per questa ripartenza è di cogliere l’opportunità di educare i vostri clienti a rispettare i tempi del lavoro e i ruoli all’interno del vostro locale. In questi giorni si dice che non si trovano camerieri, ma alla base ci deve essere dignità del lavoro, riconosciuta a tutti i ruoli e non solo ai cuochi blasonati. Affinché il vostro lavoro sia sostenibile dovete fare in modo che duri nel tempo ciò che avete costruito, a partire da una vita gratificante, dalla possibilità di conoscere il territorio e di creare legami forti coni produttori della vostra zona”.
La riflessione del fondatore di Slow Food, pubblicata il 25 ottobre anche sul sito dell’associazione, è stata gratificata dagli applausi della sala, dagli osti che vogliono continuare a far ricerca. Le sue parole raccontano di un percorso culturale profondo, per cui non vale la pena ascoltare chi giustifica l’assenza di aspiranti camerieri parlando di giovani bamboccioni o “vittime” del reddito di cittadinanza: occuparsi dalle sale è un mestiere oggi usurante e poco appagante perché non viene rispettato, questo è il punto su cui lavorare.
Del resto, che Osterie d’Italia sia più che altro uno strumento culturale lo aveva ricordato anche Barbara Nappini, da pochi mesi presidente di Slow Food Italia, che nel suo intervento dal palco ha rimarcato il privilegio di poter attingere dalla grande biodiversità culturale della rete associativa di Slow Food. “Osterie d’Italia è una tappa fondante della nostra associazione, è uno strumento iconografico che per tanti anni è riuscito a esprimere una visione culturale originale e ampia del mondo del cibo in Italia. È il frutto del lavoro di tante anime che stanno dentro la nostra associazione. Nel 2021, in un’epoca di grandi sfide, la voce di Slow Food è più necessaria che mai e le ostesse e gli osti hanno la grande opportunità di leggere i cambiamenti cui andiamo incontro grazie alle relazioni con i loro clienti nel momento del convivio. Per rigenerarci abbiamo bisogno della forza, della passione e del contributo di tutti” ha spiegato Nappini.
A condurre l’evento della ripartenza, a Milano, sono Eugenio Signoroni e Marco Bolasco, i due curatori della Guida: “Trattorie e osterie sono spazi di convivialità, il futuro è nelle mani degli osti. Dopo l’edizione 2021 quest’anno nella Guida tornano le Chiocciole, un riconoscimento che racconta l’appartenenza a un modo di guardare le cose” ha spiegato Bolasco. Nella primavera di quest’anno, ha sottolineato Signoroni, “la prima edizione della guida in versione App (quella del 2021, ndr) è schizzata nelle vendite non appena hanno riaperto i ristoranti, segno del grande affetto e della grande fiducia nel nostro lavoro”.
Rispetto all’edizione precedente, pubblicata a cavallo di un periodo profondamente segnato dai cambiamenti e dalle conseguenze dell’emergenza sanitaria, Osterie d’Italia 2022 testimonia uno scenario davvero incoraggiante. Innanzitutto, nella crescita dei numeri: su 1713 locali recensiti (contro 1697 in Osterie d’Italia2021), la Guida conta ben 120 novità, tra cui compaiono molte nuove attività aperte proprio negli ultimi due anni. Le “osterie” valorizzano specifiche peculiarità di ogni regione: ne sono esempio le pizzerie in Campania, i fornelli in Puglia e le piadinerie in Emilia Romagna e – da quest’anno – i forni e gli indirizzi dove acquistare le focacce di Genova e di Recco. Le regioni che contano più osterie rappresentate sono la Campania (177), la Toscana (145) e il Piemonte (136), seguite da Emilia Romagna (124) e Puglia (111). La Chiocciola è stata assegnata a 246 locali, quelli che raccontano al meglio l’osteria italiana.
I numeri di Osterie d’Italia 2022 offrono chiari indizi del modo in cui il settore si è evoluto durante e dopo il periodo di emergenza sanitaria: a una diminuzione del numero dei coperti e a un cambio negli orari di apertura è corrisposta, innanzitutto, una grande diffusione dei dehors, ma anche un generalizzato aumento del prezzo medio dei locali presenti in Guida. Come dichiarato nell’introduzione, la scelta dei curatori è stata di registrare il dato e non intervenire, limitandosi a osservare come un trend del genere possa evolversi in futuro – ma pur sempre evidenziando con il simbolo “Prezzo più” le situazioni in cui si paga più della media.
Un piccolo itinerario tra le Osterie lo ha guidato Mario Calabresi, giornalista, amico di Slow Food e autore della newsletter Altre Storie, che sul palco dello Strehler ha intervistato tre osti e ostesse, protagonisti di storie di resistenza (al terremoto dell’Aquila o agli “eventi estremi”, come nubifragi ed esondazioni), a rimarcare l’incoraggiamento alla ripresa e alla ripartenza che la nuova edizione della Guida vuole promuovere. E ha commentato: “ultimamente noto uno scollamento nel racconto che si fa di questo Paese e la sua realtà. L’Italia è piena di energie di persone che immaginano e sanno immaginare. Amo molto la Guida, la uso in ogni mio viaggio e non sono mai rimasto deluso, perché scopro sempre storie bellissime, di passione e rispetto del territorio”.
Ha ragione: la ricchezza di questo libro di 940 pagine – frutto di uno straordinario lavoro artigiano e del coordinamento valoriale ed operativo della redazione di Slow Food Editore, un lavoro certosino che coinvolge decine di persone come ha ricordato nel suo intervento la direttrice editoriale Chiara Cauda – è nella fiducia. La stessa che ci lega al nostro oste o alla nostra ostessa e che – di fronte a un menu o a una carta dei vini – ci porta a dire “fai tu”.