Testo di Eugenio Signoroni
Foto cortesia di Alma – Scuola internazionale di cucina italiana
A un certo punto io e la persona seduta vicino a me ci siamo guardati e ci siamo detti, quasi in contemporanea “io che ci fosse qualcuno che fa questo lavoro davvero non lo avrei mai immaginato…”. Davide Furno era appena sceso dal palco di quel piccolo gioiello che è il Teatro Litta di Milano – teatro di corte dell’unico palazzo del barocco milanese sopravvissuto ai bombardamenti che rasero al suolo la città durante la Seconda Guerra Mondiale – dove aveva ritirato il riconoscimento di Maestro d’Arte e Mestieri.
Un titolo creato nel 2016 dalla Fondazione Cologni in collaborazione con Alma, la Scuola internazionale di cucina italiana e che nella tarda mattinata di martedì 4 ottobre è stato assegnato ai 57 artigiani che più si sono distinti nelle 36 categorie (13 dedicate esclusivamente all’enogastronomia) prese in esame da una nutrita giuria di giornalisti di settore, maestri d’arte ed esperti coinvolti. Davide Furno è certamente l’emblema delle figure che questo importante riconoscimento prende in esame: si tratta di un maestro ceroplasta biellese, un artista che lavora con resine, cere e colori per creare finti frutti quasi del tutto indistinguibili dal reale. Un lavoro minuzioso e sconosciuto, figlio di una straordinaria manualità e di un amore sfrenato per i dettagli e per la bellezza. Caratteristiche che mi pare che Furno condivida con sarte, liutai, ricamatrici, ceramiste, vetrai… (solo per citare alcune categorie artigiane) che hanno ritirato la medaglia celebrativa creata per l’occasione dall’Istituto poligrafico e zecca della Stato.
Caratteristiche che sono però anche proprie anche dei tredici artigiani del mondo dell’enogastronomia coinvolti in questa premiazione che, tra gli altri pregi, aveva anche quello di risolvere una volta per tutte il dilemma sul fatto che il cuoco e, più in generale, il produttore di ospitalità e cose buone sia artista o artigiano, propendendo (a mio parere) giustamente, per la seconda ipotesi.
Ecco ma chi è stato premiato? Partiamo dalle categorie. Alma ha selezionato 13 categorie: Arte bianca, Bar e miscelazione, Cioccolateria e confetteria, Cucina, Formaggi, Gelateria, Macelleria, Norcineria, Ospitalità, Pasticceria, Pizzeria, Sala e Sommellerie e per ognuna ha individuato un Maestro. Per l’Arte bianca è stato premiato Piergiorgio Giorilli, uno dei grandi padri della panificazione italiana contemporanea; Agostino Perrone, barman del The Connaught Bar di Londra, ma originario di Maslianico (Co) ha invece ricevuto l’onorificenza nella categoria Bar e miscelazione. Per Cioccolateria e confetteria e per la Cucina il riconoscimento è andato a figure che non è eccessivo definire un’istituzione: Guido Gobino e Aimo e Nadia Moroni. Maestro nella categoria Formaggi è il piemontese Giovanni Guffanti Fiori mentre per la Gelateria il premio è andato al veneto Andrea Soban.
Si scende al sud, in Puglia, con la Macelleria che va a un giovane artigiano che, però, negli ultimi anni ha fatto molto parlare di sé: Michele Varvara. Per la Norcineria, invece, ci si spinge fino in Alto Adige con Arthur Mair. Il riconoscimento per l’Ospitalità va a un’intera famiglia, i Cerea, che da oltre cinquant’anni nel loro ristorante di Bergamo prima e di Brusaporto ora fanno sentire chiunque come a casa. Per la Pasticceria è stato premiato Alessandro Dalmasso, di Avigliana (TO) e il premio per quel che riguarda il mondo della Pizzeria è andato a Simone Padoan, uno dei personaggi più influenti per la storia di questo strepitoso alimento italiano. Maestra della Sala è Mariella Organi responsabile della Madonnina del Pescatore di Senigallia (An), mentre per la Sommellerie il premio è andato a Marco Reitano del ristorante La Pergola dell’Hilton di Roma.
Questo per quel che riguarda il nostro mondo. Ma se siete curiosi di scoprire gli altri 44 Maestri – e il mio suggerimento è davvero di farlo – andate su www.maestrodartemestiere.it, sono certo che anche voi direte “ma bellissimo! io che ci fosse qualcuno che fa questo lavoro davvero non lo avrei mai immaginato…”.