Testo e foto di Tania Mauri
Una piccola guida per scoprire cosa vedere e degustare nella più lombarda delle province piemontesi
“Schiacciata” tra Torino e Milano, definita, non a caso, la più lombarda delle province piemontesi, Novara è una cittadina con un centro storico a misura d’uomo da visitare serenamente a piedi anche in un solo giorno. È elegante, accogliente, ricca d’arte, di cultura e di storia, immersa in un ambiente di bellezza eccezionalmente variegata. Uno dei simboli della città – famosa per la cupola alta 121 metri costruita nell’800 dall’Antonelli (lo stesso della Mole torinese) – è la Basilica di San Gaudenzio sulla cui cima è posizionata la statua del Salvatore. La cupola è formata da una struttura autoportante a blocchi successivi – costruiti in mattoni – che terminano nella lanterna. Per i più audaci è possibile salire in cima e godere di uno spettacolo a 360 gradi sulla città con una vista incredibile che dal Monte Rosa abbraccia la provincia di Torino e arriva fino a Milano. Per chi ama camminare si può passeggiare per le vie cittadine, come via Rosselli caratterizzata da “infiniti” portici, o Corso Cavour, e raggiungere Piazza delle Erbe, uno degli angoli più belli e caratteristici di Novara, e visitare il Broletto, cuore pulsante della città.
I Biscottini di Novara
Tra un teatro, una chiesa e un giro di negozi si viene rapiti dal profumo che arriva dalla storica pasticceria Camporelli dal 1852 di Vicolo Monte Ariolo. Da cinque generazioni preparano nel centro della città i celebri Biscottini di Novara e ne garantiscono l’autenticità di un tempo grazie a un’attenzione costante alla qualità delle materie prime utilizzate e alla produzione artigianale. Questo biscotto nasce nei conventi cittadini nella metà del XVI secolo come regalo delle monache novaresi al clero romano nella settimana dopo Pasqua. Gli ingredienti erano semplici, quelli che la campagna poteva offrire a quel tempo: farina, uova e miele. Dovendoli mandare a Roma potevano essere conservati solo grazie alla disidratazione e da qui la biscottata, ovvero cotti due volte, per cui rimangono leggeri e fragranti grazie alla prima cottura, veloce, a cui ne segue una seconda, dolce e lenta, per renderli friabili.
“Prepariamo ancora i nostri Biscottini come 170 anni fa. Lo facciamo nello stesso laboratorio artigianale di allora, all’interno di un cortile in una casa di ringhiera in un vicoletto del centro cittadino, a due passi da corso Cavour, da cui non ci siamo mai spostati. Chi viene da noi sa che trova sempre lo stesso prodotto genuino, leggero e fragrante, buono anche dal punto di vista nutrizionale: pochissime calorie (meno di 28 kcal per biscotto), meno del 3% di grassi, senza lattosio e senza olio di palma. Ottimi da sgranocchiare così o inzuppati nel latte o nel tè. Fantastici con il cioccolato, la crema alla nocciola o lo zabaione. Perfetti come base per dolci. Irresistibili anche negli abbinamenti salati: da provare con il Gorgonzola” spiega orgoglioso il patron Ambrogio Fasola.
Il formaggio del novarese, suo maestà il Gorgonzola
Il Gorgonzola è sicuramente uno dei formaggi più identificativi della cultura gastronomica del novarese e, non a caso, Novara, dal 1970 è sede del suo Consorzio di Tutela. Fra i caseifici artigianali del Consorzio Baruffaldi, a Castellazzo Novarese, vanta 140 anni di storia e di arte casearia tramandata di generazione in generazione (sono arrivati alla quarta, ndr) innovando nel rispetto della tradizione e del territorio. Da sempre qui il latte, di altissima qualità, viene lavorato ogni giorno e proviene da allevamenti di piccoli produttori del Novarese, dell’oltre Ticino e del basso Milanese. Stiamo parlando di una produzione artigianale come quella di un tempo: c’è stata l’introduzione di nuove tecnologie, ma il taglio della cagliata viene fatto ancora manualmente dai casari, così come la maggior parte delle successive fasi di produzione. Il processo produttivo del gorgonzola non si discosta molto da quello dello stracchino, se non fosse per l’aggiunta delle spore di Penicillium roqueforti e di alcuni lieviti che portano alla formazione delle caratteristiche muffe.
