Testo di Fabio Pracchia
La Stoppa è uno dei punti di riferimento della geografia del vino artigianale. Il ruolo dell’azienda di Elena Pantaleoni – da circa trenta anni alla guida di questa realtà – è stato fondamentale per affermare la priorità dell’approccio ecologico alla viticoltura sia in virtù del tempismo di una scelta operata in forte anticipo sulla moda contemporanea dei vini naturali, sia per il coraggio di proporre sul mercato vini privi da ogni condizionamento enologico e, più significativamente, orgogliosi di rappresentare il proprio luogo di origine: la val Trebbiola, sulle colline piacentine.
L’ingresso in scena delle bottiglie di Elena e di Giulio Armani, più o meno una ventina di anni fa, destabilizzò non poco il compassato mondo del vino soprattutto per l’originalità del tratto gustativo che apparve, e per certi versi appare ancora oggi, inafferrabile e insofferente a modelli omologati di degustazione. La scelta di puntare su vitigni locali e su lunghi affinamenti in cantina affidati allo scorrere del tempo senza interventismi hanno originato espressioni liquide cangianti e sensibili che richiedono palati attenti, preparati e aperti alle differenze espresse dalla materia liquida.
L’occasione di apprezzare tali diversità si è palesata qualche giorno fa in cantina a La Stoppa con una verticale di Ageno organizzata da Elena per condividere con tanti appassionati e alcuni addetti ai lavori, la relazione tra questo bianco – ottenuto per la maggior parte da malvasia di candia aromatica e, per la restante parte, da ortrugo e trebbiano – con il tempo. “L’Ageno è un bianco iconico – esordisce Matteo Gallello, degustatore e narratore tra i più sensibili della nuova generazione di critici in Italia – un vino che ha inciso in modo decisivo sulla comprensione delle potenzialità dei bianchi macerati italiani soprattutto di quelli ottenuti da vitigni tradizionali del nostro paese. Per questi vini così complessi il tempo, sia quello oggettivo ossia storico sia quello soggettivo ovvero il nostro, condizionato da emozioni e consapevolezze, è un fattore determinante del loro apprezzamento; il senso di una degustazione verticale risiede proprio nell’intercettare le coincidenze diacroniche tra noi e il vino”.
La macerazione nei vini bianchi è una pratica antica di vinificazione che consiste nel contatto, per un tempo variabile, tra bucce e mosto d’uva in modo da estrarre le componenti aromatiche e tattili presenti nell’acino. L’enologia di stampo industriale ha bandito tali vini soprattutto per l’esigenza di standardizzare la produzione di qualità ed evitare, così, la complessità di vinificazioni nelle quali la buccia rappresenta una variabile non protocollabile. Ne consegue che il recupero della macerazione esiga almeno due requisiti fondamentali nel viticultore: l’attenzione verso il benessere vegetale e l’assidua partecipazione all’evoluzione del vino in cantina.
L’Ageno nasce da queste prerogative e poggia su un vitigno, la malvasia di candia aromatica, capace di esprimere attraverso il corredo aromatico originario un affascinante ventaglio di profumi che dialogano con l’ossidazione dovuta al tipo di vinificazione svolta e all’evoluzione in bottiglia. I profumi sono uno dei tasselli fondamentali della bellezza espressiva di questo vino; l’altro elemento cardine dell’esperienza è dovuta alla presenza del tannino estratto dalla buccia. La qualità fenolica, derivante dalla macerazione, costituisce un’amplificazione della dimensione gustativa in grado di prolungare il piacere del sapore e sostenere le note di acidità volatile – altro timbro aziendale – e donare complessità al sorso che risulta al contempo denso e dinamico.
Le annate in degustazione
La prima annata di Ageno è la 2002. L’idea di valorizzare un vitigno locale come la malvasia di candia aromatica è stata una ferma decisione di Elena che dal suo ingresso in azienda ha avviato un recupero, attivo ancora oggi, di varietà tradizionali del luogo, nell’ottica di intrecciare la storia aziendale con quella del territorio. Le annate in degustazione sono state 8 selezionate da Elena e Giulio. Ecco la descrizione dell’incontro gustativo con ogni singola annata partendo dalla più giovane.
2019
Intensità aromatica di rosa e balsamicità. Il tratto gustativo è ancora compatto con tannino vivo e ruspante e progressione viscosa; molto lungo il finale con sensazioni sapide.
2018
Inizia su un’eco acuta di acidità volatile che a fine sorso risulta leggermente caustica; il tannino è ben integrato e le sensazioni profumate ricordano frutta secca e resina di pino. La materia è molto densa e ancora sapida.
2017
Affascina la densità della materia portata innanzi da un intreccio di acidità volatile e tannino in grado di rendere l’esperienza gustativa complessa, piacevole e inaspettata. Vino che trabocca energia.
2015
Intensità aromatica di radice e liquore chinato. L’armonia qui è parziale, la volatile spinge oltre la materia che chiude su un tannino scoperto e amaricante.
2010
Il bicchiere esprime finezza straordinaria grazie a un succo dinamico intrecciato alla grana piacevole dell’estrazione tannica; le sensazioni sono di frutta candita e note balsamiche che non lasciano il palato per innumerevoli minuti.
2009
Cupo su note scure di radice che offuscano i dettagli aromatici. Appare monolitico anche al gusto e fatica ad aprirsi con un tannino ancora serrato e ingombrante. Forse il dialogo con il tempo deve ancora compiersi in questa bottiglia.
2006
Il piacere di bere fluisce in questo liquido ampio e viscoso che racchiude sensazioni saporite e balsamiche con un tannino in grado di fissare a lungo la bontà della materia.
2005
Vino splendido per densità e lunghezza; la materia ha spessore e il percorso gustativo deposita sul palato sensazioni aromatiche stupende per complessità e pulizia. Il finale è sapido e tannico con richiami aromatici fini e speziati.
“Nella nostra viticoltura è preferibile parlare di armonia e non di equilibrio”. A bicchieri vuoti Giulio Armani commenta in questo modo la degustazione. In effetti, l’Ageno esprime un’incredibile anima composita in cui elementi costituenti, quali acidità volatile, tannino e densità si confondono donando un’esperienza gustativa fuori dal comune. Tali elementi se pensati in un contesto enologico classico potrebbero risultare incomprensibili o addirittura rifiutati; in questo vino invece regalano sensazioni vive e vibranti in grado di condurre il piacere di bere verso una diversa consapevolezza: innata perché appartenente al piacere alimentare che tutti noi possediamo se pure in modo soggettivo e nuova perché scevra di quelle rigide sovrastrutture di degustazione poco attente alla naturalezza espressiva del vino per un’esperienza del bere che non si deve imparare ma solo vivere.
La Stoppa
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