Testo di Greta Contardo
Foto cortesia di Worldcanic
Gli ecosistemi vulcanici sono fulcri di vita naturale, economica e identitaria. I vulcani non influenzano solo il territorio, ma anche le azioni degli esseri umani che lo vivono. “I vulcani sono distruttori, ma anche creatori”, afferma Diego Rizzo, fotografo e divulgatore guatemalteco. “I vulcani generano bellezza e anche senso di appartenenza”. Sono proprio queste ultime parole di Llorenç Planagumà – geologo, coordinatore scientifico della Volcano Active Fondation e del geoparco della Garrotxa – a trasmettere l’essenza della terza edizione di Worldcanic, il congresso internazionale di cucine ed ecosistemi vulcanici che si è tenuto dal 12 al 14 dicembre 2023 a Lanzarote.
Non un semplice evento, come sottolineano gli organizzatori, ma un momento di incontro unico per le comunità vulcaniche per evidenziare e accrescere il potenziale degli ecosistemi vulcanici come culle di resilienza. Un congresso fortemente multidisciplinare (e internazionale) per vocazione, come sottolineato da Benjamín Lana, direttore generale di Vocento Gastronomía, che riunisce professionisti di varie discipline legate all’ambiente vulcanico per affrontare temi come la sostenibilità, la cultura, la storia, la geologia e, naturalmente, la cucina e l’agricoltura. Le comunità vulcaniche si riconoscono l’una nell’altra, afferma Lana, e il loro senso di appartenenza a una stessa comunità sta crescendo. Lo stesso ha affermato che: “i territori vulcanici sono sempre più uniti e questo permette loro di aprirsi maggiormente al mondo”. E così ha dimostrato, anche quest’anno, Wordlcanic.
Lanzarote è un’isola più che speciale, decisamente unica. Molto simile a Marte per estetica e composizione del suolo a tal punto che per le prove generali dell’atterraggio della sonda Perseverance su Marte, la Nasa e l’Agenzia Spaziale Europea hanno scelto il terreno vulcanico del Parco Nazionale di Timanfaya, sull’isola di Lanzarote. Natura e arte vanno di pari passo in un luogo dove la sua gente sente e vive l’impegno e l’orgoglio di appartenervi.
Lanzarote è un’isola la cui essenza lascia il segno. Lo stile di vita si è adattato alle condizioni vulcaniche del terreno e ha sfruttato le possibilità che i campi di cenere offrono all’agricoltura. I vigneti emergono da grandi crateri nella terra e danno forma a un caratteristico paesaggio lunare che, insieme ai vulcani e al mare, testimonia il profondo impegno dell’isola nei confronti di rigorosi codici di sviluppo ambientale. Per tutti questi motivi Lanzarote continua a essere l’epicentro di Worldcanic. E in ogni edizione l’isola ben si presta per essere esplorata per discutere del valore dei territori vulcanici come ambienti unici per prodotti puri, di alta qualità.
Il suggestivissimo Jameos del Agua, la grotta vulcanica arricchita dalla mano artistica di Cesar Manrique ha ospitato la prima giornata del congresso. Si tratta di un anfiteatro-caverna di rara bellezza con un lago naturale – dove vive un granchio albino unico al mondo – un giardino di palme con un lago artificiale, un museo interattivo dedicato ai vulcani e un auditorium insonorizzato naturalmente. Qui i prodotti dell’ecosistema di Lanzarote sono stati protagonisti attraverso la personale visione di quattro noti chef della penisola iberica.
Paco Pérez (Miramar**, Llança, Girona) si è focalizzato sulla dispensa marina dell’isola. Ha affermato “a Lanzarote esiste un ambiente marino invidiabile che – credo – sia sotto-sfruttato. È importante scommettere sull’eccellenza del prodotto, sostenere i produttori e mantenere il talento sull’isola”. Paco Perez ha trasposto il suo lavoro di ricerca e avanguardia gastronomica dal “suo” Mar d’Amunt all’Isola di Lanzarote.
Ricard Camarena (Ricard Camarena Restaurant**, Valencia) – che si era già recata sull’isola per conoscere l’unicità dei prodotti offerti dal terreno vulcanico – ha dichiarato di essersi imbattuto in prodotti insoliti che non raggiungono i negozi e che offrono sfumature di un altro pianeta, come il fiore pitaya e le piante alofile. A La Santa però si è innamorato dei gamberi e del carabineros, una vera e propria riscoperta per lui.