La cagliata, frantumata e privata del serio in eccesso, viene fatta riposare all’interno delle fascere, girate di tanto in tanto per assicurare uno spurgo regolare. Segue la salatura e la stagionatura (tra i 50 e i 150 giorni per il Gorgonzola dolce, e tra gli 80 e i 270 per quello piccante) durante la quale le forme di formaggio vengono forate per assicurare lo sviluppo naturale delle muffe. Infine, le forme vengono rivestite di alluminio che aiuta la conservazione della crosta del Gorgonzola e preserva le proprietà organolettiche. Che sia dolce, morbido e cremoso, o piccante, dalla consistenza semidura e un sapore più forte, il gorgonzola è altamente digeribile ed è privo di lattosio e glutine. I più golosi devono assolutamente assaggiare il Pon, una “terrina” di gorgonzola e mascarpone alternati, e il mascarpone prodotto ancora con il metodo tradizionale utilizzando solo panna di centrifuga di primissima qualità.
I Dof Mati, il vino fatto nel vigneto disegnato dall’Antonelli
Bisogna essere un po’ matti per lasciare tutto, innamorarsi di un luogo e dedicarsi al vino. Sara Paladini si occupava di comunicazione ma, nel 2019, è stata folgorata da una casa patronale sulle colline dell’Alto Novarese dotata di una cantina e di un vigneto disegnato da Alessandro Antonelli (sì sempre l’architetto della Mole). Siamo a Fara Novarese dove si trova la cantina I Dof Mati – Le Due Ragazze – Viticultrici dell’Alto Piemonte oggi gestita da Sara che ha investito, anima, cuore e denaro per riscattare e dare nuova vita a una bellissima struttura semi abbandonata. Determinata e dotata di grande gusto estetico, recupera il recuperabile, sia in giardino che nella casa, ma anche in altri terreni nei dintorni, si impegna per trasformare i vigneti e fare vino, il suo vino. Nella vecchia stalla crea la sua bottaia, nel 2022, con legno grande per l’affinamento del Nebbiolo, il legno piccolo per il Ghemme e Ghemme riserva, e ha ripristinato le vasche di cemento dove invecchia alcuni suoi Nebbioli perché “è più sostenibile” grazie alla temperatura costante. “Produciamo cinque etichette, ognuna rappresentata da un pezzo della scacchiera, perché scacchi e vino hanno molto in comune: una sapienza millenaria, la capacità di attendere, rispettare e prevedere la ‘prossima mossa’ della natura” spiega Sara.
La cantina è nota per la Vespolina, vitigno particolare e brioso, di colore rosso vivo con riflessi violacei, con un profumo intenso, caratteristico e fruttato con sentori di spezie, ma non sono da meno. Da questo vitigno nasce il suo Bona, un omaggio a Bona di Savoia, la donna che contribuì, proprio a Ghemme nel 1467, alla pace tra Sforza e Savoia. Tra i bianchi degno di nota è l’Eresia, prodotto con uve di Erbaluce, corposo, floreale e fruttato, con sentori di erbe aromatiche e con un importante nota minerale.
Ottimo come aperitivo, perfetto con i formaggi. Ma il Re degli scacchi è Il Matto, un Ghemme docg austero ed elegante, da uve Nebbiolo con un saldo di Vespolina perfetto con la celebre Paniscia Novarese, il piatto tipico del Piemonte realizzato con due ingredienti locali, il riso e i fagioli.