Testo di Lodovica Bo
Foto Cortesia di Domingo Communication
È tardo pomeriggio, ma il tempo è dilatato; che siano le tre del pomeriggio o le sette di sera il caldo non si stacca dalla pelle, insomma, è la stagione delle piogge in India. Ad Agosto 2019 decido di partire con la mia migliore amica per il paese che nella nostra lista dei viaggi avevamo sempre tenuto per ultimo: “non ci sentivamo pronte”, dicevamo. 2 agosto, Bikaner, cittadina del Rajastan, Nord dell’India: posiamo lo zaino nell’ostello e non perdiamo tempo per assaporare le ultime luci del giorno. Travolte dalla massa di gente per le strade, veniamo sopraffatte da una sensazione quasi claustrofobica, decidiamo quindi di perderci nelle strade secondarie alla ricerca di un po’ più quiete, o per lo meno di un respiro liberatorio. Ci facciamo guidare dai colori, attratte dalla curiosità verso le persone in strada. Basta un sorriso per rapirci e spingerci verso un gruppo di donne sedute in scala generazionale: dalla nipote alla nonna. Inizia così un lento avvicinamento: prima qualche foto, poi discorsi a gesti, per finire con l’invito in casa per un chai tea. In quel momento ho provato la sensazione più forte che mi sarei portata a casa un mese dopo: un puro e genuino senso di accoglienza.
Incontro Ritu Dalmia su Zoom per la prima volta e, nonostante la distanza fisica, la sua trasparenza ed energia superano la barriera tecnologica. Ritu è una di quelle persone con la quale il flusso di parole e pensieri non vorresti finissero mai. Di getto mi dice “Sono colpita che tu sia stata in India e che ti sia piaciuta. Credo che il rapporto con l’India sia o bianco o nero, perché o la ami o la odi”. Ha ragione, per lo meno, questa è stata la mia esperienza, una forza tra opposti che si attraggono: principalmente, per quanto mi riguarda, ha vinto l’amore. Ritu non ha bisogno di presentazioni: donna, chef, imprenditrice, autrice di libri e programmi televisivi, ha ormai piantato le sue radici e il suo sapere sia in India che in Italia.
A proposito dell’Italia, come è nato il tuo amore per il Bel paese? C’è un luogo o un cibo che ti ha colpito di più?
Io credo che il motivo per cui ho un legame con l’Italia è che sono stata italiana nella mia vita precedente, non c’è nient’altro che possa spiegare il perché, ciclicamente, la vita mi riporta sempre in Italia. “Questa è matta”, dirai tu, ma è vero, credo fermamente che nella vita tutto debba avere un senso e questo è il mio. Quando ero piccola andavo in una scuola dalle suore e avevano organizzato una gita scolastica a Roma per andare a sentire il Papa. Avevo 10 anni, senza i miei genitori e nessuno pensava che potessi sopravvivere un mese da sola, ma io in qualche modo sentivo di esserci già stata: è stato il senso di familiarità a farmi sentire a casa.
Senti, in India c’è un forte legame sentimentale con il cibo, strettamente legato a una memoria gastronomica: dove ti riporta la tua, a che pietanza?
Nel nostro menu c’è un piatto chiamato kictchary, che normalmente viene dato alle persone quando hanno mal di stomaco. Quando ero giovane odiavo andare a scuola e la mia migliore scusa era il mal di stomaco per un unico motivo: mangiare il kictchary. Questo piatto può essere fatto con diversi ingredienti (riso, grano saraceno, lenticchie, verdure avanzate etc.) ma c’è una spezia all’interno chiamata heeng (Assafetida) e usata in minime quantità. Ecco, per me quella spezia è ciò che mi ha spinta alla cucina. Uso questa spezia in molti piatti, perché risveglia i miei sensi.
Cittamani
Il ristorante, in piena zona Brera, nasce nel 2017 dall’idea di Ritu Dalmia di portare la cucina indiana contemporanea a Milano. “La mia idea era quella di portare il cibo indiano in Italia e Milano era l’unica città in cui avrei potuto osare di farlo” dice Ritu. La delicata eleganza estetica del ristorante rispecchia appieno la minuziosa attenzione e cura al dettaglio di Ritu, che mira a un’accoglienza al cliente come fosse a casa. “Una delle prime cose che ho detto al mio team quando abbiamo fatto il briefing è stato: questo non è un ristorante, ma casa mia. Tutte le persone che entrano sono nostri ospiti e il nostro obiettivo è renderli felici”.
