Testo di Letizia Gobio Casali
Foto di Fabrice Gallina
“Quello che si mangia qui si mangia solo qui”. La frase pronunciata da Enzo Vizzari – il direttore delle guide de L’Espresso – a proposito dell’Osteria Altran di Ruda (Udine), sembra una battuta. Specie se a riportarla è Guido Lanzellotti, patron del ristorante friulano, un anfitrione dall’umorismo un po’ british e dall’atteggiamento (apparentemente) dissacrante. Invece è la pura verità: quello che si mangia qui sarebbe inconcepibile altrove. Perché i risultati stellari e stellati della cucina nascono da un binomio che altrove, semplicemente, non c’è.
Si tratta del felice sodalizio tra il “cuoco” (così si definisce) Alessio Devidè e il citato Guido, trilaureato ex manager della finanza che in realtà è anche il cliente più esigente mai capitato nel locale. Infatti, è lui a decretare, senza possibilità di appello, se i piatti creati da Alessio sono adatti a entrare in menu. “Se qualcosa piace a me, piace al 95% delle persone” ci racconta tra una portata e l’altra del menu “Estro”. “Comunque, quando proviamo i piatti nuovi, convoco anche un amico che ricalca i gusto del 5% mancante”, aggiunge, mostrando come il suo “dispotismo” morbido possa momentaneamente mutarsi in una diarchia del gusto.
In questa ex azienda agricola dal fascino un po’ Old England, per le facciate esterne rivestite di edera e gli interni dipinti in nero/blu petrolio/verde inglese, i coperti sono solo 15, e non ne vogliono di più. “Altrimenti, per dedicare la giusta attenzione ai clienti, avremmo bisogno di più personale o dovremmo ricorrere a stagisti. Invece impieghiamo solo dipendenti stipendiati e questo impone dei limiti al servizio”. In cucina sono in due, in sala altrettanti, tra cui lo stesso Guido. Per questo, con un servizio è attento e puntuale, in sala “il nostro obiettivo è capire in pochi minuti quanto spazio dare alla spiegazione dei piatti. Noi vogliamo che le persone qui si rilassino e magari, dopo mangiato, si trattengano in biblioteca, dove i volumi sono tutti dedicati alla gastronomia. Se i clienti vogliono conversare, non possono essere interrotti ogni volta che arriva un piatto”.
Peraltro, “lo storytelling sul cibo è sopravvalutato” argomenta Guido con il suo spirito da anticonformista. La narrazione uccide la sensorialità, mentre mangiare è un atto primigenio, non necessariamente “un’esperienza”. Questo il suo ragionamento, che suona snobistico, mentre probabilmente è solo contrario al mainstream. D’altra parte, come giudicare il fatto di possedere da 20 anni, cioè dopo un solo anno dall’apertura, una stella Michelin, ma di non avere un ufficio stampa, un profilo social e neppure un sito? (Di recente una società esterna sta iniziando a cambiare le cose). Coraggioso, se non temerario, eppure l’originalità paga.
Perché il menu che ci viene servito non è “come sempre” a chilometro zero, Guido ci tiene a precisarlo. “Neppure proviene dall’orto dietro il ristorante, non prevede fumi ed effetti speciali a tavola, non valorizza le materie prime del territorio perché il Friuli era una zona povera e a parte vini e prosciutti non c’era da mangiare”. Invece è, semplicemente una elaborazione riuscitissima di materie prime che sono le migliori disponibili in tutto il mondo, usate per inventare una sequenza di piaceri, che si snoda come una melodia che non ricorda nessun’altra. L’Insalata di granseola glassata al limone nero, che si presenta come un uovo in camicia, incanta per la delicatezza cremosa unita alla freschezza dell’agrume.
La Spuma di fagianella sotto le polveri di lampone, cavolo nero, finferli neri, porcini e cacao, da mangiare con le mani e con l’ausilio di un pan brioche fritto, diverte e conquista, con la sua goduriosa consistenza. La Zuppa di fasolari e maltagliati punteggiati da crema di prezzemolo e coulis di pomodoro piccante è sapida, come piace allo chef, avverso “ai sapori delicati” in favore di gusti decisi, e perfetta.
Gli Gnocchi di patate con salsa al brasato, fatti solo di patate (“per accontentare anche i celiaci”, ci rivela Alessio in cucina), ci convincerebbero a rinunciare al glutine per vari mesi a venire e, dopo aver divorato il medaglione di rana pescatrice con panatura di olive pomodoro e cappero, atterriamo sazi e felici sul “prato fiorito”. Ovvero i dolci: Crema allo yogurt, terra al cacao, frutta e fiori.
Ogni portata è stata magistralmente abbinata ad altrettanti vini. Eppure, l’appagata sazietà non ci impedisce di apprezzare anche la piccola pasticceria, prima di visitare la cucina e chiedere al cuoco Alessio di raccontarci questa successione di bontà.
E qui abbiamo due rivelazioni: quando Alessio ci racconta che prima dell’Osteria Altran ha lavorato solo in un agriturismo e che usa alcuni ingredienti, come le ostriche, il caviale “solo perché piacciono a Guido”, siamo sbigottiti.
E poi, quando aggiunge che a lui piace una cucina “schietta”, non artefatta, in cui gli ingredienti siano riconoscibili, dobbiamo ammettere che sì, la descrizione si addice alla sua cucina. Tuttavia, per quanto uno nel piatto riconosca gli ingredienti, ad avviso di chi scrive, un simile livello di cucina può apparire lineare solo a chi non riconosce la strepitosa inventiva di Alessio, uno chef che pone Ruda in provincia di Marte.
Osteria Altran
Via Cortona, 19
33050 Ruda (Ud)
Tel: +39 0431 969402
https://osteria-altran.eatbu.com/?lang=it