Testo di Cristina Ropa
Foto di Anne-Claire Héraud
ICONTENUTO EXTRA DI COOK_INC. 35
Com’è nata la tua azienda agricola?
Dopo una stagione di tre mesi in Corsica con Jérome Pierlovisi Cuttoli, un allevatore di maiali all’aperto, mi sono appassionato di questo mestiere e ho deciso di aprire la mia attività. Tra il 2014 e il 2019 ho lavorato con Nico e Geneviève – viticoltori naturali proprietari dell’azienda Domaine Bertin-Delatte a Rablay-sur-Layon, nel distretto di Anjou, nella Valle della Loira occidentale – che mi hanno prestato alcuni piccoli appezzamenti per poter iniziare a realizzare un mio allevamento di suini all’aria aperta. Il tutto è dunque nato nel 2014 con una sola scrofa e 2000 m2. I numeri sono gradualmente aumentati e sono arrivato ad avere 5 scrofe su 3 ettari grazie all’aiuto di Bruno Rochard dell’azienda Domaine de Mirebeau, sempre a Rablay sur Layon.
In questi cinque anni il mio allevamento non è stato per niente autonomo: ho dovuto acquistare cereali biologici per nutrire i maiali all’aperto e ho delegato il taglio e la lavorazione a un fornitore di servizi esterno. Poi nel 2019 ho rilevato una piccola azienda agricola di 34 ettari con una vecchia casa e un vecchio edificio. L’obiettivo era coltivare le colture necessarie per nutrire i miei animali e costruire un laboratorio di taglio nella fattoria. Oggi tutto questo è realtà!
Da quanto tempo lavori con il progetto Les Résistants a Parigi? E perché hai deciso di iniziare questa collaborazione?
Collaboro con loro da circa due anni perché hanno un approccio sostenibile e rivolto al futuro: i cuochi sono stati formati in macelleria e salumeria per valorizzare le carcasse intere e ridurre al minimo lo spreco. Io allevo maiali Longué – un’antica razza dell’Anjou – in modo estensivo, biologico e contadino proprio in linea con la loro mission. Di solito preferisco non lavorare con ristoranti il cui prezzo finale del piatto per il consumatore è alto, perché so che i miei animali vengono serviti principalmente a un’élite di persone. Ma Florent e il suo team fanno pagare prezzi abbastanza ragionevoli data la qualità di ciò che offrono, specialmente per Parigi. Questo è molto apprezzabile e davvero rivoluzionario.
Quali sono le caratteristiche della vostra filiera sostenibile e in cosa vi distinguete rispetto agli altri produttori?
Il nostro sistema è sostenibile perché ci prendiamo cura dei nostri animali dalla nascita fino alla consegna ai consumatori in totale autonomia dal 2019, come ti dicevo. I nostri maiali si nutrono dei cereali che coltiviamo in azienda e dei sottoprodotti delle fattorie vicine come siero, ortaggi e pane; vivono all’aria aperta e scorrazzano anno dopo anno per i nostri 34 ettari. Solo la macellazione è purtroppo delegata a uno stabilimento autorizzato. Dopo questa fase tornano in azienda dove li lavoriamo e li prepariamo nel nostro laboratorio di sezionamento. In futuro vorrei riuscire a macellare io stesso i miei animali.
Cosa cambieresti per rendere la tua filiera sempre più sostenibile?
Come ti accennavo, un progetto che mi sta molto a cuore è quello della macellazione dei miei animali in azienda. Non avvenendo per mano mia ho l’impressione di abbandonarli, di non rispettare il rapporto intrapreso con loro, mi sembra di tradirli. Vorrei che questa ultima fase avvenisse nel modo più naturale e breve possibile. O nel prato dove vivono o con l’aiuto di un matador. O in una gabbia che ho dietro il mio trattore e che i miei animali conoscono perché durante la loro vita la uso per spostarli più volte. Per me è importante non delegare più questo atto importante a degli estranei e in un posto non conosciuto dai miei animali. Voglio dare loro una morte dignitosa, degna di quello che sono.
Quali sono i tuoi sentimenti e i tuoi principi rispetto al rapporto con gli animali che allevi? Nelle tue parole si percepisce molto rispetto e amore nei loro confronti e mi chiedo, da vegetariana, come tu riesca poi a ucciderli pur avendo creato con loro un legame così forte.
Penso di avere più cose in comune con vegetariani e vegani che con carnivori a cui non interessano le condizioni di allevamento degli animali che mangiano. Personalmente mangio solo carne proveniente da allevamenti come il mio, altrimenti preferisco il vegetarianismo. Il rapporto che ho con i miei animali è un rapporto di lavoro e scambio. Lavoro per farli nascere e garantire loro una vita sana, bella e sufficientemente lunga (ingrassamento a 16-18 mesi). In cambio ci danno la loro vita per nutrirci. Ciò ha senso solo se i clienti sono consapevoli di questa relazione e ne sono coinvolti attraverso le loro abitudini di consumo. Dobbiamo mangiare meno carne ma più di qualità, questa è la realtà. Il discorso dell’uccisione è complesso. La razza Longué che allevo è stata abbandonata a favore di razze industriali negli anni 50. Alcuni allevatori si sono mobilitati negli anni 90 per salvare questa specie e oggi siamo una quindicina di produttori per un totale di circa 40 scrofe. Per preservare queste antiche razze che fanno parte del nostro patrimonio bisogna anche saper uccidere, non potremmo tenere tutti.
Secondo te, perché tante persone negli allevamenti intensivi trattano gli animali come oggetti senza averne cura, apprezzarli, rispettarli? Dov’è il seme di questo disprezzo?
Credo che un motivo sia riconducibile al fatto di aver espropriato gli esseri umani di ogni rapporto diretto con gli animali. La maggioranza non è più in contatto con loro. Li vede solo impacchettati al supermercato. Va anche detto che gli stessi animali da fattoria oggi non si vedono più. Se prendo l’esempio del villaggio in cui vivo – Saint Laurent du Mottay, che conta meno di 1000 abitanti – si allevano decine di migliaia di maiali, galline e conigli, ma gli unici maiali che le persone possono vedere con loro gli occhi sono i 60 maiali che girano per la mia fattoria. Un altro motivo deriva dalla politica agricola comune. Abbiamo abbassato enormemente il costo del cibo in modo che le persone possano comprare un sacco di schifezze. Risultato: un kg di maiale industriale vale 1,50€ che è lo stesso prezzo delle patate. Chi vorrebbe prendersi cura di cose così tanto sminuite?
Che consiglio daresti ai consumatori che non hanno ancora attuato scelte sostenibili nella loro alimentazione?
Semplicemente di alzare la testa e pensare ogni volta che acquistano un prodotto animale, alla vita che ha avuto l’animale. Come disse Coluche, attore e comico francese: “Basterebbe che la gente smettesse di comprare per non vendere!”