Se c’è qualcuno che conosce a fondo i territori vulcanici legati alla gastronomia, questa è Fina Puigdevall (Les Cols** Olot, Girona, Spagna). Con la figlia Martina Puigvert, condivide una visione gastronomica vegetale, in armonia con il paesaggio con l’obiettivo di valorizzare i prodotti della terra più vulcanica della Penisola Iberica: La Garrotxa. In contrappunto al mare, Fina e Martina hanno offerto una presentazione incentrata sulla terra, in sintonia con il loro pensiero e hanno mostrato dal vivo alcuni dei loro dolci reinterpretati utilizzando per l’occasione i frutti delle Canarie come la banana, la papaya o l’esotica pitaya.
Nelle viscere della terra, in quel tunnel vulcanico che è La Cueva de los Verdes, si è svolta infine la tavola rotonda – con Olaya García, geologa del geoparco di El Hierro, Cristóbal Oliveros presidente dell’Associazione di pescatori di La Santa, e Rainero Brandon, capo del Servizio Ambientale di Lanzarote – per discutere della figura dei Geoparchi, un marchio internazionale che non solo protegge ma promuove anche i territori di Lanzarote ed El Hierro.
La Sicilia era il territorio ospite della terza edizione ed è stato Boris Behncke, vulcanologo, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, a portare tutti in Sicilia con una presentazione dei due vulcani iconici: lo Stromboli e l’Etna. Rispettivamente l’Uomo e la Donna per i siciliani, per alcuni fratelli per altri amanti, di diversa natura che offrono diversi spettacoli. L’Etna è da sempre la passione di Boris, come dichiara e come si legge nei suoi occhi durante l’intenso racconto delle attività del vulcano e del costante monitoraggio a cui è sottoposto. Per il suo lungo e costante lavoro proprio al vulcanologo è stato assegnato il Premio Worldcanic 2023.
Per la seconda giornata la scenografia sono state le Salinas del Janubio, una distesa di bianco argentato contornata dal blu dell’Oceano Atlantico: centinaia di metri di saline in una laguna di origine vulcanica. Evaporando, l’acqua del mare lascia una grande quantità di sale e nei decenni scorsi questa è stata una importante fonte di reddito per l’isola. Dalle Salinas del Janubuo, inoltre, si ammira il miglior tramonto dell’Isola. L’importanza del sale e della qualità del sale è stato un elemento ricorrente nelle presentazioni della giornata, incentrata sul prodotto.
Parola d’ordine equilibrio: il DNA dell’isola raccontato da Germán Blanco (capo chef del ristorante Brisa Marina di Juan el Majorero) e Paco Medina (executive chef del ristorante Alarz, Arrecife Gran Hotel & Spa, Arrecife) è fatto di sincerità e rispetto dei prodotti e dei clienti, per non perdere l’essenza di un luogo tanto caratteristico quanto turistico.
Dalla Galizia, è Iván Domínguez (ristorante NaDo, A Coruña) a marcare l’attenzione sul sale – il sale era il miglior alleato dei marinai galiziani – e in particolare sulla salamoia applicata alla sua cucina atlantica “imparentata” con la cucina di Lanzarote “anche se bisogna cominciare a dargli un cognome, poiché ci sono fattori come il paesaggio, la cultura o la storia che generano differenze”, ha affermato Ivan.
L’attenzione si è poi spostata sulla griglia con l’approccio morbido di Isaac Loya (El Balneario de Salinas*, Salinas, Asturie) alla vieja atlantica e della cernia, specie molto presenti su una costa che nasconde nei suoi fondali un gran numero di vulcani sottomarini. E con i fratelli portoghesi Óscar e António Geadas (ristorante G Pousada*, Bragaça) tra mare e montagna – tipico della gastronomia portoghese – con protagonista il maiale nero di Lanzarote che dichiarano che “il futuro è nelle economie locali”.
Sempre parlando di prodotti, Roberto Ruiz (Hika Gastronomic, Villabona, Gipuzkoa) e Félix Belaunzaran (Iriarte Jatetxea, Berrobi, Gipuzkoa) hanno condiviso il palco con Toño Morales (proprietario dell’Ecofinca Vegacosta, Tinajo, Lanzarote) per parlare valorizzare di alcuni ingredienti spesso dimenticati nella ristorazione: i legumi.
E Diego Rizzo, fotografo e divulgatore guatemalteco il cui lavoro è stato pubblicato sul National Geographic e sull’Astronomy Picture Of The Day (APOD) della NASA, ha raccontato le bellezze del Guatemala attraverso i vulcani e le meraviglie che ne derivano: la lava crea nuovi suoli e le ceneri rendono altre terre più fertili, offrendo un ambiente ottimale per alcune colture come il caffè.