Consigli?
Causa Covid-19 il ristorante oggi è aperto per Delivery e Take Away (in calce i dettagli).
Da non perdere? il Naannini di pollo al tandoori con pepe nero e yoghurt, semplicemente strepitoso; se invece siete alla ricerca di un po’ di delicatezza con quel grip in più è da provare la Spigola con salsa moilee di latte di cocco e zenzero, con riso profumato al limone. Per concludere, inmancabile il Riso phirni – polvere di riso, latte e zafferano cotto a bassa temperatura con pistacchio e cardamomo.
Come è nata l’idea di Cittamani e come definiresti l’anima del ristorante?
Sono 30 anni che lavoro nella ristorazione e ho provato di tutto, ma alla fine ho capito che sono una persona pura di cuore. Così, quando Cittamani ha aperto, la cosa più importante che volevo trasmettere è che il cibo indiano non è solo tandoori o gricy curry, ma molto di più. Questo è il mio piccolo modo di mostrare agli italiani com’è la cucina indiana di casa, solo presentata in modo più leggero e diverso da quello che si può trovare nei ristoranti. Uso solo ingredienti locali, nel rispetto dei piatti e dell’ambiente. L’unica cosa su cui non transigo sono le spezie, quelle le porto dall’India.
La Ritu del cambiamento, di oggi e del futuro
Chi è Ritu oggi?
Ero famosa per il mio brutto carattere, ma oggi mi sono ammorbidita: ho capito che è tempo che i giovani prendano il mio posto. Ho anche capito che aprire tanti ristoranti e vincere premi non è ciò che mi rende felice. Una volta era così, ero molto competitiva e aggressiva, ma qualcosa è cambiato in me, forse è la saggezza o forse la pre-menopausa.
Il tuo obiettivo?
Prima di tutto tornare in Italia. Poi vorrei aprire un istituto in India per le donne vittime di violenza domestica. Quando le donne non riescono a rimettersi in piedi è perché sono prive di fiducia in sé stesse e di indipendenza finanziaria, quindi la mia idea è quella di creare un posto sicuro dove facciano terapia e vengano dati loro gli strumenti necessari per essere autosufficienti.
E il tuo più grande successo personale?
Dai, sai bene qual è: la cancellazione della sezione 377 dalla costituzione indiana che rendeva illegali le attività sessuali “contro l’ordine della natura”.
Appunto, volevo arrivare proprio qui. Ritu, tu sei una combattente, hai lottato per i diritti degli omosessuali facendo abolire la sezione 377 del codice penale indiano, rendendola così incostituzionale: un’enorme conquista e soddisfazione. A distanza di qualche anno, come ti senti e quali passi pensi siano ancora da fare in India in questo senso?
Dal 2018 a oggi le molestie verso gli omosessuali da parte delle famiglie si sono ridotte drasticamente, ma c’è ancora molta strada da fare. L’unico grande passo è stato abolire l’ergastolo, ma non basta. Come omosessuale la prima lotta è dentro sé stessi, non con la società. Il più grande problema che la comunità LBGT affronta è dato dal pensare che ci sia qualcosa di sbagliato in sé, così anche quando la legge è contro di te, l’ansia e il dubbio su sé stessi iniziano ad aumentare. Poi viene l’educazione, in casa e fuori. Sono rimasta piacevolmente colpita dalla quantità di scuole che mi hanno chiamato a parlare e testimoniare sulla tematica. Penso che i prossimi passi li debbano fare i più giovani, i millennials, sono loro che dovranno portare avanti questa battaglia. Quello che sta succedendo in India, però, è un problema più grande. Stiamo assistendo a un fenomeno di fondamentalismo e quindi di abuso della democrazia perché manca un’opposizione di governo. I problemi non riguardano quindi solo i diritti degli omosessuali, ma anche dei contadini e degli stessi cittadini.
Cittamani
Piazza Carlo Mirabello, 5
20121 Milano (MI)
www.cittamani.com/it
Orari: Aperto per delivery (tramite Glovo e UberEats) e per Take Away (tramite sito o telefono)