Diego Pani e una cucina ligure che risuona di gusto e coerenza
Testo di Lorenzo Sandano
Foto cortesia di Diego Pani
La maturità non per forza risponde a vincoli anagrafici. Diego Pani è un ventottenne col cuore XXL e un carisma travolgente, ma soprattutto possiede una mentalità talmente retta e centrata da far impallidire molti suoi coetanei. Del ristorante dove opera, il Marco Polo, in quel fazzoletto ligure disteso tra Francia, Italia e Piemonte che è Ventimiglia, ne avevamo già parlato qui. A distanza di un annetto – e un secondo lockdown di mezzo – troviamo Diego e la sua squadra ancor più focalizzati sulla rotta da seguire. La sofferenza può fortificare lo spirito e il nostro giovane cuoco lo dimostra schierando tutto se stesso nella linfa del locale, accudendo l’eredita del padre Marco, ahimè scomparso proprio di recente.
Pani d’altronde non si è mai tirato indietro dinnanzi alle sfide della vita, il suo curriculum ne è testimone: cresciuto tra le stufe di Philippe Bergounioux in Patagonia, per poi fronteggiare colossi francesi quali Ducasse, Guy Savoy e Robuchon quando era poco più di un pupo.
Pentagramma di esperienze per lui – che maneggia la chitarra con la stessa abilità con cui si cimenta ai fuochi – rintracciabile senza alcuna presunzione o sfacciataggine nello stile che oggi compone in cucina. Rientrato a casa, le note cardine che intona sono: coerenza, contesto e godibilità.
Conscio dell’onere che il ristoro di famiglia porta con sé – nella sua tipologia di clientela e nelle eleganti finiture in legno dai rimandi nautici – ha scelto di puntare tutto sul gusto e sulla riconoscibilità di quel che è appuntato in menu. E che, diciamocelo, gli scorre ritmato nel corredo genetico. È rassicurante ascoltare un ragazzo che afferma di non voler stordire il palato dei suoi ospiti con sassate acide o amare lanciate a caso nei piatti. Un cuoco che reputa la teatralità accettabile solo se finalizzata ad accentuare la bontà di una ricetta. Ribadendo sempre di posporre il valore estetico in virtù del benessere di chi si siede a tavola.
“Non voglio che chi assaggi quel che preparo lo giudichi interessante – dice – deve essere buono prima di tutto” mentre ci recapita deliziose Alici panate nelle nocciole piemontesi e poi fritte alla perfezione. La sua è un’indole artistica, un po’ romantica e ribelle, che però accoglie qualsiasi spunto tradizionale per ri-accordarlo con metrica ossequiosa. Tipo la fenomenale Millefoglie di fiori di zucca, foie gras affumicato e acciughe da intingere in un tonificante dressing alle foglie di sedano: c’è l’opulenza d’Oltralpe, la salinità delle coste liguri, ma anche tutte le sue skills da equilibrista nel far convivere ingredienti così possenti. In sala sua sorella Marina, dotata di uno charme d’altri tempi, ci consegna fette di pane tiepido provenienti da un forno locale.
“Perché devo incasinarmi a fare il pane quando posso supportare un’attività storica di Ventimiglia che fa un ottimo prodotto da generazioni? – afferma tuonante Diego – Siamo solo in quattro in brigata e per me parlare di sostenibilità condivisa significa anche capire i propri limiti e promuovere realtà del territorio”.
Questo giovanotto mi sta sempre più simpatico, anche perché il suo Gratin di pomodori alla provenzale con gamberi e maionese alle olive taggiasche è un affresco territoriale ritinteggiato alla massima potenza. Scopro inoltre di avere in comune con lui il feticismo per un elemento perlaceo dal manto lattico, che approda in tutto il suo splendore sul gueridon in compagnia di un mortaio. Al suo interno c’è un gomitolo di Spaghetti conditi con pesto di acciughe ed erbe locali, da rifinire all’ultimo addizionando generose cucchiate di burro dolce francese (la torretta lattica sopracitata) e una panure croccante dai sentori mediterranei. Musicalità avvolgente e vigorosa a ogni forchettata.
Il recupero di gesti classici e di strumenti del passato è un aspetto che Pani celebra con rispetto estremo. “Come potevo contestualizzare un oggetto che mio padre riportò dalla Francia negli anni 80?” afferma mentre fa sfilare una presse cromata di fianco al nostro tavolo. “Sarebbe stato incoerente utilizzarla per una canard in questo luogo, quindi la impiego per estrarre tutti i succhi di una zuppa di pesce e poi condirci la pasta”.
Dalla parola alla portata, ecco atterrare un etereo Tagliolino 30 tuorli con la riduzione degli umori ittici precedentemente pressati e amplificati in bocconi da urlo. Ma non si può transitare per il Marco Polo senza un assaggio eclatante di Risotto al polpo – cotto nel coccio di terracotta – con pesto segreto di erbe, tramandato dalla nonna di Diego con gelosia tale che solo a raccontarla è capace di strapparti più di una lacrimuccia.
E se non bastasse l’assolo di padronanza tecnica espresso fin qui, a rincarare la dose ci pensano le succulente Capesante – “adriatiche” sottolinea lo chef – con limone al forno, finferli e burro alle alghe; o ancora un imperioso Polletto (adornato di monete di tartufo sotto pelle) con salsa albufera e polvere di ibiscus. Come restituire classe e profondità a due alimenti fin troppo maltrattati (o abusati) nelle cucine moderne.
È il turno dolce-non-dolce del Semifreddo alle olive taggiasche con sfoglia, maggiorana e aceto balsamico tradizionale; ma si tratta soltanto di un trampolino per il brano finale da applausi scroscianti: Raviolo di coniglio, ricci di mare, burrata fresca e timo. “Uno dei miei piatti signature che ho fatto fino allo sfinimento e proprio oggi ho scelto di toglierlo per un po’ dalla carta” conclude versando una bollicina e brandendo la sua chitarra acustica.
Impossibile terminare lo spartito serale senza prima immergersi nel repertorio di canzoni che custodisce nei polpastrelli, spaziando con maestria tra rock, folk e punk 77. Magari saltando a bordo di qualche cocktail confezionato dal fratello Vittorio, che gestisce il bar Pani Frutti di Mare aggrappato alla spiaggia adiacente. Una chiosa melodica, euforica e passionale che riassume l’animo gigante custodito da Diego e dalla sua famiglia in questo luogo magico che risponde al nome di Marco Polo.
Ristorante Marco Polo
Passeggiata Cavallotti, 2
18039 Ventimiglia (IM)
Tel: +39 0184 1952500
www.marcopolo1960.com