Nell’ultima giornata è La Geria, la valle del vino nel cuore dell’Isola, a fare da sfondo con uno dei paesaggi agricoli più caratteristici e unici, con il suolo nero in cui spiccano i piccoli crateri con le vigne verdi. Nel cortile della Bodega Stratvs, la Sicilia si è mostrata in tutta la sua ricchezza e biodiversità attraverso i racconti di Accursio Craparo (Accursio*, Modica), Viviana Varese (Viva*, Milano; WVilladorata Country, Noto).
Il viaggio in Sicilia con Accursio è stato tra fuoco e acqua, mito e memoria, come i suoi due vulcani del cuore: quello sottomarino, “l’isola che non c’è”, il mito dell’isola di Ferdinandea evocato dall’Arancino che si chiude a riccio; e “la mamma”, l’Etna, rappresentata dal Carciofo alla cenere, un assoluto di un ingrediente di stagione con la ritualità della brace, che fa parte del codice genetico siciliano come ne fa parte la cenere del vulcano. Accursio ha concluso il suo intervento con l’augurio di continuare a contaminare il nostro continente perché la Sicilia è fatta di tutti i passaggi che l’hanno interessata.
L’Etna è stata la protagonista anche del racconto di Viviana Varese (accompagnata da Matteo Carnaghi, executive chef) che ha instaurato un rapporto sinergico con l’isola occupandosi della gestione del ristorante WVilladorata Country a Noto, a un’ora dall’Etna, in un luogo dove la natura ha così tanto da offrire, una terra fertilissima.
Viviana si è focalizzata in particolare sugli agrumi siciliani, “l’oro dell’Etna”, che rappresentano il 60% della produzione italiana, presentando tre piatti emblematici della sua cucina che fa tesoro delle caratteristiche e dell’unicità degli agrumi dell’isola emblema del Mediterraneo italiano.
Sempre di Sicilia, ma sotto tutt’altro profilo, si è parlato con Alessandro Limongelli, sommelier del ristorante Viva* a Milano, con un tour enologico dei territori vitivinicoli alle pendici dell’Etna, parlando di vitigni autoctoni, di escursione termica, dell’importanza del vento, con un piccolo assaggio di tre realtà rappresentative del terroir.
Ad allargare l’orizzonte e a guidare una vera e propria lezione sui vini vulcanici a partire dalla composizione dei suoli è stato Fernando Mora, Master of Wine spagnolo ed enologo di Bodegas Frontonio (Saragozza). “Non esistono due vini uguali e questo vale anche per i cosiddetti vini vulcanici – ha spiegato Ferdinando – sono molti i fattori che determineranno come sarà un vino, non solo il terreno (che pur essendo di origine vulcanica può essere molto diverso a seconda di dove si trova) ma anche fattori agricoli, culturali e umani”.
Con una dimostrazione strabiliante con cinque vini vulcanici di una diversità disarmante – Dr. Mayer 2022, Timo Mayer, Yarra Valley (Australia), Táganan Tinto 2021, Envínate, Tenerife (Spagna), Willamette Valley Chardonnay 2020, Morgen Long, Oregon (USA), Fiano di Avellino 2021, Guido Marsella, Campania (Italia) e Juan Bello 2022, Puro Rofe, Lanzarote (Spagna) – Ferdinando ha concluso con una verità inderogabile che ha lasciato tutti con un sorriso e una grande consapevolezza: “il mondo è di per sé un grande territorio vulcanico”.
L’area scientifica di Worldcanic ha avuto anche i contributi significativi di Patrice Huet, direttore scientifico della Cité du Volcan (Isola della Riunione), Llorenç Planagumà, uno dei maggiori esperti nella conservazione della geodiversità in particolare negli ambienti vulcanici e Enku Mulugeta Abraham, geologo, vulcanologo e operatore turistico etiope.
I mondi vulcanici sono singolari, fortemente accumunati dall’unicità della loro gente che si è adattata per riuscire ad assecondare le esigenze di una natura tanto selvaggia e difficile quanto fertile, coltivando in luoghi impossibili, producendo verdure e vini peculiari, eccentrici, fuori dal coro, diversi da tutti gli altri e diversi tra loro, con quel punto salino che non si sa del tutto se provenga dal suolo o dal mare, con quel pizzico di magia e mistero che solo il fascino misterioso dei vulcani trasmette.
Worldcanic è il punto di intersezione tra il passato e il presente degli ecosistemi vulcanici, per costruire un futuro che sappia guardare alla Storia per reinterpretare il presente con uno sguardo sempre nuovo e sempre più attento in grado di garantire un florido futuro. È il punto di condivisione di energie tra chi quei territori li vive, vuole raccontarli e vuole scambiarli con viaggi di andata e ritorno attorno a una tavola, che creano nuove consapevolezze.
Tutte le info: www.worldcanic.com