Testo di Raffaella Prandi
Foto di Massimo Giorgi
Sorriso ironico, del tutto a suo agio nello smoking delle grandi occasioni, il Signor Giampietro Morelli – accompagnato dalla moglie Lucrecia, elegantissima – è visibilmente in comfort zone nelle occasioni mondane nonostante i suoi splendidi 93 anni. Ma la Festa per i dieci anni di Cook_inc. è qualcosa in più di un evento mondano. È anche la sua Festa. Ha infatti appena ricevuto l’omaggio della figlia Anna che lo considera il vero mentore e l’ispiratore del suo lavoro. “Tutto merito di mia figlia, io non c’entro”, si schernisce. E invece, se Cook_inc. è nato è anche perché tanti semi di una passione culinaria sono stati sparsi in tempi non sospetti da questo papà gourmet d’antan.
Giampietro è uno degli uomini che si può dire abbiano avuto in mano le sorti di Governi e Paesi. Economista con un Master alla Columbia University è passato dalla Banca d’Italia alla Banca Mondiale, la Banca che nel dopoguerra ha finanziato la ricostruzione in Europa e Giappone e che si è occupata dello sviluppo dei Paesi in difficoltà, dall’Africa all’Asia all’America Latina. Morelli ha quindi lavorato per la Banca Europea degli investimenti (Bei) fino a diventare Capo della divisione dei Movimenti di capitali agli Affari economici e finanziari della Cee e quindi Segretario generale della BRI, la Banca dei Regolamenti Internazionali. Insomma, un signore che ha maneggiato il debito e i fondi sovrani di tanti Paesi, muovendosi in tante missioni tra Africa Asia e America Latina. Ed è stato proprio nella sua prima missione a Lima (“ero lì per sollecitare il rientro dai prestiti e controllare quelli già concessi”) che ha incontrato la moglie Lucrecia che lavorava in un Dipartimento della stessa Banca Mondiale. Non si sono più lasciati (hanno recentemente festeggiato 64 anni di matrimonio) e insieme hanno girato mezzo mondo, con decine di traslochi tra Washington, Bruxelles, Adis Abeba, Basilea… con i tre figli al seguito.
Beh, se non siete una famiglia internazionale voi… Ma ci racconti come è nata la sua passione per la cucina che poi si è trasmessa ad Anna. Mamme nonne cuciniere?
Nulla di tutto questo. Nella mia famiglia cucinavano solo le domestiche che cambiavano continuamente. È un piacere solo mio che ho coltivato nel tempo frequentando tante cucine e tanti ristoranti di ogni tipo, dagli stellati alle bettole.
Affidandosi spesso, ci è parso di capire, alla mitica Rossa.
Beh, sa, ai miei tempi quella era la Bibbia, non c’erano molte altre opzioni. Ho iniziato a utilizzarla prima per la Francia poi per la Germania e l’Italia. Ho portato i miei ragazzi da Arzak quando ancora aveva una sola stella, all’Enoteca Pinchiorri, al Sorriso. E le confesserò una cosa…
Dica…
Ho capito sin da subito che non bisognava andare nei due o tre stelle. Erano già arrivati e questo si sentiva. Intendo dire che nei ristoranti con una stella si avvertiva la fame di arrivare, quell’energia pronta a esplodere. Insomma, una specie di misteriosa promessa che aleggiava nei piatti nonostante e proprio per via delle molte imperfezioni. E poi il rapporto qualità prezzo era ragionevole. I Tre Stelle purtroppo mi hanno spesso deluso. Ho comunque ricordi indelebili di tanti stellati francesi, in Borgogna, in Cote d’or, nella regione della Senna… però non mi chieda i nomi. In molti ci sono stato prima che si guadagnassero le Tre Stelle. Pescare i ristoranti in ascesa è sempre stato un mio pallino e non sono mai stato tradito. E poi ho scoperto la cucina basca e catalana, c’erano varie stelle disseminate qui e là e me ne sono innamorato. Ho portato Anna a elBulli nel ’94 quando ancora si poteva ordinare alla carta. Non amo i menu degustazione, preferisco sempre scegliere.
Lei ha visitato e vissuto in tanti Paesi, ha una cucina preferita?
Senz’altro la peruviana per il suo mix di tradizioni e culture che abbracciano tre continenti. A mio parere continua a essere una delle migliori cucine al mondo. Il limone peruviano che senti nel ceviche o nel Pisco sour non ha uguali. Ah, il Pisco, ho dovuto smettere, era la mia droga. Quando tornavo in Perù, e ci sono stato molte volte, a due cose non potevo rinunciare, il pesce alla brace (hanno anche un pesce di fiume straordinario) e le conchitas (le arselle) al forno con il burro. C’è una differenza enorme con il Cile, almeno ai miei tempi. Lì servivano del pesce immangiabile… I cileni erano come gli americani del Sud America e tutto quello che gli americani bevono e mangiano non mi piace.
E in Europa?
La sorprenderò. Trovo che la cucina svizzera sia sottovalutata. L’autentica Raclette svizzera con il vino Fendant e il rituale che la accompagna è per me memorabile. La Svizzera è un po’ come la sua moneta, nel tempo si è sempre apprezzata. È un Paese straordinariamente ben amministrato, l’unica cosa che agli svizzeri interessa è governare bene.
Ora però vive più spesso a Lucca che a Basilea… Quali ristoranti frequenta?
Amo molto il Butterfly e il Giglio, ma a Lucca adoro anche andare a Gino Bistrot, per una cucina casareccia fatta come si deve. Mia moglie e io usciamo spesso, cambiamo spesso, ma ogni volta mi dico che gli Spaghetti con le arselle di Gino Bistrot è un peccato perderseli così come i loro gamberetti rosa piccolissimi fritti, spettacolari.
Lei ha mai cucinato?
Mai cucinato in vita mia! La verità è che ho iniziato a cucinare durante il primo lockdown e lo faccio tuttora visto che mia moglie si è stancata di farlo. Le mie Farfalle al salmone sono veramente speciali. Ma la ricetta è segreta (ride).
Allora vedrò di farmela dare da Anna…