Strong as an Avalanche: Ana Ros e la cucina delle possibilità
“There’s a little place, a place called space
It’s a pretty little place, it’s across the tracks,
Across the tracks and the name of the place is you like it like that,
You like it like that, you like it like that, you like it like that,
Baby calm down, better calm down,
In the night, in the eye of the forest
There’s a mare black and shining with yellow hair,
I put my fingers through her silken hair and found a stair,
I didn’t waste time, I just walked right up and saw that
up there, there is a sea
the sea’s the possibility
There is no land but the land
There is no sea but the sea
There is no keeper but the key
Except for one who seizes possibilities, one who seizes possibilities.
I seize the first possibility, is the sea around me”
La cavalcata vocale di Horses, canzone struggente di Patti Smith, fa da colonna sonora perfetta. In sella, travolti da paesaggi e sapori, alla scoperta di Kobarid. Chiamatela pure Caporetto, ma l’eco della guerra che si intrufola in maniera quasi scontata nella mente di noi italiani, non ha nulla a che fare con l’attuale storia di questa terra di confine. Rinascita e possibilità, al giorno d’oggi. Tra il linguaggio incontaminato di parchi, cascate, fiumi e foreste e quello in crescendo, dall’impeto audace, del settore gastronomico/culturale.
Qui si incastrano bene le parole e il profilo della Smith: donna forte, indipendente, capace di spingersi, con intelletto e sensibilità, oltre i limiti della passione. Con approccio equivalente anche Ana Roš, cuoca/eroina in Slovenia (e non solo), ha scalato con personalità e dedizione le vette dei monti affilati che circoscrivono questo avamposto di frontiera. Per poi scagliarsi in discesa libera verso una rivoluzione culinaria e territoriale, tutta sua. Come una valanga fatta di ardore talentuoso, ma con la classe di una sciatrice di slalom professionista. Campionessa nazionale, quale è stata prima di far convergere l’energia dagli sci alle scintille dei fornelli. Non solo successi sportivi, prima della consacrazione globale in ambito gastronomico. La formazione di Ana prende il largo da una laurea in scienze diplomatiche: riposta in un cassetto, da ripescare come quid culturale secondo necessità, per inseguire l’amore della cucina e del sacro fuoco familiare. Since 2002, nasce l’impresa di ristorazione eroica – è il caso di ribadirlo – messa in cantiere nella gostilna (locanda) Hiša Franko della famiglia del marito Valter Kramar. Sommelier fuoriclasse, maestro dell’accoglienza, nonché affinatore di formaggi locali, che ha promosso da sempre in chiave pionieristica vitigni e vini sloveni biodinamici, un tempo dimenticati. Nella casa di campagna ristrutturata, con sacrifici e passioni vissute in coppia, la cucina di Ana è sbocciata sommando esperienze di vita a un’impressionante capacità di interagire con prodotti, usanze e ricette di questa regione. Terroir che non vantava di certo una fama culinaria rilevante a livello mondiale. Dietro i suo occhi di ghiaccio e la tempra morale di una vichinga, si annida il percorso complesso di un’autodidatta, che ha saputo ascoltare con sensibilità estrema il respiro pulsante del proprio territorio. Slancio creativo, ricerca e determinazione, gli strumenti per ricamare una cucina raggiante e identitaria, tessendo rapporti di condivisione espressiva con contadini, allevatori e produttori di zona. Uno scambio reciproco, sincero, di energie e nozioni con il fine di elevare la Slovenia a meta gourmet, oltre qualsiasi confine geografico.
Sì perché Ana Roš ha saputo carpire e tradurre i ritmi della sua terra, mixandoli abilmente con viaggi intrapresi su e giù per il mondo: Europa, Africa, Oriente, Sud America e Sud-est asiatico. Contaminazioni istintive, lette come propulsore comunicativo o veicolo per gli amati ingredienti locali. Un’attitudine lavorativa costante, rimarcata dai profili dei validi cuochi presenti in brigata. In pellegrinaggio a Kobarid, ma provenienti da ogni parte del globo. L’intreccio magico di intenti gastronomici Made in Slovenia si è rivelato vincente negli anni, a partire proprio dai produttori: ritemprati nello spirito e pervasi da una nuova linfa di avanguardia contadina, che ha dato vita a gruppi e cooperative di sostegno agroalimentare. Dalla produzione di latte locale, alla rivalutazione dei formaggi di Malga (come l’ottimo Tolminc, presidio Slow Food), o ancora allevamenti delle pregiate trote marmorate del fiume Soča (Isonzo) e delle vacche di razza cika, che rischiavano l’estinzione.
Tornando al ristorante Hiša Franko, il faro della popolarità non ha tardato a colpire anche qui, con un fascio di luce accecante. La cucina di Ana, fatta di profumi e sapori primordiali lanciati con forza su un binario contemporaneo, è riuscita a farsi notare sfidando le indubbie difficoltà geopolitiche. Così, nonostante l’assenza della Michelin in Slovenia, numerose guide ne hanno narrato il valore, fino al traguardo di Migliore chef donna del mondo 2017 per la The World’s 50 Best e all’apparizione prestigiosa in un episodio della docu-serie Chef Table di Netflix. Il successo internazionale, con la derivante esposizione mediatica, non sono affari semplici da gestire. In particolare per un profilo rigoroso, passionale e indipendente come quello della Roš. Ma il fattore umano trionfa – quasi sempre – come ha ben evidenziato proprio Ana sul palco dell’ultimo congresso di Identità Golose 2018 a Milano. La visibilità che non divora l’uomo, o il cuoco, può solo essere un mezzo funzionale da padroneggiare con attenzione. Una possibilità ulteriore per divulgare e comunicare meglio il proprio credo, continuando a muoversi con rispetto tra flora, fauna e tradizioni culturali della propria terra. Proiettando un verbo culinario vivo e aperto al mondo intero.
In tavola, da Hiša Franko, la ritmica degli assaggi è scandita dal moto incondizionato delle stagioni. Dai cromatismi cangianti dei prodotti dell’orto – che si espande alle spalle del ristorante – alla pelle argentea e maculata delle trote che nuotano nelle acque turchesi dei ruscelli. I sentori pungenti dei formaggi in cantina, messi a stagionare con impareggiabile amore da Valter, e le varietà autoctone di funghi, erbe selvatiche, fiori, nocciole, noci, castagne, mele, raccolti solo nel periodo adeguato. Un atto creativo che si genera esclusivamente da una simbiosi con la natura circostante: in trasmissione di storie e immagini riflesse di questa porzione vivida di Slovenia. In prestito culturale dall’estero, assecondando la volontà di imparare anche rischiando, entra in gioco qualche tecnica o ingrediente esotico: l’uso sapiente delle fermentazioni, evoluzioni melting-pot e corroboranti brodi dal timbro umami. Se il richiamo ancestrale di pane e burro, detiene sempre un fascino immortale, quelli confezionati dalla squadra di Ana sono esempi di rara bontà: crosta assuefacente, garbata acidità e tanto sapore nel pane di Franko, nato dalla fermentazione di bucce di mela, cosparso con squisito burro locale montato.
Gli snack di aperitivo in successione – dal bon bon fritto di patata con uova di trota, alla barbabietola fermentata, miele e ricotta di pecora avvolte in foglia di radicchio pok – conquistano per coerenza e intensità, ritraendo micro-paesaggi commestibili. Direzione in cui, d’altronde, si sviluppa il ‘leitmotiv’ di questa cucina. L’eleganza minerale e agrumata della Sarda, limone candito e finocchio, funge da puntuale apripista per la sferzata balsamica e tagliente della mela con animelle di vitello glassate al miele, rafano e acqua di sauerkraut (crauti).
Sapori audaci lasciati fluire in libertà, ma sempre addomesticati nel piatto, tramite classe esecutiva e contrasti sottili. Cifra ribadita con successo nel fenomenale Cuore di cervo, ostrica, insalata di cavoletti di Bruxelles, Riesling e bergamotto: passaggio magnetico, tra ferro, iodio e clorofilla, dove l’equilibrio degli elementi che dialogano tra loro, si mostra a dir poco esemplare.
C’è un po’ di Francia e di Italia, filtrate dai sapori sloveni, nei Ravioli di ricotta, indivia al midollo, brodo di prosciutto e nocciole. Una concessione maggiore alla rotondità del gusto, per qualche boccone istantaneo di goduria materica.
Capolavoro eclettico quello della Lingua di manzo umami, dove gli ingredienti convivono in un profondo e concentrato ecosistema dai rimandi orientali: una fondente texture carnivora della lingua salmistrata, capesante di Marano con il loro corallo, alga kombu, brodo al katsuobushi, salsa teriyaki, pickles di sedano e sedano shokkato. Segue un altrettanto incisivo manifesto territoriale, dai contrappunti effervescenti, orchestrati tra terra e acqua dolce. Progressione palatale, gola e pensiero nella scintillante Trota con ribes nero, siero di latte e grano saraceno. Si alternano poi due estrosi assoli vegetali: la caleidoscopica insalata di anatra selvatica, radici, cachi alla vaniglia e radicchio Rosa di Gorizia – dove verdura e frutta la fanno da protagoniste – e le ‘Tegoline Scogliera’, in cui i fagiolini verdi vengono trattati e conditi come uno spaghetto alla scoglio, in un goliardico gioco di consistente dal notevole impatto salmastro. Corposità e humus vanno a sigillare il capitolo salato del pasto, con una suadente e evoluta Trippa al fondo d’anatra, formaggio di fossa, ortiche fritte e funghi gialletti.
Raffinata, tecnica e lieve la pasticceria finale, interpretata dal dessert Noci, camomilla, kefir homemade, gelato di miele di bosco e polline; seguito dal rigenerante Arancia rossa, tè nero, granola, sorbetto di carota e mousse di acqua di mandorla cruda.
Una cucina senza filtri per una storia da raccontare, quella di Ana e Valter a Hisa Franko. Orgoglio ristorativo di un piccolo angolo di mondo, dove la filosofia portante rimane quella di saper assecondare ambizioni e idee interiori ben connesse alle tradizioni del territorio. Per alimentare uno stile personale, vivido e mai statico.
Fermatevi anche a dormire, se potete, nelle stanze della locanda. Pronti a immergervi in un’atmosfera realmente fuori dal tempo, a Kobarid, godendo con l’ottima colazione a base di prodotti locali che vi attende al risveglio.
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